14/05/1982 - Adunanza SG Bosco Storia della Chiesa La lotta iconoclasta

Sant’Ilario d’Enza 14/05/1982
Adunanza

…la persecuzione è contro le immagini: è il cosiddetto iconoclasmo, i cui fautori vengono detto iconoclasti. Sono contro le icone. L’imperatore d’Oriente, uno dei soliti strani imperatori di Bisanzio, Leone III Isaurico, diventato imperatore nel 717, un bel giorno pubblica un decreto: distruggere tutte le immagini. Le immagini sacre non solo erano sempre state usate, ma erano anche sempre state venerate: man mano che i secoli s’avanzano era nato proprio un culto dell’immagine, forse in certi posti anche esagerato, degradato. C’erano le immagini anche che dicevano non fatte da mano d’uomo. Fatto sta, che Leone III Isaurico prescrive che tutte le immagini e nelle chiese e fuori di chiesa vengano raspate via: per tutto l’Impero si ruppero le statue, si distrussero le icone, si grattarono affreschi, tutto uno scempio. Il grave della questione era soprattutto il fatto che quest’ordine partiva dall’autorità politica, da uno che si chiamava imperatore e sacerdote e che aveva dunque la pretesa di legiferare anche in campo strettamente ecclesiale e strettamente religioso. C’è qualche vescovo, anche in Oriente, che resiste, ma sono pochi. Gli occidentali, con a capo il Papa invece notano subito l’abuso e si coalizzano a disobbedire: diventa un’autentica persecuzione. Quelli che non ubbidiscono vengono imprigionati, tutte le statue o le immagini che vengono trovate sono cause di processi, cose incredibili, incredibili, nella nostra mentalità proprio incredibili. E anche quando muore Leone III il successore, Costantino V, che passerà alla storia con un brutto soprannome, Copronimo (cioè tradotto in Italiano vorrebbe dire sporcaccione, da copros, cioè sterco), perché quando fu battezzato sporcò l’acqua del Battesimo: da allora il nome gli è restato sempre. Questo fu più violento del predecessore e la persecuzione divenne proprio violenta, soprattutto contro la categoria che sia in Oriente che in Occidente più avversava i decreti imperiali: i monaci. I monaci erano vicini al popolo, ne esprimevano i sentimenti, così figurarono meglio che i vescovi. E resistettero e ci furono moti martiri, perché in certe province cavavano gli occhi così che non potessero più vedere le immagini, oppure spalmavano la barba di pece e vi davano fuoco, se trovavano l’autore di qualche dipinto gli tagliavano le mani, ecc. I Oriente ci fu un uomo molto quotato, Giovanni di Damasco, S. Giovanni Damasceno, che scrisse dei libri in difesa dell’ortodossia. Ebbe amputata la mano destra. Dicevano in sostanza questo: venerare un’immagine era idolatria, s’appellavano all’Antico Testamento che proibiva ogni raffigurazione. Qualche abuso ci sarà stato, ma, come spiegava bene il Papa in una grave ammonizione all’imperatore, nelle immagini noi non pretendiamo di riprodurre la santità di chi è raffigurato, ma sono un nostro modo di ricordarci. L’immagine ci fa venire in mente Dio, gli angeli, i santi: è motivo perciò di una venerazione relativa, ci si riferisce non alla cosa. In un ritratto se lo si bacia non lo si fa perché si stima degno d’affetto il materiale col quale il ritratto è fatto, ma si esprime l’affetto verso la persona raffigurata. Quindi la Chiesa ha sempre difeso il culto delle immagini come un culto relativo legittimo, giusto. Le chiese moderne, modernissime, sono senza immagini, o hanno delle immagini molto strane, distorte. Certo, forse rappresentano il nostro gusto moderno, però l’immagine serve sempre e noi stessi lo sperimentiamo quando siamo davanti a un crocefisso o davanti a un’immagine della Madonna: il culto è relativo, però è utile, serve. Morto Costantino il suo successore, Leone IV, continuò ancora, finché finalmente al Papa riuscì di riunire un Concilio ecumenico: il Concilio ecumenico Niceno II, nel 787, che sanzionerà la dottrina ufficiale della Chiesa, ne porrà in luce la convenienza, ne dirà i motivi, ne sottolineerà la validità. Era il 787: ci volle quasi un secolo e poi il Concilio non spense la fiamma del tutto, ci vorrà ancora parecchio tempo. Il grave quindi è l’intrusione politica nelle cose di Chiesa, il grave è sempre stata la voglia del potere temporale d’entrare nelle cose ecclesiastiche. La Chiesa deve poter godere la sua libertà ed essere guidata dai suoi capi. Era tanto logico il discorso, un discorso di sano equilibrio che noi ci stupiamo di questo imperversare, di questa polemica, di queste torture, di queste miserie, di queste condanne per quasi un secolo. E’ proprio vero che l’uomo è perpetuamente inquieto. In un momento nel quale l’Impero, in quello che restava dell’Impero Romano, avrebbe dovuto raccogliersi perché da tutte le parti irrompevano popoli pagani o contrari (come i popoli islamici), no, non si riuniva, ma si divideva, si spaccava per delle cose assolutamente inconsistenti. In fondo è proprio questione “dell’animus”, cioè di quello che coltiviamo verso il prossimo: se coltiviamo amore troviamo la maniera sempre di lasciar perdere, di passare sopra, di capire anche le ragioni dell’altro, ma se invece guardiamo al prossimo come a un’antagonista, come a qualcuno che bisogna in qualche maniera umiliare o tirare dalla tua, allora tutti i pretesti sono buoni, allora vale soprattutto il pretesto di essere nella verità quando l’altro sicuramente è nella bugia. In un momento che tutto il popolo sentiva vivo il problema religioso, allora serviva la religione per dividersi, per opprimere, per aver ragione, per portarsi in una posizione assurda e per rompere le cose più sante e più belle. Perché allora i pretesti non mancano: quando i monaci veneravano le immagini, pigliavano le immagini e le spaccavano in testa ai monaci e c’erano delle immagini anche robuste. Ma perché venivano condannati? Perché erano testardi e i testardi bisogna vincerli, i testardi hanno torto e non si guarda se hanno almeno un po’ di ragione: nel caso specifico avevano poi tutta la ragione. In generale, lo sappiamo bene, quando lasciamo penetrare quel virus, quel veleno sottile del nostro amor proprio, del nostro egoismo, allora gli altri hanno sempre torto, allora si discute non per cercare la verità, ma si discute per averla vinta su quell’altro. Il santo curato d’Ars non accettava le discussioni, non le accettava da quei tipi lì, non le accettava: quindi quando andava da lui uno che aveva voglia di discutere per far vedere che era intelligente, che capiva, che sapeva, il santo curato non accettava e diceva: “inginocchiati e confessati”. Penso che dobbiamo essere tanto onesti e tanto sinceri da capire quando discutiamo per arrivare alla verità e quando discutiamo per metterci in mostra, per farci vedere che abbiamo ragione, per far credere agli altri che abbiamo ragione, per esaltarci. E penso che su questo argomento sarebbe molto giusta una riflessione anche tra di noi, perché se manchiamo di carità vuol dire che manchiamo di umiltà, se manchiamo d’umiltà vuol dire che manchiamo del senso delle proporzioni, manchiamo di un elemento fondamentale che è l’amore alle cose vere, non l’amore alle nostre cose intese come vere. E’ un po’ che non abbiamo discusso sulla carità che c’è in questo gruppo, ma potremmo prendere motivo, perché tra di noi degli iconoclasti non ce ne sono, ma forse dobbiamo progredire nella carità progredendo nella verità.

Mentre in Oriente avviene questa lotta contro le immagini, in Occidente si svolgono dei fatti molto importanti. Un po’ alla volta questa lotta produce un distacco ancora più grande tra il Papa e l’imperatore. L’imperatore con sempre maggiore fatica interviene nei territori che sono ancora sotto la sua giurisdizione: il resto è caduto in mano ai barbari. Pressappoco resta l’Italia centrale: l’esarcato, Ravenna, quella che poi si chiamerà Umbria, parte della Toscana. E, come abbiamo già visto, questa assenza dell’autorità civile e militare fa sì che i popoli si volgono prevalentemente al Papa come l’autorità morale che li può difendere dai barbari. Mentre in Spagna, in Gallia, ci sono stirpe di barbari che si amalgamano quasi spontaneamente alla popolazione assoggettata, in Italia non avviene così: la razza dei Longobardi è una razza ostica, dura. Il tentativo di cristianizzarli riesce malamente. Sicché l’imperatore diventa sempre più assente, i barbari sempre più prepotenti: in fondo sono loro che preparano il dominio temporale del Papa. Il Papa, in realtà, è l’unica autorità che possa fare qualche cosa. Allora assistiamo per un lungo periodo di tempo, particolarmente sotto i pontefici Gregorio II, Gregorio III, Zaccaria, Papa Stefano, assistiamo a una periodica invasione del Lazio e anche, in certi momenti di Roma. Bisanzio non interviene e il Papa non sa come difendersi dalla voracità dei longobardi. E allora ecco i suoi interventi: le ottime relazioni con i franchi, che avevano occupato la Gallia, danno l’opportunità di chiamarli in aiuto. I franchi avevano dei re, la cosiddetta stirpe Merovingia che a lungo andare sfornava dei re sempre più imbelli e incapaci; c’era invece il maggiordomo che faceva tutto (noi diremmo il fattore). La fortuna del maggiordomo crebbe sempre di più, Carlo Martello, finché, a un certo momento, tutto il potere era concentrato nel maggiordomo e il re, sì e no, prestava il sigillo. Finché con Pipino il Breve formalmente la casa Merovingia fu liquidata e comincia la casa d’Heristal: i Carolingi. Pipino il Breve aveva due figli: Carlomanno e Carlo, quello che poi chiameranno Magno. Il primo ad intervenire nei fatti d’Italia è Pipino con Astolfo, re dei longobardi, che assediava Roma e disturbava continuamente il Papa. Due volte, tre volte interviene: Astolfo, sconfitto, giura sempre e non mantiene mai. Era una cosa abbastanza comune tra quei re giurare e non mantenere. La scena decisiva è con Carlo, che diventato re interviene contro Desiderio, re dei longobardi, del quale aveva ripudiata la figlia Ermengarda, dopo un anno che l’aveva sposata. Desiderio è assediato in Pavia e si dà prigioniero. E allora con un sistema che era abbastanza comune lo fa diventare monaco: lo rifila a un monastero, lo tosa bene a modo, ecc. Desiderio va nel monastero. Carlo si proclama re dei franchi e dei Longobardi, cedendo al Papa il governo dei territori che erano già sotto il dominio dei greci e comincia lo stato della Chiesa. Lo stato della Chiesa poi finirà con la breccia di Porta Pia: quindi un dominio temporale che durerà pressappoco più di mille anni. E’ stato un bene? Indubbiamente è stato anche un bene, ma come tutte le cose umane un bene porta con se’ anche degli inconvenienti. Lungo i secoli ha permesso al Papa di essere indipendente dal potere civile, quel potere che tende sempre a fare dei vescovi dei cappellani di corte. E indubbiamente essendo il Papa un sovrano ha comportato anche delle cose dure e difficili: il Papa sovrano temporale ha problemi economici, politici, le guerre e la pace, ecc. Il Papa è venuto ad avere una gravissima e pesante ipoteca. Indubbiamente anche la soluzione che si è fatta col Concordato si è ridotto lo stato al minimo, ma il Papa è ancora un sovrano civile, perché ha il suo stato, lo stato della città del Vaticano. Leggevo l’altro giorno che i dipendenti vaticani hanno fatto sciopero, hanno fatto dimostrazioni, ordinate e composte ma le hanno fatte: hanno riaffermato la loro fiducia nel Papa, ma si vede che ne hanno meno verso gli altri amministratori. Il Cardinale Marcincus, che è il grande amministratore, dice che per fare come chiedono i dipendenti ci sarebbe da mettere ulteriormente in pericolo le finanze dello stato. Sono evidentemente dei campi in cui sarebbe bene che il Papa non entrasse: d’altra parte sarebbe molto male che non avesse la sua indipendenza. In fondo chi ha sanzionato la cosa è stato Carlo Magno. Dante Alighieri dà credito nella sua Divina Commedia alla “donazio Costantini” e dice che il dono di Costantino è stato la madre di tante sciagure, ma Costantino non aveva fatto uno stato ma delle donazioni. Chi ha sanzionato legalmente è stato Carlo Magno. Carlo Magno che sarà proclamato poi dal Papa, nel Natale dell’800, sacro romano imperatore: uno della stirpe dei barbari che si veste dell’aclamide del patrizio romano ed è proclamato imperatore. Rinasce l’Impero ma rinasce cristiano (Sacro Romano). Anche questo Sacro Romano impero durerà un millennio. E’ bene? E’ male? Indubbiamente è stato un segno di unità e il sogno era bello: tutti i popoli nuovi, cristiani, che uscivano da questa gestazione tra tutte le immani rovine che c’erano state, questi nuovi popoli si univano, si sentivano una cosa sola nel nome della fede. L’ideale com’era concepito era molto bello, ma poi gli uomini cercano e riescono sempre ad inquinarlo. D’ora innanzi si susseguono dei Papi che hanno un peso molto grande sulle loro spalle: prima di tutto un peso grande nel governo interno, perché fin dai primi tempi ci sono i laici che cominciano a battagliare e dicono: “quando il papa faceva solo il Papa era giusto che fosse eletto solo dai vescovi e dal clero, ma adesso il Papa è diventato anche re e allora abbiamo diritto di dire anche noi la nostra.” Fecero anche rivoluzioni, tennero agitato molto lo stato per vario tempo, ma non la spuntarono perché il clero difese con energia questa prassi antica di eleggere il Papa, perché prima di tutto era Papa e solo in quanto Papa era anche sovrano. Ma tutte le infiltrazioni ve le potete immaginare: infiltrazioni di una politica che non badava certo a mezzi termini, che non si limitava ai mezzi termini ma che si radicalizzava sempre di più. Perché la politica porta potere ed è fonte di guadagno per chi ha le mani in pasta. Indubbiamente, vedremo lungo i secoli tutte le cose che faranno rimpiangere un papato assolutamente distaccato da ogni cosa terrena. Indubbiamente, Carlo Magno fu un uomo uscito dalla barbarie che riuscì molto intelligentemente a tenere un posto che richiedeva equilibrio, saggezza, fede, che richiedeva molte qualità. E Carlo Magno si fa una cultura, cerca di dare un indirizzo anche alla cultura: passava delle giornate, delle settimane insieme con gli studiosi nei monasteri. Certo, qualcuno, addirittura è stato chiamato santo, ma era sempre un barbaro convertito e le stragi che ha fatto non si contano, la sua vita coniugale è stata molto scabrosa. Indubbiamente però come statista, come politico, anche come guerriero, ha avuto notevoli qualità. E finché visse lui i rapporti con la Chiesa, col Papa furono ottimi e avviò anche la riforma (…) I franchi e gli altri barbari erano convertiti, cioè avevano accettato il cristianesimo, ma non è che i costumi fossero molto esemplari. E anche tra il clero, tra i vescovi c’era di che lamentarsi, ma molto, ma molto. La fede è una cosa bella, dicono in molti, ma tradurla è faticoso. Accettavano questa superiorità della fede cristiana, ma avevano bisogno di essere domati da uomini sanguinari, violenti, con tutta una tradizione di violenza passionale e vendicativa. Se dovessimo descrivere come erano certe comunità cristiani ci sarebbe di che inorridire. Eppure, un po’ alla volta, questo Medioevo si migliorerà sempre di più fino a dare dei frutti bellissimi, però con un travaglio di secoli. Siamo arrivati all’ottavo secolo e per arrivare a S. Francesco d’Assisi dovranno passare quattro secoli ed è un lasso molto lungo di tempo. S. Francesco morirà nel 1226. Il travaglio della Chiesa è stato enorme perché si trattava di fondere dei popoli distanti, dei popoli che erano stati soggiogati erano nella condizione di servi, senza nessun diritto: fondere questi popoli, trasformarli, dare loro la legge evangelica, i costumi evangelici sappiamo com’è difficile. Lo sappiamo anche noi oggi dove avviene il fenomeno al contrario. I pagani, i cultori degli idoli, furono chiamati così perché mentre le città erano convertite i “pagi”, i paesi, le ville, restarono pagani. Adesso i pagani dappertutto tornano fuori. Noi andiamo verso una forma odiosa e brutale d’idolatria: adesso si adorano le cose, si adorano gli uomini, si adorano i mezzi della tecnica: non si riconosce più il dominio di Dio. Larga parte del nostro popolo ha solo un’inverniciatura molto leggera di cristianesimo, molto leggera. Sostanzialmente vivono come vivevano i loro antenati prima di convertirsi al cristianesimo: spetta a noi una nuova forza di evangelizzazione. Lo diceva anche il vescovo l’altra domenica sottolineando l’importanza del catechismo.

CODICE 82EDA103
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 14/05/1982
OCCASIONE Adunanza
DESTINATARIO Gruppo S. Giovanni Bosco
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Storia della Chiesa VIII secolo Gli iconoclasti, le persecuzioni, Concilio Niceno II Nascita dello Stato della Chiesa
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