28/01/1983 - Adunanza SG Bosco Storia della Chiesa Tommaso Becket

Sant’Ilario d’Enza 28/01/1983
Adunanza

Abbiamo parlato della lotta tra il Papa Alessandro III e Federico Barbarossa. Nello stesso periodo un’altra lotta si svolgeva in Inghilterra, una lotta che portò a delle conseguenze anche più gravi. Dopo l’imperatore il sovrano più potente era allora il sovrano d’Inghilterra che allora possedeva, per ragioni di parentela, metà Francia: era re Enrico II, chiamato Plantageneta. Questo re era intraprendente, aveva dei numeri, ma era molto suscettibile e desideroso di estendere dappertutto il suo potere. Alla sua corte c’era un uomo giovane, molto intraprendente, molto brillante: Tommaso Becket. Si può dire che Tommaso era il centro della corte, pur essendo facile a divertirsi, nella vita brillante era fedele ai suoi impegni: l’impegno era che era diacono. Viene vacante la sede primaziale di Canterbury e il re la propone a Tommaso, sicuro della sua fedeltà e della sua genialità. “Vuoi diventare arcivescovo di Canterbury?” e Tommaso dice no e dice: “guarda, noi siamo amici, noi andiamo d’accordo, tu hai fiducia in me e io in te, però se divento arcivescovo non andremo più d’accordo, perché io non tollererei le tue usurpazioni sulla Chiesa; guarda che io non mollo!”. Ma il re si fissò nell’idea, sicuro che come sempre Tommaso sarebbe stato fedele a lui. Alle pressioni del re s’aggiungono le pressioni del nunzio apostolico e allora Tommaso accetta, accetta e si fa eleggere dai monaci benedettini dell’abbazia di Canterbury (perché la sua elezione sia regolare), si raccoglie e prega. E’ così consacrato arcivescovo. Non passa molto tempo, che si verifica pienamente quello che lui aveva predetto. Alle pretese del re l’arcivescovo di Canterbury è inflessibile: il re s’intestardisce, s’inferocisce, riesce a piegare, uno dopo l’altro, i vescovi, che cedono alle sue pretese perché fatte con ferocia, ma Tommaso non si piega. La lotta prosegue in una forma molto aspra, quando, a un certo momento, tutti sono attorno a Tommaso per dirgli che risparmi le lotte, che in fondo approvare queste consuetudini che voleva il re era semplicemente un accontentarlo, che non avrebbe abusato; Tommaso ha un momento di debolezza dalla quale si sgancia subito: così gli tocca andare in esilio. In esilio s’incontra col Papa, Alessandro III, con i vescovi del continente e a un certo momento anche il Papa sarebbe stato più possibilista: ma Tommaso non cede. Resta così quattro anni in esilio: s’incontra col re, sembra che le cose si mettano a posto. Ma no, un nuovo esilio. Poi un altro tentativo di conciliazione. Tommaso non si piega: per l’onore di Dio, per il bene della Chiesa non può cedere al re. Una giornata il re, in un momento di stizza, di particolare pressione, esce in questa frase: “In mezzo a tanti sudditi che non ci sia nessuno che mi libera da questo prete intrigante?” Le parole sono raccolte da quattro cavalieri e che partono subito. Il re lo viene a sapere, si pente di quello che ha detto: manda un corriere ma è troppo tardi. Il 29 dicembre 1170 il vescovo sta celebrando solennemente i vespri in cattedrale: entrano i sicari, s’avvicinano a lui all’altare e gli chiedono d’assolvere tutti quelli che lui aveva scomunicato. Il vescovo risponde: “se fanno penitenza e si pentono”, ma non termina le parole che cade sotto la spada e muore all’altare. Aveva cinquantatre anni, nove anni di episcopato, sette dei quali passati in esilio. Resterà una delle figure più fulgide del Medioevo inglese. Recentemente ricordate la vicenda che è stata richiamata da Elliot (?), “Assassinio nella Cattedrale”: resta la figura del martire. La sua uccisione ebbe un eco grandissimo, grandissimo. Il re fu scomunicato dal Papa, ma il re aveva una colpa indiretta. Alla tomba di Tommaso si susseguirà un pellegrinaggio interrotto: il re stesso domanderà perdono e dirà in seguito d’aver ottenuto delle grazie e dei miracoli. S. Tommaso Becket: ancora oggi la Chiesa celebra la sua memoria il 29 di dicembre ed è una magnifica figura di santo, una magnifica figura di difensore della libertà, di difensore dei diritti sacrosanti della Chiesa, della purezza della Chiesa. Perché è proprio sulla purezza della Chiesa che si discuteva: i pastori che il re voleva nominare o togliere dovevano essere come li voleva il Signore e non per altri motivi se non per la gloria di Dio. La grazia sovrana della misericordia di Dio viene sempre sulla Chiesa. Certo, a vedere l’eco che provocò questo delitto allora e quello che provocano i delitti adesso salta all’occhio una differenze: ci stiamo abituando al delitto, fa una cronaca breve il delitto, tutti i giorni si uccide, tutti i giorni. Noi siamo un popolo in cui l’omicidio diventa quasi una norma. Pensate alle uccisioni, alle violenze, da qualsiasi parte vengono, pensate all’aborto, con tutta questa lunga fila di bambini uccisi: non siamo diventati migliori, ma siamo diventati peggiori. E’ questa la civiltà che ci aspettavamo? E’ questa la civiltà della libertà di uccidere, non solo dell’impunità di uccidere, ma del vanto di uccidere. Di Tommaso Becket c’è stato un assassinio, ma l’assassinio destò un raccapriccio enorme: il re stesso si convertì e fece penitenza. E’ l’oscuro Medioevo questo? Noi siamo molto indietro, perché noi non facciamo penitenza, perché il raccapriccio è scarso, anche nei casi più clamorosi, e soprattutto il delitto continua, continua, tutelato dalla legge, il delitto per cui i nuovi carnefici hanno le posizioni di onore nelle società e hanno un posto che è addirittura di privilegio. Dobbiamo proprio dire che la Chiesa è la patria della libertà ed è ancora l’arca di Noè: si è sempre visto nell’arca di Noè il simbolo profetico della Chiesa, ma mai come in questo tempo lo sentiamo. L’arca di Noè galleggiava sulle acque, in mezzo a un mondo di morti: lì si è conservata la vita sia degli uomini, sia degli animali. E così è per la Chiesa adesso, la Chiesa conserva la vita, salva la vita, la Chiesa fatta oggetto di persecuzione, così come ne avrà avuto Noè, quando lì in mezzo alle montagne mise tanti anni a fabbricare questo baraccone e la Bibbia non lo dice, ma possiamo immaginare cosa avranno detto i suoi compaesani che lo vedevano, vedevano questo vecchio costruire una barca in mezzo alle montagne, facilmente dicevano che era uscito di senno, che era certamente sclerotico. Dice la Bibbia che lavorò cento anni per costruire questa grande barca e prima che scattasse l’acqua del diluvio si chiuse dentro e sigillò le porte e poi cominciò a piovere. E l’arca di Noè, dopo aver viaggiato così sulle acque per più di un anno, si fermò, quando le acque cominciarono a decrescere, sulla vetta del monte Ararat in Armenia e di lì ricomincia la storia dell’umanità. Così è per la Chiesa. Nonostante tutte le ingiurie, le cattiverie, le persecuzioni, difende la vita e dalla Chiesa riprenderà la storia dell’umanità, perché è la Chiesa che conservando la vita potrà dare ancora gli uomini alla storia del mondo. Certo, noi non possiamo stare spettatori: dobbiamo agire e impegnarci perché tutto sia agevolmente chiaro per quelli ancora che sono di buona volontà. I battesimi sono feste di vita.

CODICE 83ATA103
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 28/01/1983
OCCASIONE Adunanza
DESTINATARIO Gruppo S. Giovanni Bosco
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Storia della Chiesa XII secolo La lotta tra Enrico II e s. Tommaso Becket
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