04/05/1984 - Catechesi mese di Maggio

Chiamiamo la Madonna «Stella del mare».

Il mare quando è tranquillo è uno spettacolo di bellezza, quando è infuriato è terribile. Diciamo la Madonna «Stella del mare» quando ci aiuta e ci benedice nella gioia; «Stella del mare» quando nella vita c’è la burrasca, quando c’è un susseguirsi di cose contrarie e di disgrazie, perché la Madonna ci aiuta a sopportare il dolore, ci aiuta a vincere con il coraggio della grazia di Dio.

«Stella del mare» allora, perché ci insegna a fare con fede, con umiltà la volontà di Dio, perché la vita presente è un alternarsi di cose molto diverse, un alternarsi di cose favorevoli e di cose contrarie.

Così, del resto, è stata la vita della Madonna: è stata colma di gioia e la gioia più grande era quella di avere Gesù come Figlio, di avere il suo Dio in casa, con Lei, ubbidiente a Lei; e ha avuto anche i momenti terribili. Noi nella liturgia, nella devozione tradizionale, ricordiamo i sette dolori: il dolore quando ascoltò la profezia di Simeone, il dolore della fuga in Egitto, il dolore della perdita di Gesù nel tempio, il dolore di incontrare Gesù sulla strada del Calvario, di vederlo crocefisso e morto, ed accoglierlo nel suo grembo, ucciso dalla perfidia degli uomini.

La Madonna, sia nella gioia sia nel dolore, ha avuto un atteggiamento perfetto, meraviglioso, un atteggiamento che resterà nei secoli come un esempio.

Dobbiamo dunque prendere dalle mani di Dio quello che il Signore dispone per noi; dobbiamo prenderlo con fede, perché attraverso questo mare del mondo possiamo giungere al Paradiso, al porto della nostra quiete e della nostra vera felicità.

Il nostro proposito sarà perciò di cercare la volontà di Dio e di farla in tutte le occasioni, e di farla in tutte le vicende, di farla con umiltà, di farla con fede, di farla particolarmente con amore, non volendo giudicare Dio, non volendo lamentarci di Dio, ma prendendo tutto dalla sua santa mano, come diceva Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1,21).