/ia/Omel - III Avv

Sant'Ilario d'Enza, 17/12/1978
Omelia, III Domenica di Avvento - Anno B

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Is 61, 1-2; 10-11; 1 Ts 5, 16-24; Gv 1, 6-8; 19-28

Questa domenica, dalla prima parola dell’antifona iniziale, viene chiamata la “Domenica in gaudete”, “Gioite!” è la prima parola e questo gioire è espresso anche nel color rosa dei paramenti. Il significato è più profondo di quello che uno potrebbe immaginare. Abbiamo l’indicazione precisa: nella penitenza sta la liberazione, nella penitenza sta la vera gioia del cuore.

Perché questa settimana, che ci separa dal Natale, possa essere fruttuosa, possa essere efficace, è su questo che abbiamo bisogno di meditare. Una celebrazione esterna del Natale la fanno in molti, la fanno anche tanti pagani che non credono, la fanno per una tradizione, la fanno per un comodo o per qualsiasi altro motivo umano, ma pochi, veramente pochi sono coloro che celebrano il Natale come festa di rinnovamento interiore, come meravigliosa riscoperta del Cristo. Pochi! E guardiamo di essere anche noi nel numero di questi pochi, perché il Natale segni proprio una svolta nella nostra spiritualità.

È necessario, bisogna capire la necessità della penitenza! Quando il Signore fu interrogato dai suoi discepoli, come mai loro non riuscivano, pur avendo avuto il comando di Cristo e pur moltiplicando le loro invocazioni, non riuscivano a cacciare i demoni dai malati, il Signore Gesù diede una spiegazione che ci deve fare pensare. Ha detto: “Certi generi di demoni non si scacciano che con la preghiera e la penitenza”. E sono molti questi demoni, che circolano in noi e attorno a noi, che non possono venire dominati se non da queste due cose: la preghiera e la penitenza.

Noi ci dobbiamo soprattutto interrogare sulla penitenza, perché la penitenza non è apprezzata, la penitenza è fuggita. Viviamo in una società del comodo e strilliamo come bambini capricciosi, quando ci viene a mancare qualche cosa che è assai superflua. Siamo tanto sensibili al comodo, da divenire perfino ridicoli. Noi non apprezziamo quello che Gesù ci ha insegnato, quello che i santi hanno praticato con tanta insistenza.

Noi onoriamo i santi, che sono stati penitenti e nelle loro raffigurazioni volentieri mettiamo gli strumenti più consueti della loro penitenza, ma ce ne guardiamo bene da adottare una linea più forte e più dritta di vita! Noi ce ne guardiamo bene! Noi detestiamo la penitenza e crediamo di superare tutto, e noi crediamo di poter aiutare gli altri, ma non aiutiamo noi stessi e meno aiutiamo gli altri, se non viviamo in questo spirito vero, quotidiano di penitenza.

E l’Avvento è venuto a ricordarci: vuoi la gioia vera? Fa’ penitenza. Che penitenza hai programmato per questo Avvento e con quale fedeltà l’hai praticata? Abbiamo una settimana davanti, insistiamo per viverla in spirito di penitenza. La penitenza vuol dire riconoscere i nostri peccati, i nostri personali e quelli del mondo, riconoscere che dobbiamo scontarli in unione alle sofferenze di Cristo, dobbiamo scontarli con qualche opera che ci costa, perché le passioni non si vincono che con l’austerità. Non basta una certa forma di vita cristiana, per diventare forti e vigorosi; non basta un po’ di preghiere, che senza penitenza non manifestano il desiderio della grazia di Dio. Chiediamo questa grazia, per realizzare una vita fervida e una vera amicizia, di castigare noi stessi e impegnarci nella pratica ascetica, per non spegnere lo Spirito e per cacciare ogni specie di male. Allora il Dio della pace ci santificherà e tutto quello che è nostro “si conserverà irreprensibile fino alla venuta di Cristo”. Trascorriamo questa ultima settimana di Avvento nella penitenza, nel castigare noi stessi, per fare di noi delle persone nuove.

CODICE 78NGO01312N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 17/12/1978
OCCASIONE Omelia, III Domenica di Avvento - Anno B
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione (troncata alla fine)
ARGOMENTI Penitenza e gioia
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