19/06/1977 - Incontro in preparazione al pellegrinaggio a Roma Omelia 22 giugno

Sant’Ilario d’Enza 19/06/1977 al mattino Inaugurazione Oratorio
Incontro in preparazione Pellegrinaggio a Roma del 22 giugno 1977 (Udienza con Paolo VI) e Omelia in San Pietro

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Incontro del 19 giugno 1977

Perché andiamo a Roma. Il tracciato è molto evidente, lo ricordate, abbiamo detto: “Dall’Eucarestia alla Trinità”. Poi abbiamo detto: “Gesù è il dono della Trinità”, e abbiamo concluso: “Dalla Trinità all’Eucarestia”.

Andiamo a Roma con un processo logico: dall’Eucarestia al Papa, dall’Eucaristia ad una maggiore e più vivace compiacenza, direi, è la parola più adatta, compiacenza di essere Chiesa, di voler vivere nella Chiesa e per la Chiesa. Andiamo a Roma, perché Roma è il centro della cristianità; andiamo a Roma, perché c’è il Papa e il Papa è il nostro padre. E’ su Pietro che Gesù ha fondato la sua Chiesa e noi vogliamo capire bene perché l’ha fondata su Pietro. E’ evidente: il capolavoro di Gesù si chiama la Chiesa. “Gesù”, soggiunge san Paolo, “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, perché fosse senza una macchia, senza nemmeno una ruga” (cfr, Ef 5, 25-27), perché il volto della sua Chiesa fosse meravigliosamente bello. Gesù ha amato la Chiesa e ha dato tutto il suo sangue per lei, è evidente che l’ha strutturata allora, nella sua sapienza, meravigliosamente. Il Papa è un dono di Gesù, perché Gesù ha voluto che i suoi fossero uniti e ha posto il Papa quale centro di unità. La suprema invocazione di Gesù nel cenacolo voi la ricordate, rivolto al Padre fa una preghiera potente e grande, che cosa chiede? “Fa', o Padre, che essi, i miei, i miei siano una sola cosa, come tu, Padre, ed io siamo una sola cosa” (cfr. Gv 17, 11), siano consumati nell’unità. Il suo gesto di consacrare Pietro come capo della Chiesa viene proprio dal suo cuore, dalla sua volontà che fossimo uniti. Sul lago di Genezareth dirà le parole che consacreranno: “Pasci i miei agnelli… pasci le mie pecore” (Gv 21, 15-16), l’unità di un gregge, la docilità di un gregge, la sicurezza di un gregge quando è col suo pastore. Così ci ha voluto, così. E il Papa è la presenza forte, grande, sensibile del Buon Pastore. Ecco perché noi, chiudendo questo Anno Eucaristico, ci rechiamo sulla tomba di San Pietro, ci rechiamo all’incontro col Papa, perciò la nostra posizione è una posizione logica di fede. Io raccomanderei tre cose.

La prima: andare con una vivissima fede. E’ come quando siamo davanti all’Eucaristia: vediamo solo del pane con in nostri occhi, ma con la nostra fede vediamo Cristo. Andare con fede è vedere nel Cristo la bontà e la misericordia; è vedere nel Papa la bontà del Signore, è vedere nel Papa il dolce Cristo in terra, è sentire che veramente è stato dato a noi come guida, come maestro, come sicurezza. E’ lui che c’impedisce di disgregarci, che impedisce ai cristiani di diventare estranei gli uni agli altri, di essere preda facile dei lupi. E ha parlato Gesù dei lupi e ha detto che fanno strage, fanno strage … E ogni età ha sentito l’ululare dei lupi ed ha provato nelle proprie carni il graffio delle unghie e il morso dei denti. Anche noi lo sentiamo. Ecco, vedere nel Papa il Signore Gesù.

Secondo: andiamoci con molta devozione. La devozione vuol dire l’amore, perché noi dobbiamo voler bene al Papa. Devozione dice che, sulla tomba di San Pietro, noi dobbiamo sentire vivissima l’intercessione dei santi. Io credo in questi meravigliosi amici di Dio: Pietro non ha abbandonato la sua Chiesa ed è presente. Invocarlo.

Poi dobbiamo andarci con vivo spirito di preghiera. Dobbiamo chiedere delle grazie, perché la nostra comunità si articoli sempre di più, perché diventi sempre più forte, perché sia responsabile, sia conscia dei compiti che l’aspettano e li adempia fino in fondo.

Dicevo stamattina che questo giorno non è giorno di arrivo, è giorno d’inizio. Noi vogliamo chiedere questa grazia a San Pietro e arricchirci della parola del Papa, per diventare una comunità educante, una comunità che nell’evangelizzazione sa educare, sa portare il messaggio giusto. È questa la grazia che vogliamo chiedere, è questa la buona volontà che vogliamo esprimere. Quindi quelli, che vengono, vengono a nome di tutti, perché tutti devono sentire queste realtà e tutti devono lavorare intensamente per sentirsi Chiesa e per operare come Chiesa.

22 giugno 1977 – Omelia pronunciata nella Cappella Clementina

È gioia vera e profonda, che supera le parole, trovarci tutti uniti qui vicino al nostro Papa Paolo VI, gioia che ci porta a ringraziare Dio, profondamente il Signore per le grazie che ci ha dato. Questa incorona tutte le altre grazie, perciò sentimenti di ringraziamento profondo. Ringraziamo Dio per tutto quello che ha operato in noi, per tutte le premesse che ci ha donato di grazie di Dio. Noi però non ci fermiamo alla gioia, non ci fermiamo al ringraziamento, noi vogliamo andare ancora più avanti. Noi vogliamo che questo incontro sia veramente ricco di frutti, ricco di impegno, perché oggi noi ci dobbiamo sentire Chiesa, noi dobbiamo scoprire quanto sia ricco, quanto sia pieno di consolazione il sentirci Chiesa, per operare come Chiesa. Il nostro incontro col sommo Pontefice ci deve far sentire la nostra qualità di membri della Chiesa, ci deve far rivivere fino in fondo la grazia che abbiamo ricevuto nel battesimo: siamo figli di Dio, siamo innestati nel Corpo Mistico e ognuno di noi è unito agli altri, ognuno di noi non è solo un fratello degli altri, è un membro di un unico corpo. Frutti di santità, perché membra del corpo santissimo di Cristo. Frutti di carità, perché in noi circola la stessa vita, in noi si effonde la carità che parte dal cuore di Cristo. Frutti di attività, perché dobbiamo essere delle membra non statiche, non rassegnate, tanto meno essere dei parassiti che vivono a spese degli altri. Dobbiamo sentirci delle membra che, anche col sacrificio, sentono il profondo anelito ad evangelizzare. Dobbiamo fare tutto quello che spetta a noi per l’evangelizzazione e la promozione umana. Noi vogliamo, dall’incontro di oggi, salire sempre di più con una riflessione che ci occupi tutti, ci faccia essere tutti pronti, fervidi, generosi, sentire innestata qui la nostra comunità parrocchiale, sentire che quello che operiamo nella Parrocchia lo operiamo per tutta la Chiesa. Quello che operiamo nella Parrocchia lo operiamo con tutta la Chiesa, perché siamo venuti per pregare non solo per noi, siamo venuti per prolungare le nostre preghiere per il sommo Pontefice, siamo venuti per chiedere al Signore le grazie per lui, siamo venuti perché ci senta vicino e il suo cuore trovi conforto. Siamo venuti qui perché la nostra preghiera sulla tomba di san Pietro sia veramente una preghiera che trasformi, che divida, che tolga via tutto quello che potesse essere di un cristianesimo statico, lacunoso. Siamo venuti qui per compiere dunque un grande atto di fede e questa fede deve trovare tanta spinta. Dobbiamo tornare a casa più pronti, più fervorosi, più decisi, più entusiasti di appartenere alla Chiesa, di essere col Papa, di essere all’unisono con lui, con le sue parole, con i suoi impegni, con i suoi indirizzi, con la sua guida.

Quindi poniamoci così in disposizione perfetta, per poter essere in quell’atto di amore col quale Cristo ha amato la sua Chiesa, essere in quell’amore perché il Signore ci ha amato quando, pensando alla sua Chiesa, ha pensato a tutti quelli che vi avrebbero appartenuto, che vi avrebbero responsabilmente appartenuto. Perciò pensiamo a questo e con decisione presentiamo i nostri propositi.

CODICE 77FIW0133BN
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 19/06/1977 al mattino Inaugurazione Oratorio
OCCASIONE Incontro in preparazione Pellegrinaggio a Roma del 22 giugno 1977 (Udienza con Paolo VI) e Omelia in San Pietro
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Dall’Eucarestia al Papa

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