Lv 19,1-2. 11-18; Mt 25,31-46
Il tema di riflessione che ci presenta con forza la liturgia oggi è l’amore del nostro prossimo. Ed è tanto più importante questo argomento in quanto in questo momento ne abbiamo molto bisogno. Perché succede come per le monete: ci sono delle monete false che circolano. Molti dicono di amare gli altri. Lo si ripete da tutte le parti. Nessuno dice di non amare. E tutti portano il loro modo di amare. Pare che senza determinate ricette non si possa amare. Ora l’interrogativo diventa molto forte, perché un cristiano, per essere autentico, deve amare da cristiano, cioè come ci ha insegnato il Signore. E se un cristiano ama col cuore di Cristo, ama col cuore che è andato fin sulla croce per amare, che si è dato tutto. Dobbiamo dunque prima di ogni altra cosa analizzare il nostro amore che non sia per caso egoismo, camuffato, che non sia interesse, che non sia apparente, che non sia in qualche modo una forma di ostentazione, direi quasi una moda. Ci dobbiamo interrogare proprio sulla pagina del vangelo che abbiamo letto. Che cosa ci dice il Signore? Prima di tutto che il nostro amore è vero quando vediamo negli altri Lui, il Signore. “Ogniqualvolta voi avete fatto qualcosa anche al più piccolo lo avete fatto a me”. Allora il nostro amore di cristiani è veramente sicuro quando consideriamo negli altri la sua fisionomia, il suo volto, quando trattiamo gli altri come tratteremmo Gesù Cristo in persona. Questo noi lo esprimiamo con una parola unica quando diciamo che l’amore nostro del prossimo deve essere soprannaturale, cioè è un motivo di fede che ci deve muovere. E poi deve essere concreto. Il Signore non si accontenta di certe intenzioni, tanto meno si può accontentare di parole che riempiono solo la bocca. Avete sentito: “Io ho avuto fame, mi avete dato da mangiare”. Un amore concreto che va alle necessità concrete del prossimo, quando il prossimo è indigente. Noi enumeriamo le sette opere di misericordia spirituale e le sette opere di misericordia corporale, intendiamo cioè sottolineare come il prossimo va considerato nelle sue esigenze di spirito e nelle sue esigenze materiali. E terza qualità: è universale. Infatti il Signore esemplifica e torna a esemplificare su tutti i casi di necessità. Non solo a un uomo, non ad una sola determinata necessità: il cuore deve essere aperto. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Con questa polivalenza, con questa generosità, con questa serena apertura. Ecco il cristiano deve fare così. E allora ognuno di noi si deve interrogare: si deve interrogare sulle proprie giornate, sulle proprie relazioni, si deve interrogare se veramente ha adoperato i mezzi che aveva in mano. Ognuno di noi si deve interrogare sapendo che è molto facile che ci lasciamo coprire gli occhi, obnubilare la mente dal nostro egoismo. È molto facile. La generosità la dobbiamo attingere direttamente da Cristo perché in noi non c’è. Ed è allora proprio in questa comunicazione col Signore che gli chiederemo la grazia di una carità vera e autentica.
CODICE | 75BGQ01340N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 17/02/1975 |
OCCASIONE | Omelia, Lunedì I settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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