Gio 3,1-10; Lc 11,29-32
“Generazione” qui vuol dire civiltà, epoca. Gesù ha definito così la sua epoca: una generazione malvagia. Certo noi non siamo migliori. Non siamo migliori perché non facciamo maggiore penitenza dei nostri peccati di quello che non lo facessero allora. L’indicazione della penitenza come un segno di qualità è indubbiamente nel pensiero di Gesù. Chi fa penitenza riconosce il suo errore, riconosce la parte negativa e cerca di cambiarla, di correggerla. Evidentemente dobbiamo allora cercare la penitenza. Vorrei che in questa quaresima ne capissimo sempre maggiormente il tono pasquale, come devo dire, il tono redentivo. Vorrei che sotto la penitenza vedessimo il trionfo della grazia, che la penitenza non la concepissimo come un’umiliazione, ma come una vittoria. Non come un perdere, ma come un acquistare. Non come qualche cosa che con fatica dobbiamo porre, ma come un mezzo sicuro per formarci bene, per costruirci, per dare alla nostra vita la sua vera statura. Dicevamo: la quaresima diventa una partecipazione al trionfo di Gesù. Se la intendiamo bene la penitenza si verifica in pieno in questa idea. Si verifica perché la penitenza è una vera giustizia, perché è una forte strada alla creazione di noi stessi, perché la penitenza diventa un modo magnifico per essere veramente membra attive nella Chiesa. Quella generazione e la nostra generazione. Ha un vantaggio la nostra. Ha il vantaggio di avere il sacrificio di Gesù. Per cui, se ci capiamo bene, la penitenza ci diventa più facile e la penitenza ci diventa veramente, in pieno, redentiva. Abbiamo il vantaggio di avere insomma la messa. Perché è nella messa dove capiamo bene la penitenza. Che cosa è la messa? È la rinnovazione di una infinita penitenza. Voi ricordate che sulla croce il Signore ha offerto il suo strazio, ha offerto la sua vita in penitenza dei peccati di tutto il mondo. Nella messa Gesù torna a ripetere questo sacrificio e lo torna ad offrire. La messa dunque la vediamo, giustamente, come la penitenza di Gesù che si ripete. È l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Perché allora ci è più facile la penitenza? Perché davanti ai nostri occhi vediamo mirabile questo esempio. Se sappiamo vedere con fede, se nell’Eucarestia sappiamo leggere, ecco, ogni volta che assistiamo alla messa assistiamo all’atto della redenzione. Assistiamo dunque a Gesù che, innocente, si rioffre per noi. Come non siamo invitati anche noi a portare qualche cosa della nostra buona volontà? A portare e a unire alle sue le nostre penitenze. Come allora diventa forte il nostro impegno di non venire a mani vuote, ma di portare alla messa il nostro contributo per la redenzione dal peccato nostro e dal peccato di tutti i nostri fratelli. La messa grida a noi penitenza. La messa ci chiama a partecipare in pieno. La messa ci dice: senza effusione di sangue non si dà redenzione, non si dà salvezza. In quella effusione di sangue che vediamo sull’altare, “questo è il calice del mio sangue sparso per voi”, sparso anche adesso per noi, ecco, vediamo il simbolo di tutto quello che anche noi nel lavoro, nella fatica, nell’accettazione dei dolori, nel travaglio di essere buoni, nell’impegno di essere generosi, nella nostra fraternità, noi possiamo offrire. Sia dunque questo invito di penitenza accolto da noi e portato così nella nostra giornata in modo che la giornata diventi messa, cioè diventi veramente un contributo efficace per la redenzione nostra, diventi un contributo di grazia, diventi cioè un’azione vera nel piano universale di Dio perché Lui ci vuole un’unica cosa con Gesù, un’unica cosa con Gesù crocefisso e con Gesù risorto.
CODICE | 75BIQ01340N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 19/02/1975 |
OCCASIONE | Omelia, Mercoledì I Settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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