At 13,14.43-52; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30.
“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco”.
Quando meditiamo su Gesù Buon Pastore ci prende la commozione. Sentiamo che è una rivelazione magnifica che dà senso e forza alla nostra vita. Non ci sentiamo più dispersi in questo mondo, in preda a delle forze così crudeli. Non ci sentiamo più come sbalestrati dal caos degli avvenimenti, dalla cattiveria che regna nel mondo.
Ci sentiamo commossi e il nostro cuore palpita più forte.
Oh, se capissimo bene come Gesù è buono e tenero con noi, come ci capisce, come ha per ognuno una sua provvidenza! Lo ha affermato: “Io le conosco”. Ci conosce fino in fondo. Conosce le nostre debolezze, conosce le nostre incoerenze, sa di che pasta siamo fatti: sa tutto. È meravigliosamente misericordioso, è immensamente sapiente. Il suo piano è un piano d’intelligenza meravigliosa.
Ci conosce, ci guida. Sta a noi seguirlo, sentirci suoi, sentirci nelle sue mani, nel suo indirizzo, nella sua misericordia. Perché di misericordia abbiamo tanto bisogno. Abbiamo bisogno di una misericordia che va oltre tutte le nostre miserie, che dà senso anche a quelle cose che noi non vorremmo ammettere e non vorremmo realizzare.
Il buon Pastore ci invita e ci chiama sempre. Sentite la sua Provvidenza, sentite come attraverso gli avvenimenti e le cose la sua voce si fa sentire.
I nostri orgogli, i nostri egoismi e le nostre incongruenze dobbiamo veramente superarle abbandonandoci a Lui. Lui dà una consolazione ad ogni nostro dolore, aggiunge gioia alle nostre gioie e ci promette la gioia che non conosce confini, la gioia meravigliosa che si chiama vita eterna. Per cui noi non siamo destinati alla sofferenza, non siamo destinati all’umiliazione: “Nessuno le rapirà dalla mia mano”. Nessuno! Ci stringe nelle sue mani, ci conduce fino alla vita che non ha confini.
Noi non abbiamo altra meta: la meta è il cielo, è la gioia che sarà tanto grande che non possiamo nemmeno capirla.
Diceva san Paolo: “Sono stato rapito − ha preso una goccia! − ma nessuna lingua può dire ciò che Dio prepara ai suoi eletti” (cfr 2 Cor 12,4).
Dobbiamo avere grande speranza, perché il nostro è un disegno di bontà sapiente, di bontà potente.
Abbandonarci a Lui e smetterla di mettere la nostra confidenza nelle cose terrene. Le cose terrene sono un momento, poi verrà Lui e verrà con tanta letizia.
Benediciamo il Signore con tutte le nostre forze, perché le cose di questa terra che sono date da Lui sono squisitamente buone: l’intelligenza della sua parola, gli affetti del nostro cuore, il senso delle nostre cose.
Oh sì! Con tutto l’animo ripetiamo la nostra confidenza e fuggiamo sempre dall’unico nemico che dobbiamo temere: il nostro peccato, la nostra incoerenza che ci fa allontanare da una posizione così benedetta e così felice.
Ci conduce al Padre e nel Padre c’è una meravigliosa realtà: noi battezzati siamo diventati suoi figli e il Padre ha per i figli una speciale e grande disposizione.
Affidarci a Lui, benedirlo e dire: “Signore, io ti voglio conoscere, ti voglio seguire. Signore voglio mettermi totalmente nelle tue sante e adorabili mani”.
CODICE | 86DLO01363N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 20/04/1986 |
OCCASIONE | Omelia, IV Domenica Tempo Pasqua – Anno C – Fidanzamento |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
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ARGOMENTI |
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