Il giorno dei morti ci deve portare a un forte senso di responsabilità, una responsabilità veramente piena, la responsabilità verso noi stessi. Molti fuggono il pensiero della morte, sanno che è inevitabile, che tutti debbono morire, ma non vogliono pensarci ed è un’imperdonabile superficialità.
Noi lo sappiamo: dobbiamo guardare alla morte con serenità. La morte entra in un gioco naturale: si nasce, perciò si muore. Però adesso per noi la morte è castigo, castigo per il peccato: ecco perché non ci vergogniamo di aver paura della morte, ma la nostra fede ci illumina col mistero pasquale. Ogni cristiano deve prepararsi a morire unendo la sua morte, i suoi dolori alla passione e alla morte di Gesù, sapendo che chi muore con Lui con Lui risorge.
Ed è perciò evidente che ognuno di noi deve procurarsi una buona vita per avere una buona morte, che dipende tutto dalla nostra conformazione a Cristo: se siamo uniti a Lui, se insieme a Lui diciamo Padre a Dio, cioè se viviamo nel timore e nell’amore di Dio, se ci lasciamo guidare dallo Spirito, se è lo Spirito Santo che suggerisce i nostri atteggiamenti e le nostre preghiere, ecco allora sì, la morte è illuminata da tantissima luce, allora comprendiamo come, se in questa terra nasciamo per morire, nella nostra fede noi moriamo per vivere.
Ed è questa la luce cristiana della morte. Non sappiamo quando verrà, non sappiamo in che modo verrà. Il Signore ci ha avvertito e ci ha detto di stare pronti, di essere come servi vigilanti che non si lasciano prendere dal sonno e dalla stanchezza; essere pronti perché, come il ladro viene all’improvviso, così sarà anche la venuta della morte per noi: all’improvviso. Che ci trovi pronti, che ci trovi sereni, che ci trovi veramente purificati dalle nostre colpe. Nessun peccato fa paura se è rifiutato, se è pianto, se ci si è esercitati nella penitenza. Dio, infinita misericordia, perdona ogni peccato e ogni delitto, ma sta a noi entrare nella misericordia, entrare nella misericordia perché la fede senza le opere è cosa morta e abbiamo sentito come Gesù descrive il giudizio finale: quelli che hanno fatto il bene si salvano, non quelli che l’hanno solo annunciato o desiderato.
Noi saremo giudicati dalle nostre opere e perciò affrettiamoci, perché il Signore dice: “Le ore del giorno sono dodici: camminate finché avete la luce perché non vi sorprendano le tenebre”.
È dunque un forte motivo di conversione questo giorno dei morti, una conversione illuminata dalla speranza, sostenuta dalla speranza, per cui guardiamo serenamente davanti a noi.
Dobbiamo prepararci ad essere adatti a fare come hanno fatto i martiri di Compiègne, che sono saliti alla morte, al patibolo cantando il Magnificat. Ecco, cantare l’inno di ringraziamento per tutto quello che il Signore ha dato, per tutto quello che si prepara a dare.
Ma c’è un’altra responsabilità che ci prende in questo giorno dei morti: la responsabilità nostra verso la Chiesa del purgatorio.
Si parla molto di comunicazione nella Chiesa della terra: c’è un dialogo da fare non solo con quelli che vivono qui, ma con l’altra parte della Chiesa che è nella sofferenza, una dura sofferenza, una continua sofferenza. Il dialogo col Purgatorio è dialogo di fede, è dialogo di amore, è dialogo che porta a un aiuto vicendevole. Le anime sante del Purgatorio hanno molta voce davanti a Dio per i loro fratelli che sono su questa terra. È il Signore che ci vuole in questa meravigliosa solidarietà, il Signore attraverso la sua Chiesa ci suggerisce e ci dice: potete molto per le anime del Purgatorio e perché le dimenticate? Perché non pregate mai per loro? Perché il ricordo costante che la liturgia pone nella Messa non è abbastanza raccolto? Sono anime che possono essere aiutate da noi e perciò perché non lo facciamo?
Il Purgatorio è un’immensa sofferenza che noi possiamo lenire. Il Signore ha stabilito questa legge di carità: entrare nella carità della Chiesa è ancora entrare nella carità per le anime del purgatorio.
Cerchiamo perciò di accrescere la nostra preghiera per i defunti, per i nostri morti, quei morti che ci hanno voluto così bene, che abbiamo salutato e che ora aspettano la risurrezione. Ecco, per tutti i morti, particolarmente per quelli che non sono ricordati dagli altri, da quelli che si accontentano di un’esteriorità, di un fiore, di una luce: dimenticati nella preghiera hanno bisogno di noi.
La comunità parrocchiale ha il suo prolungamento nel Purgatorio e nel Paradiso: lo dobbiamo ricordare bene.
Poi la nostra preghiera si estenda oltre, a tutti, perché tutti siano veramente ricordati. Così, in un certo senso, accresciamo più presto il paradiso e siamo sicuri che questo entra veramente nella nostra vita cristiana, nei doveri e nelle gioie della nostra vita cristiana.
CODICE | 75M1O0133UN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 02/11/1975 |
OCCASIONE | Omelia |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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