At 22, 3-16; Mc 16, 15-18
Commemorando la conversione di san Paolo apostolo oggi, la Chiesa prende particolarmente la preghiera del ringraziamento.
La grande grazia per la quale Saulo da persecutore è diventato un apostolo, quale apostolo! Un santo, un così grande santo, è motivo di profonda gioia per tutte le generazioni cristiane. Ci ricordiamo che il Signore ha accolto la preghiera di Stefano, il sangue, l’immolazione di Stefano e ha dato alla sua Chiesa un tesoro così grande com’è l’insegnamento e l’esempio di Paolo.
Tre cose vorrei che questa sera fossero motivo della nostra riflessione.
La prima: le grazie del Signore si ottengono mediante la preghiera e il sacrifico, quelle grazie senza le quali non possiamo fare, nessuno può fare. La Chiesa di Dio si arricchisce non solo mediante l’azione, ma mediante il sacrificio. Chi fosse stato quel giorno fuori di Gerusalemme avrebbe detto: ma che disgrazia, ma che terribile sciagura per la Chiesa che un apostolo così ardente, che un giovane così forte come Stefano muoia così presto! Invece il suo sacrificio e la sua morte erano segno di una vita fulgidissima, erano senza dubbio la causa di tutto un mirabile fiorire, com’è stato il fiorire nella dottrina di Paolo e nell’esempio di Paolo per tutti i secoli. Bisogna che apprezziamo la preghiera e il sacrificio come motivo di forza e di vita nella Chiesa.
Concludiamo questa sera l’ottavario per la riunione delle Chiese, ricordiamo il fondamento: sta lì, nella preghiera e nel sacrifico.
La seconda cosa: Paolo era persecutore e non lo dimenticherà più. Anche verso la fine della vita, quando aveva così lavorato e così dato al Signore, lo ricorderà: “Io sono un persecutore, non merito d’essere chiamato apostolo”; era nell’umiltà, in un’umiltà veramente grandissima. Vorrei che noi, che abbiamo ricevuto tanto dal Signore, non ci inorgoglissimo mai. Custodire con umiltà il dono della fede, il dono della grazia, perché se siamo col Signore, se riusciamo ogni giorno a migliorare la nostra conversione, ad attuarla sempre di più, non è per nostro merito, è per chi ha pregato e forse ha sofferto tanto nel Corpo Mistico per noi. Non è un titolo d’orgoglio ciò che il Signore ha fatto in noi, piuttosto è un titolo di trepidazione, è un titolo per il quale noi dobbiamo sempre guardare di custodire con molto zelo ciò che la grazia del Signore ha sparso nella nostra vita.
E il terzo motivo di riflessione vorrei che fosse proprio in quest’ordine: Paolo è stato per tutti, convertito, si è donato senza alcuna esitazione. “Io dicevo: Sono giudeo con i giudei, gentile con i gentili, chi è che piange e io non piango con lui? Chi è nella gioia e io non sono in gioia con lui?”. E’ il segno veramente della maturità cristiana. Chi è maturo cristianamente sa essere come Gesù, proprio come Paolo ha cercato d’imitare.
Ecco perché il problema delle Chiese separate deve essere sempre vivo nel nostro animo e il problema di coloro, che credono tutti in Cristo ma restano ancora divisi, dev’essere un problema che ci urge e sollecita la nostra responsabile preghiera, il nostro vivo interessamento. Tutto per tutti, tutto Cristo per tutti, in lui trovarci sempre.
Voglia così il santo apostolo Paolo darci la grazia di una comunicazione viva a ciò che ha ricevuto lui, perché noi siamo così sempre più responsabili e sempre più attivi nel regno di Dio.
CODICE | 73AQO01332N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 25/01/1973 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì III settimana Tempo Ordinario, Festa Conversione San Paolo apostolo |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Preghiera, sacrifico, umiltà e dono totale a tutti |
ARGOMENTI | Preghiera, sacrifico, umiltà e dono totale a tutti |
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