2 Sam 5, 1-3; Col 1, 12-20; Lc 23, 35-43
La festa di Cristo re ci deve portare ad una gioia profonda e ad una posizione sempre più esatta in rapporto a lui, a Gesù nostro re, e al suo regno. La regalità di Cristo è segnata profondamente nel testo evangelico che abbiano letto. Gesù è re non per assoggettarci, ma per liberarci e condurci alla pienezza della vita, alla pienezza della gioia e della gloria.
Il povero malfattore, che giustamente subisce le sue pene, riconosce questo, si rivolge a Cristo, immediatamente entra nel suo regno ed è liberato dalla morte, dal peccato: “Oggi sarai meco in paradiso” (Lc 23, 43). Oggi. Quando si entra nella sua fascia di autorità, è tutto. Solo chi è ostinato esce dalla sua influenza, perché il Signore rispetta la libertà. E’ proprio su questa libertà che si deve discutere, questa nostra libertà, così ribelle, così talvolta insensata, così immersa nell’egoismo e nel nostro orgoglio, questa nostra libertà che dobbiamo mettere a sua disposizione, mettere tutto quello che abbiamo soggetto a lui, dargli tutta la nostra vita. E’ un regno perciò che non è di questo mondo, ma si dilata e prende le sue proporzioni anche in questo mondo. Il dominio di Cristo re è il dominio delle menti e dei cuori, ma deve essere anche il dominio di noi come comunità, deve essere il dominio di tutta la nostra società, di tutta quella società che tanto più va in rovina e diventa insensata, quanto s’allontana da lui, perché lui è la vita, perché lui è l’amore, perché lui è la pace, perché in lui il Signore ci ha dato ogni salvezza. Gli uomini credono nella loro autonomia, credono nel loro efficientismo, credono nella loro iniziativa, ma gli uomini vanno ogni giorno più verso la rovina, perché in nessun altro, sono parole della Scrittura, in nessun altro ci ha dato la possibilità della salvezza se non in lui, nel suo nome.
E san Paolo, nella seconda Lettura, ci sottolinea come la regalità di Cristo parte dalla creazione: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui, sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili” (Col 1, 16). Dal filo d’erba all’immensità delle costellazioni, dal timido aprirsi del bambino al fulgore d’intelligenza dei cherubini tutto sa di lui, tutto sussiste per mezzo di lui. In tutte le cose c’è la sua impronta e il suo dominio, tutto parte da lui e tutto termina in lui. Tutta la creazione, tutto l’universo tende a lui come finalità, è in lui che avrà il suo compimento e la sua gloria, in lui Signore dei signori, Re dei re. In lui tutto l’universo è proteso in una gigantesca lotta, la lotta (Interrotta) per vincere il male, per superare le difficoltà e darci al suo amore. L’exitus della creazione domanda il ritorno verso di lui, punto focale di tutta la nostra fatica. E’ evidente la conclusione: dobbiamo con umiltà e fervore servirlo ogni giorno.
Nella prima Lettura, che presenta l’incoronazione di Davide, c’è la profezia dell’incoronazione di Cristo. La prima è un’ombra di fronte alla regalità di Cristo, che è tanto più grande, e chiede la nostra soggezione, la nostra obbedienza, senza essere pavidi e timidi. Dobbiamo essere forti, perché siamo di lui e vogliamo in ogni momento amarlo e servirlo e donarci a lui con pienezza d’amore.
CODICE | 77MLO0133ZN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 20/11/1977 |
OCCASIONE | Omelia, XXXIV Domenica Tempo Ordinario, Solennità Cristo Re – Anno C |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Cristo Re dell’universo |
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