17/04/1977 - Omelia Domenica Albis

Sant'Ilario d'Enza, 17/04/1977
Omelia, II Domenica in Albis Tempo Pasqua - Anno C

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At 5, 12-16; Ap 1, 9-11. 12-13. 17-19; Gv 20, 19-31

La sicurezza di avere in mezzo a noi Cristo risorto. Sono i temi sottolineati da questa Liturgia.

Nella prima Lettura vediamo come fiorisce la Chiesa, come fiorisce nel ministero della Parola e nei prodigi, perché c’è lui.

Nella seconda Lettura Cristo è visto da Giovanni Apostolo nell’esercizio della sua potenza di Signore, è visto nella sua grandezza di sacerdote, un figlio di uomo con un abito lungo fino ai piedi; visto nella sua gloria divina, cinto al petto con una fascia d’oro. Ecco, è lui il primo e l’ultimo, è lui il vivente.

Ecco perché la nostra vera realizzazione sta nell’accorgerci che c’è, nel credere a questa presenza, nell’unirci a lui nel continuare la sua stessa missione: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi” (Gv 20, 21). Sta tutto qui, in una vita cristiana fervida, in una vita cristiana piena, in una vita cristiana che sia testimonianza. Sta qui, Cristo è vivo, è presente nella sua Chiesa, è sommamente attivo. Le cose non avvengono per caso, la malizia degli uomini ha i suoi limiti. C’è lui che guida la sua Chiesa meravigliosamente, è lui che fa fiorire la sua Chiesa nell’eroismo dei martiri, nella testimonianza del magistero della Chiesa, nello svolgersi di tutte le opere di bene che avvengono, nei sacrifici offerti, nei malati che santificano il loro dolore, nel momento privilegiato in cui sentiamo ancora più viva la sua azione, che è il momento liturgico, quando nel giorno di domenica ci uniamo insieme a lodarlo, a lodare con lui il Padre, ad unirci alla sua Eucaristia. Cristo vivo e presente, Cristo che non lascia mai i suoi figli, Cristo continua ad amarci. Tutte le paure, tutte le angosce, tutti gli smarrimenti sono così superati: Cristo è vivo con noi. E sempre dobbiamo ripetere le parole di Tommaso: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Chi invece si dimentica di questo non ha più serenità, non ha più la sua pace. Chi si dimentica di questo cade in un individualismo pericoloso ed egoistico, o cade in un miraggio, un vero miraggio illusorio di cose, che non si potranno mai verificare.

Ecco, Cristo è vivo, è vivo nella nostra comunità, è vivo e noi dobbiamo accedere a lui col cuore sgombro da ogni pregiudizio: “Metti la tua mano” (Gv 20, 27). Ecco, ancora ripete: “Metti la tua mano!" Perché sei così stanco? Perché sei così svogliato? Perché sei così preoccupato di cose che non c’entrano, di cose materiali, di cose illusorie? Metti la tua mano”. “Beati quelli che, pur non avendo visto, credono” (Gv 20, 29). Credi, perché lui c’è, c’è e ne vedi i segni, perché lui c’è e ha la potenza intatta, la potenza che piega ogni tentazione, la potenza che vince ogni pericolo. Lui c’è.

E allora ecco alcune conclusioni pratiche, che possiamo poi presentare al Signore.

Una prima conclusione: valorizzare la Liturgia. E’ un meraviglioso incontro quello liturgico, perché a capo della nostra assemblea c’è lui, perché lui ci unisce, lui dà dignità alla nostra preghiera, lui ci vuole fervidi e ci presenta al Padre, lui ci vuole artefici della salvezza del mondo, della sua missione. Mai come nelle assemblee liturgiche sentiamo come la stessa missione sua sia la nostra, come il potere che lui ha dato alla Chiesa si esercita mirabilmente. Valorizzare l’azione liturgica con la comprensione, con la devozione, con la carità, curando tutte le cose, curando la puntualità, curando l’attenzione, curando di essere un cuor solo con i fratelli ed un’anima sola.

Poi valorizzare la nostra vita assieme, la nostra vita di Chiesa, perché lui ci ha fatto un corpo solo, lui è il capo e noi siamo le sue membra. Valorizzare la vita comune, vita di Chiesa nelle iniziative, nelle opere, nelle testimonianze. Chi non vive la vita comune, chi si separa dalla vita comune perde, indubbiamente perde, perché è il Signore che ci ha comandato di essere insieme, è il Signore che ci vuole in un’unità, è il Signore che proprio vuole che tutti noi siamo come la prima comunità di Gerusalemme, quella descritta nella prima Lettura. Vivere insieme, operare insieme, fuggire ogni divisione e ogni malanimo, ogni critica e ogni asprezza. Essere con lui un cuor solo e un’anima sola.

E la terza conclusione è nell’ordine della missione. La Chiesa è missionaria per definizione, perché è un prolungamento di lui, nello spazio e nel tempo. Sentire che non possiamo rinchiuderci in una piccola comunità, ma che il nostro respiro dev’essere il respiro stesso della Chiesa, il respiro che va a tutto il mondo, che si preoccupa di tutte le cose del mondo, che ha l’ansietà stessa del cuore del Papa, che si estende a tutti i gravi problemi che ha la Chiesa. Sentire universalmente, pregare universalmente, offrire universalmente. Sentire che non c’è un problema della cristianità, che non debba avere un’eco nei nostri cuori.

Così, ripetiamo allora con forza, con gioia la nostra fede in Cristo risorto e camminiamo forte e camminiamo bene e camminiamo generosamente con lui e per lui.

CODICE 77DGO01361N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 17/04/1977
OCCASIONE Omelia, II Domenica in Albis Tempo Pasqua - Anno C
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Fede in Cristo risorto
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