21/04/1974 - Omelia Domenica Albis ore 6.30 e 8.15

Sant’Ilario d’Enza, 21/04/1974
Omelia, II Domenica Tempo Pasqua, Domenica in Albis - Anno C - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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At 5,12-16; Ap 1, 9-11, 12-13. 17-19; Gv 20, 19-31

MESSA ORE 6.30

Tommaso incredulo, Tommaso che cede solo all’evidenza, ma che poi prorompe in un magnifico atto di fede, uno dei migliori atti di fede che noi troviamo nel Nuovo Testamento: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20, 28). Fermiamoci un momento su questa espressione per farla nostra, perché la gioia della risurrezione produca in noi un grande aumento di fede, una fede forte, una fede spalancata, una fede attiva. “Mio”, dice Tommaso, infatti la fede deve essere personalizzata. Non posso credere in un’anonima fede di popolo. La fede è qualche cosa di così intimo, è qualche cosa che coinvolge talmente in profondità, che deve essere espressione totale dell’abbandono e dell’amore di un’anima. Perché non crede, se non chi comincia ad amare? Colui che non ama per niente certamente non crede. Fede infatti è fiducia, è fiducia in Dio, è fiducia nel suo intervento, è fiducia nella sua Parola, è fiducia nella sua Provvidenza e non si può avere fiducia ed abbandonarsi, se non nella misura stessa in cui si ha stima di una persona. La stima di Dio è sostanzialmente la stima di un amore infinito che si interessa di noi piccole creature, è la stima di un amore che non si ferma di fronte ai peccati, che non si ferma di fronte ai tradimenti, ma che dona sempre, dona in un modo infinito.

“Mio Signore” (ib.), ha detto Tommaso, “Signore” è l’abbandono a Cristo che trionfa, a Cristo che regna nelle anime, a Cristo che prende la nostra vita e dà alla nostra vita un senso suo. Quando parliamo di “Signore”, intendiamo precisamente Gesù risorto, Gesù al quale, come dice la Scrittura, sono posti in mano il cielo e la terra. E tutte le domeniche nell’ufficiatura di Vespro noi ricordiamo la profezia di Davide su Gesù, anche lì: “Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra” (Sal 110, 1). Sentire di essere di Gesù è un elemento importantissimo della fede, perché nel Battesimo ci siamo consegnati a lui, gli abbiamo detto: “Guidaci, siamo tuoi”. Vivere la fede in Cristo risorto è allora una logica conseguenza del Battesimo, vivere la fede in Gesù risorto è un attualizzare giorno per giorno quell’atto di consegna di noi stessi, che abbiamo operato nel Battesimo. È allora crescere sempre di più nella maturità dei figli di Dio, dei quali lui è diventato il primogenito.

“Mio Signore e mio Dio” (ib.): è il credere profondamente nella divinità di Gesù Cristo, è credere allora che Gesù sia proprio la più meravigliosa manifestazione del Dio infinito, è allora porre il destino della nostra vita nelle sue mani, nel suo volere, nella sua grazia.

Ci possiamo credere, possiamo credere, gli possiamo abbandonare tutto, sicuri del nostro tempo, della nostra eternità.

E le conseguenze sono evidenti: la nostra fede, dicevo, dev’essere una fede viva, una fede operante, una fede aperta. Ed è su questi termini che dobbiamo, in questo tempo di Pasqua, riformare la nostra fede perché, abbandonata così al Signore, sicura così dell’opera del Signore, possa tradursi nelle opere di fede. Poiché “la fede senza le opere è morta” (Gc 2, 17), noi vorremo giorno per giorno operare quelle cose di bontà, quelle scelte di fede che testimonieranno come Gesù è risorto perché, vedete, devono vedere in noi che Cristo è risorto, lo devono vedere dal nostro atteggiamento, dalla nostra linea, lo devono vedere da come noi siamo diversi dagli altri, pur essendo simili agli altri. Il cristiano abbraccia tutti gli elementi dell’umanità, ma porta un segno. Ecco il segno, che deve indicare a tutti che veramente Cristo è risorto e che tutti devono passare dall’incredulità alla posizione di Tommaso: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno” (Gv 20, 29), beati quelli che credono così, da potere manifestare nella loro vita la vita di Gesù, il trionfo e la grazia di Gesù.

MESSA ORE 8, 30

Dalla Liturgia di questa domenica noi dobbiamo cercare di ricavare uno dei frutti più notevoli, che si propone il tempo pasquale: è il riconoscere Cristo vivente, vivente in mezzo ai suoi, vivente nella Chiesa, perché, è proprio qui dove la Liturgia insiste. La Chiesa non è una costruzione umana, non è un’opera degli uomini, non è neppure l’insieme dei credenti, la Chiesa è qualche cosa di più, di immensamente bello: la Chiesa è il prolungamento del Cristo.

Vorrei che capissimo bene questa espressione: è prolungamento di Uno che è vivo, di Uno che è presente, di Uno che continuamente agisce e crea. Come Dio nell’universo, nella sua conservazione delle creature continua la sua creazione, così non possiamo dire che Gesù “una volta” ha fatto la Chiesa, dobbiamo dire che Cristo continuamente fa la Chiesa, continuamente la costruisce, perché la Chiesa è Corpo di Cristo, e Cristo risorto e vivente fa la sua Chiesa come lode al Padre suo, come segno e strumento di salvezza.

Ecco perché nella prima Lettura sentiamo i molti miracoli e prodigi che si operavano dagli apostoli; non erano loro, era il Signore Gesù, era lui! E perciò, alle contestazioni che avevano, gli apostoli rispondevano: “Quel Cristo che voi avete ucciso è vivente, adopera noi, ma è lui!”. Ecco perché ci insegna l’apostolo Giovanni, all’inizio del libro dell’Apocalisse, che ogni parola ha il suo valore nella Chiesa da Cristo Gesù. È lui che ci dà sicurezza: “Non temere”, dice al suo apostolo, “io sono il primo e l’ultimo”. Ogni cosa comincia da lui e ogni cosa necessariamente va a lui, il Vivente, vivo per sempre: “Ho potere sopra alla morte e sopra agli inferi”.

Ecco Cristo vittorioso della sua Chiesa, ecco Cristo Signore che trasforma le povere cose nostre in opere della sua misericordia, della sua salvezza. È lui presente, è lui operante, per cui la Sacra Scrittura non è semplicemente un suo dono e non possiamo nemmeno dire che Cristo è presente perché ci ha lasciato la Scrittura: dobbiamo dire che Cristo è presente perché parla a noi, adesso, attraverso la sua Scrittura, è lui che ci parla nella Chiesa, è lui che ci parla attraverso il suo Spirito Santo. È lui il Signore! Altrimenti, se non vediamo questo, se non sentiamo questo, se non ci confortiamo di questo siamo nelle condizioni di Tommaso, Tommaso l’incredulo, il rimproverato da Gesù. Il Signore ci richiama a questa beatitudine del saper vedere anche al di là delle apparenze, anche al di là delle situazioni, anche al di là delle miserie e delle infermità degli uomini, che portano il messaggio suo: “Beati quelli che vedono” (cfr. Gv 20, 29).

Ecco perché noi parliamo di un mistero della Chiesa, che evidentemente non è la costruzione, l’istituzione esteriore; il mistero della Chiesa sta esattamente in questa presenza continua e salvifica di Cristo. È lui che ci salva! Ecco perché dobbiamo stare bene attenti a non fermarci a cose umane, dobbiamo stare bene attenti a non essere passivi, dobbiamo stare bene attenti a non misurare solo con la nostra logica umana, perché la nostra logica umana non è la logica dello Spirito: “Le mie vie”, si può bene applicare questa parola della Bibbia, “le mie vie non sono le vostre vie, i miei sentieri sono diversi dai vostri”.

C’è una logica dello Spirito, c’è una logica della grazia, c’è una logica del Vangelo che va oltre, assolutamente oltre, che trascende ogni ragionamento puramente umano. Ridurre la Chiesa ad un fatto umano, a un gioco d’opinioni, a un’opinione personale: “Penso così, credo così, giudico così”, è un errore ed è un funesto errore. Ascoltare lo Spirito, perché è lo Spirito di Gesù.

Ed è proprio qui dove noi vogliamo benedire il Signore: “Io sarò sempre con voi”, lo aveva promesso. Sì, è sempre con noi, è sempre e in ogni momento con noi, agisce in una maniera potente e forte nella sua Chiesa; illumina, dirige con i carismi che lui stesso dona, agisce e salva.

Ascoltiamo lo Spirito Santo, poniamoci sempre in questo devoto ascolto, cerchiamo che la nostra vita sia veramente un dipendere continuamente da Cristo, un vederlo sempre. “Metti qua il tuo dito, stendi la tua mano” (Gv 20, 27). Ripetiamo anche noi: “Abbiamo visto il Signore”, “Mio Signore e mio Dio”, “Io credo nella tua opera, credo nella Chiesa, credo in ciò che tu hai fatto nella Chiesa. Credo nella Parola che mi è data in tuo nome nella Chiesa. Credo, aderisco e voglio che la mia fede sia sempre così, piena, illuminante, attiva”.

CODICE 74DMO01361N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 21/04/1974
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Pasqua, Domenica in Albis - Anno C - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Fede e amore, l’atto di fede di Tommaso
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