26/04/1981 - Omelia Domenica Albis ore 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 26/04/1981
Omelia, II Domenica di Pasqua - Anno A

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At 2, 42-47; 1 Pt 1, 3-9; Gv 20, 19-31

“Sono stati scritti, perché crediate” (Gv 20, 31).

In questa esultanza pasquale noi siamo interpellati e siamo stimolati a una grande fede, perché la fede è la nostra ricchezza, la fede è la nostra certezza, la fede è la nostra gioia. E sempre dobbiamo sentire il rimprovero di Gesù quando constatiamo che la nostra fede è debole: “Perché non credete, uomini di poca fede?” (Mt 8,26) “Se aveste tanta fede come un granello di senape, quanti prodigi potreste fare!” (Mt 17, 20). Illudersi di credere e continuare nella vita ad avere una fede smorta, una fede debole, una fede oscillante. Ecco, perché la Liturgia pone in tanta evidenza questo problema. Bisogna credere, bisogna credere con tutte le forze, bisogna credere con tutto lo slancio dell’anima, con quella fede che nasce dall’amore e produce amore che è fiducia, che è abbandono, che è soavità di fiducia e di abbandono.

Abbiamo bisogno di credere, perché la nostra vita senza la fede viva e operante è qualcosa di mediocre e di brutto. Abbiamo bisogno di credere, di credere con tutta la nostra vivacità, di credere a occhi chiusi, come ci domanda Gesù: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno” (Gv 20, 29). Per avere questa fede, dobbiamo seguire un itinerario molto logico. Prima di tutto dobbiamo porci in un grande ascolto: la preghiera ascolto, la preghiera attesa. Chi ci parla è Gesù, il Figlio di Dio. È Gesù che ci mostra le sue piaghe, cioè ci mostra il suo amore. Non è uno che non ci ama che domanda la fiducia. È uno, il Figlio di Dio, che veramente è morto per noi e nel suo corpo glorioso ha tenuto il segno delle piaghe, proprio perché per l’eternità noi vedessimo sensibilmente il suo amore. Ed è perciò nella sicurezza della sua parola e del suo amore che diciamo il nostro sì, un sì che non è puramente intellettuale, ma coinvolge tutta l’esistenza, un sì che dica: - Mio Signore, tu sei venuto a me, ti sei dato per me, io mi dono a te, mi consegno a te. Consegno a te i miei pensieri, consegno a te i miei affetti. Voglio vivere nel compiere quella volontà del Padre, che tu mi hai significato. Vengo a te col cuore pieno di amore, col cuore esultante di essere insieme a te e condividere la tua sorte e respirare del tuo stesso respiro e palpitare del tuo stesso palpito e operare a somiglianza di te. So che le cose del mondo dicono clamano tutto il contrario, ma tu Signore sei per noi la vera rivelazione di Dio e sappiamo che la tua strada è unica: Tu povero, Tu casto, Tu obbediente ci dai le norme dell’amore.

L’amore si realizza nel distacco dalle cose terrene e nell’ansia verso le cose celesti. L’amore al Padre, l’amore ai fratelli, si stabilizza così in uno slancio meraviglioso. Ecco la nostra preghiera al Signore per cui la fede ci porta a un’esperienza, a un’esperienza meravigliosa, un’esperienza non dei sensi, ma che trascende e non è meno vera, anzi è più profonda e più sicura, per cui anche noi possiamo esclamare coi discepoli: “Abbiamo visto il Signore” (Gv 20, 25). Vedere Dio nella vita, seguirlo passo per passo, non avere altro desiderio che il desiderio di Lui, altra ansia che stabilire il suo regno, perché il suo regno è regno di giustizia e di pace, di verità e di amore. Poniamoci così in questa volontà di crescita, perché tutta la nostra esistenza permeata, santificata, resa dinamica dalla fede resti a gloria del Padre e a bene di tutti.

CODICE 81DRO01361N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 26/04/1981
OCCASIONE Omelia, II Domenica di Pasqua - Anno A
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI L’itinerario della Fede: ascolto, attesa, consegna – Preghiera del “sì” al Signore
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
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