08/01/1978 - Omelia Epifania

Sant’Ilario d’Enza, 08/01/1978
Omelia, Domenica Solennità dell’Epifania

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Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3. 5-6; Mt 2, 1-12

Tutta la festa dell’Epifania è caratterizzata da un parlare di gioia, da un parlare di luce. E’ una festa veramente segnata dalla luce, perché il paragone ci colpisce profondamente. Come nella nostra vita fisica abbiamo bisogno di luce e l’uomo è molto infelice quando non ha il bene di accogliere la luce, di vedere, così è nell’ordine spirituale. L’uomo è veramente cieco senza Cristo. L’aveva profetizzato Isaia: la luce che viene, la luce per cui corrono i popoli è Gesù, è il promesso salvatore (Is 9, 1-5. 19, 20), lui la luce meravigliosa degli uomini, lui, perché li illumina riguardo a Dio, li illumina riguardo a se stessi, li illumina riguardo agli altri e al mondo. Ed è vero: noi sappiamo di Dio, sappiamo quanto è buono Dio e quanti tesori di sapienza e di misericordia sono in lui, perché lo abbiamo visto nella manifestazione di Gesù, Figlio di Dio. Noi, vedendo Gesù, abbiamo avuto la gioia incredibile di vedere Dio; noi, avendo ricevuto Gesù, abbiamo ricevuto la sicurezza di potere, al termine del nostro cammino, contemplarlo nella gloria e vedere Dio com’è “a faccia a faccia”. E abbiamo capito che la nostra vita vale per questo, vale perché è un tragitto. Andiamo verso Dio. Il termine della nostra vita, lo scopo, per cui dobbiamo compiere i nostri doveri, sta tutto lì: per vedere Dio, perchè vedere Dio è possederlo, possederlo è possedere l’infinita verità e l’infinito amore e il nostro cuore ha bisogno di verità ed ha bisogno di amore. E tutta la nostra sete e tutto il nostro tormento e tutto quello che ci agita è perché abbiamo bisogno di verità, perché abbiamo necessità di amore. Lui ci ha illuminati: non siamo fatti per la terra, siamo fatti per il cielo, perché tutte le cose del mondo non sono sufficienti a colmare la nostra fame. Il nostro cuore è troppo vasto e l’universo intero non lo può saziare. Solo Dio ci può saziare, solo l’infinito ci può rendere pienamente felici. Ecco allora che impariamo a conoscere noi stessi, che impariamo ad avere pazienza con noi stessi, a saperci dominare, a saper essere forti di fronte a tutte le tentazioni e a tutti i pericoli. Allora capiamo che anche gli altri uomini sono così e che dobbiamo stringerci gli uni con gli altri, per superare le difficoltà di questa vita, per ritrovarci nell’Epifania del cielo. Oh, come questa festa ci deve portare ad essere alacri, ad essere veramente tesi, ad essere molto forti nel nostro cammino! Come i magi, proprio come loro, per potere arrivare anche noi, per potere, nella fede, gustare le cose di Dio su questa terra come preludio alle cose eterne. Desideriamo il Paradiso, dobbiamo desiderare soprattutto il Paradiso. Chi desidera poco il Paradiso, vuol dire che si è materializzato e non vede. Chi dice di essere sazio delle povere cose di questa terra, si ciba di cose veramente vili e il suo cuore ha bisogno assoluto di purificazione. Andiamo verso il Paradiso, santifichiamo le nostre giornate. La comunità della terra deve trasformarsi nella comunità eterna del cielo, la comunità con Gesù, con Maria, la comunità dell’eterna serenità e dell’eterna pace. L’Epifania ci richiama così a quei valori che devono essere assoluti per noi, per noi che veneriamo Gesù, e devono diventare tali per tutti attraverso la nostra opera. Epifania è manifestazione anche attraverso noi. Noi dobbiamo essere le manifestazioni di Cristo, se ci lasciamo trasformare dalla grazia, se la nostra anima è veramente sensibile a questa luce, che viene dal bambino Gesù e vuole veramente compiere in noi questo miracolo: un cristiano, un altro Cristo. E sia questa volontà di Epifania che ci muove, guardando sempre alla nostra stella, alla stella della nostra fede che ci guida là in alto, in Paradiso.

CODICE 78A9O01321N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 08/01/1978
OCCASIONE Omelia, Domenica Solennità dell’Epifania
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Gesù luce
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