06/01/1985 - Omelia Epifania

Sant'Ilario d'Enza, 06/01/1985
Omelia, Domenica Solennità Epifania del Signore

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Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3. 5-6; Mt 2, 1-12

È una festa di luce. L’Epifania ci stimola ad incontrare Gesù, la vicenda dei Magi si deve ripetere per la nostra Chiesa, per la nostra comunità e per ogni anima. Ogni anima deve essere illuminata da lui, ogni anima deve cioè prendere dal Signore le verità e deve lasciarsi investire dal suo amore, corrispondendo con pienezza, perché tutta l’azione del male sta qui: impedire questa gloria del Signore dentro di noi e nella nostra vita insieme. Sì, siamo stati chiamati a partecipare di Cristo. Cristo è la nostra ricchezza, Cristo è la nostra salvezza. E come dobbiamo sapere esultare di questa rivelazione meravigliosa, così concretamente dobbiamo far sì che sia grande la nostra fede, ché aver fede vuol dire avere disponibilità, avere desiderio, avere ansia dell’incontro con Gesù. Oh, con tanta forza dobbiamo proclamare il Signore come nostro tutto, come la grande rivelazione del suo amore deve coinvolgere tutta la nostra esistenza, tutta le nostre scelte, tutte le nostre chiare e quotidiane scelte, tutte. Dobbiamo avere il gusto delle cose divine. Dobbiamo sentire che la nostra vocazione è vivere di lui, è operare come lui, che è testimoniare lui, perché la festa dell’Epifania, oltre che indicarci la manifestazione, la rivelazione, ci manifesta anche la regalità di Gesù, cui dobbiamo dunque servitù, cui dobbiamo i doni misticamente espressi nell’oro, nell’incenso e nella mirra. I nostri doni. Vivere di Cristo è una ricchezza, ma è ancora un impegno, è ancora un tributo, è ancora un porre tutto ai suoi piedi: “Prostrati, lo adorarono” (cfr. Mt 2,11), dice il Vangelo dei Magi, “Prostrati”, proprio così: “Prostrati”. Molte volte ci manca questa umiltà e quindi ci viene a mancare questo senso profondo di adorazione. Riconoscere lui vuol dire riconoscere le sue parole, vivere secondo i suoi comandamenti, svegliarci dal pericolo continuo di assuefarci, di cadere in una forma che è solo di superstizione. Bisogna che la nostra fede e la nostra religione siano schiette e forti nel riconoscere la sua grandezza, nel seguirlo, prostrati e adorarlo. Nasce di qui la partecipazione alla vera gioia che deve possedere un cristiano: “Videro la stella e provarono una grandissima gioia” (cfr. Mt 2,10). La vita del cristiano vissuta pienamente nella fede è l’unica gioia possibile e permanente in questo mondo. Il peccato porta la tristezza, l’allontanamento da Dio porta l’angoscia, dobbiamo ricordarlo sempre perché la tentazione procede da Satana, padre della menzogna. La tentazione è di cercare un’altra gioia, la tentazione è di cercare un altro modo di vivere. La vera, l’unica, suprema realtà è Cristo. A Cristo re e Signore nostro rinnoviamo la nostra adesione, rinnoviamo il tributo sincero e forte del nostro amore.

CODICE 85A5O01320N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 06/01/1985
OCCASIONE Omelia, Domenica Solennità Epifania del Signore
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione (audio disturbato)
ARGOMENTI Epifania della regalità di Gesù
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