Gn 49, 2.8-10 ; Mt 1, 1-17
Nel Vangelo che abbiamo letto viene condensata la storia di duemila anni (cfr. Mt 1, 1-17), duemila anni di preparazione e di attesa del Messia, duemila anni in cui gli interventi del Signore furono sempre più frequenti ed efficaci, perché l’umanità si preparasse a ricevere il suo Salvatore. “Venne”, dice la Scrittura, “nella pienezza dei tempi” (cfr. Eb 9, 26), venne nel mezzogiorno del tempo, perché l’uomo potesse godere tutta la luce e tutto il calore. Venne da una donna umile e povera, chiamata Maria di Nazareth e venne perché noi capissimo che Dio è infinita bontà. Venne come uno di noi, venne per noi. E allora, insieme a tutti questi che hanno aspettato il Messia, noi vediamo l’esempio più illustre nella Madonna. La Madonna è quella che ha saputo veramente completare la preparazione, è stata mirabile nella sua preparazione. Ecco perché la devozione alla Madonna è essenziale. Noi dobbiamo con piena forza aderire alle virtù teologali della Madonna, noi dobbiamo domandare a lei questa infusione grande delle virtù teologali, che ci sono state date nel Battesimo, ma che purtroppo non abbastanza abbiamo sviluppate in noi: la virtù teologale della fede, credere come ha creduto lei, con la stessa semplicità, con la stessa forza, con la dedizione totale della sua vita. Ha creduto e in lei si sono verificate le più belle virtù: la virtù di Abramo che è stata la fede, l’entusiasmo di Davide, la generosità di Ezechia. In lei vediamo risplendere questa gloria del popolo d’Israele, per questo noi la chiamiamo Regina dei patriarchi.
Noi dobbiamo aderire alla virtù teologale di Maria che è la speranza. Ella non solo ha creduto, ha sperato con assoluta certezza, ha sperato con ineffabile ardore. Ha atteso, ha saputo attendere, modello nostro in preparazione al Natale, per cui vediamo in lei tutte le speranze di questi patriarchi. In lei hanno raggiunto il culmine: l’attesa che aveva Abramo, l’attesa che aveva Giacobbe quando benediceva Giuda suo figlio, come abbiamo letto nella prima Lettura (cfr. Gen 49, 2. 8-10). La speranza di Maria è stata fortissima, perché ha avuto tanta speranza che ha abbreviato i tempi della redenzione. Il Signore è venuto da lei adempiendo in pieno le sue promesse; quelle promesse che aveva seminato nei secoli erano tutte nel cuore di Maria, nel cuore di Maria si è fatta la vera stanza in cui lui ha riposato.
Dobbiamo aderire a Maria nella sua virtù teologale della carità, perché nessuno ha saputo amare Dio come l’ha amato lei, nessuno ha saputo amare il prossimo come l’ha amato lei. Ha aderito pienamente al piano di Dio e ha saputo rinunciare al suo Gesù, lasciandolo immolare sulla croce, perché voleva che anche noi ricevessimo tutti, tutti noi, peccatori e buoni, ricevessimo la copiosa redenzione. Ecco perché noi invochiamo la Madonna, l’invochiamo e vogliamo far sì che i suoi sentimenti siano i nostri, particolarmente quando partecipiamo all’Eucaristia, quando aderiamo alla Messa, quando di nuovo vediamo sull’altare, per un prodigio che si ripete continuamente, il corpo del Signore. L’Eucaristia va creduta, l’Eucaristia è oggetto della nostra speranza e centro della nostra carità. Sarà così che noi veramente ci prepareremo bene al Natale sempre più uniti a lei.
CODICE | 76NGN01312N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 17/12/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Venerdì Feria Avvento, Novena Natale - III giorno |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | L’attesa |
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