Gdc 13, 2-7. 24-25; Lc 1, 5-25
C’è la gioia all’annuncio della salvezza, una gioia di Spirito Santo, una gioia incontenibile e profonda.
Noi pensiamo a quanti avrebbero potuto partecipare della gioia di questo annuncio, noi pensiamo quanti ancora, nel Natale, potrebbero avere la stessa magnifica gioia e non l’avranno. Perché? Perché non hanno il cuore adatto, non hanno il cuore sgombro, non hanno l’anima libera.
Da secoli gli Ebrei attendevano il Messia, era stato il sospiro dei patriarchi, era stato l’annuncio dei profeti. Tutto il popolo era stato educato a vivere come il popolo del Messia, ma, quando viene Gesù, solo pochi lo accolgono, pochissimi e sono, lo sappiamo, i poveri. Gesù aveva intorno a sé i bimbi, i poveri, coloro che soffrivano. Intorno alla grotta di Betlemme vedremo chiamati quelli che possono capire: sono i poveri.
E allora, se voi volete passare il Natale in un’intimità di gioia, in una grande crescita di fede e di speranza, guardate se vi potete mettere nell’ordine di questa povertà. Dirà Gesù: “Beati i poveri in spirito”, definendo bene che cosa si intende per povertà, cioè il distacco, cioè il non confidare nelle cose della terra, il non finalizzare nelle cose della terra, ma avere il cuore sgombro per desiderare le cose di Dio.
Noi dobbiamo interrogarci a lungo, perché è molto facile che il nostro attaccamento sia un attaccamento più profondo di quello che non pensiamo, sia un calcolo sul quale noi in fondo basiamo la nostra felicità.
Bisogna sentire Dio il Tutto e il Primo. Bisogna lasciarci condurre dallo Spirito nella scelta delle cose, che formano gli oggetti del nostro interesse. Bisogna che noi non ci limitiamo a dei desideri e a delle parole, ma scendiamo in pratica, scendiamo in pratica disprezzando quelle cose che l’egoismo vorrebbe ammassare in noi, disprezzando quelle cose che per noi diventano degli idoli.
Dobbiamo cercare con umiltà di discutere i nostri comodi, di discutere i nostri agi, di discutere quello che in fondo sembra una regola comune di benessere.
Dobbiamo pensare di più a chi in realtà è povero e ha bisogno della nostra solidarietà e della nostra parola, della nostra carità.
Dobbiamo sentirci vicini di più nella pratica a coloro che soffrono.
Dobbiamo desiderare anche noi di essere dei veri fratelli di coloro che sono nella necessità.
Scendere in pratica, essere veramente convinti che noi in fondo abbiamo ciò che abbiamo donato, che noi in fondo dobbiamo ritenere vera ricchezza solo quello che è ricchezza d’eternità. “Fatevi un tesoro nel cielo, dove nessuno ve lo può strappare” (cfr. Lc 12, 33-34).
Ecco, è in questa ricerca del tesoro del cielo che noi accresceremo la nostra fraternità, la nostra amicizia e perciò veramente onoreremo il Signore negli altri, troveremo Gesù nel cuore di quelli che, bisognosi, ci danno la partecipazione più bella, che è la partecipazione all’amore del Signore.
CODICE | 78NIN01312N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 19/12/1978 |
OCCASIONE | Omelia, Martedì Feria Avvento, Novena Natale - V giorno |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Povertà |
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