17/12/1774 - Omelia Feria verso Natale Novena Natale 3

Sant’Ilario d’Enza, 17/12/1974 martedì
Omelia Feria verso Natale, Novena di Natale, III giorno

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Gn 49, 2. 8-10; Sal 71; Mt 1, 1-17.

La liturgia della Messa di stasera mette in rilievo come Gesù è nato dagli uomini, è uomo lui stesso, un uomo come noi. Profetizzato da Giacobbe come un suo discendente, ecco che Matteo sottolinea gli antenati di Gesù fino ad Abramo. E passano tutti questi nomi: uomini buoni, uomini cattivi e uomini mediocri; uomini, donne, così, come le persone comuni dell’umanità. Gesù è nato dai peccatori perché ha voluto essere come noi. Ha voluto essere sacerdote che comprende e che può intercedere perché sa.

Ecco che questa sera noi vogliamo meditare su questa umanità di Gesù, passibile come la nostra, un’umanità che ha sofferto come soffriamo noi; anzi, ha sofferto più di ogni uomo. E vogliamo sentire molto più vicino a noi Gesù, non sentirlo distante, una divinità lontana. Sentirlo uno che ha sofferto le sofferenze dello spirito come noi, che ha sopportato le sofferenze fisiche, che ha pianto, che ha sofferto la fame, che ha patito il caldo, che ha sofferto il freddo. Uno di noi, proprio come uno di noi.

Gesù ha preso questa nostra umanità e l’ha resa lo strumento della grande, universale salvezza. Ci ha redento perché ha preso tutta la nostra umanità. Senza quest’umanità non avrebbe potuto. La santa umanità di Gesù noi l’adoreremo e la benediremo per tutti i secoli, per tutta l’eternità perché è l’umanità dalla quale è venuto a noi ogni bene e noi sappiamo che quest’umanità la vediamo così come lui l’ha indicata dopo la sua resurrezione: “Mettete – diceva agli apostoli – le vostre mani nel segno dei chiodi” (Lc 24, 39). Lo ripeteva a Tommaso: “Non essere incredulo, sii credente” (Gv 20, 27). Ha voluto conservare nel suo corpo glorioso i segni della sua Passione per ricordarci il valore che ha assunto nella sua vita la sofferenza.

Stasera noi dobbiamo imparare da Gesù a rendere la nostra umanità, la nostra debolezza umana, strumento della nostra santificazione e strumento, unito a Gesù, per la redenzione del mondo. Dobbiamo imparare a soffrire. Che cosa, infatti, opera particolarmente la redenzione, se non la sofferenza accettata, amata e offerta? Dobbiamo pregare perché la beatitudine “Beati coloro che soffrono perché saranno consolati” diventi la beatitudine di tutti quelli che sono ammalati o che in qualche maniera hanno qualcosa da soffrire. Bisogna imparare a vedere quale gran tesoro c’è nella sofferenza. Colui che giudica umanamente si ribella, la rifiuta, si lamenta; colui che la vede nel piano di Dio abbraccia la croce e dice: “Signore, io mi unisco a Te”.

Preghiamo allora per essere capaci di soffrire, preghiamo per tutti i nostri ammalati perché sappiano offrire, sappiano andare incontro a quello che la Beata Vergine chiedeva nelle sue apparizioni alla Salette, a Lourdes, a Fatima: “Bisogna far penitenza, cioè bisogna soffrire per la salvezza, per la conversione dei peccatori”. Ed è qui, per i nostri peccati, come valore d’espiazione per i peccati del mondo, dove la penitenza della sofferenza è veramente e intensamente preziosa.

CODICE 74NGN01312N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 17/12/1974 martedì
OCCASIONE Omelia Feria verso Natale, Novena di Natale, III giorno
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI L’umanità di Gesù – Beati coloro che soffrono…
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