At 10,34. 37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9
“Correvano insieme tutti e due”. È un fatto e nello stesso tempo è un simbolo. Pietro e Giovanni all’annuncio della Risurrezione si sono messi a correre. Sono corsi per essere investiti dalla luce del Risorto. È un simbolo. Ogni uomo deve porsi con uno spirito di grande fede, per ricevere la luce che promana da Cristo Signore. Deve spiritualmente correre perché i grandi fatti di fede possono trovare in noi diversi atteggiamenti. C’è un atteggiamento superficiale che si ferma all’esteriorità. C’è invece la riflessione profonda che occupa tutta l’anima e porta tutta la vita a Cristo. Io voglio augurarvi questo atteggiamento. Un atteggiamento di grande umile fede, un atteggiamento di grande attesa, un atteggiamento di grande carità. Perché Cristo è risorto, ha salvato l’umanità, Cristo è in mezzo a noi. Cristo rinnova la grazia della sua risurrezione per tutte le anime che sanno accogliere. Molte volte l’augurio di buona Pasqua non è inteso nella fede, è semplicemente una consuetudine che non produce gioia, che non produce un aumento della carità, dell’amore che noi dobbiamo alimentare verso di Lui e verso il nostro prossimo, perché la risurrezione non è solo gaudio, è responsabilità. Cristo non è apparso ai suoi nemici, non è andato nel Tempio di Gerusalemme e si è fatto vedere ai sacerdoti e ai farisei che lo avevano crocefisso. Non lo ha fatto e lo poteva fare. È legittimo chiedersi perché. Non lo ha fatto perché i suoi nemici si erano posti fuori dalla grazia, i suoi nemici si erano posti fuori dalla salvezza. La grazia della risurrezione, la grazia di riconoscerlo risorto è la grazia della salvezza. E il Signore l’ha data ai suoi, l’ha data a tutti coloro che riconoscevano in Lui il principio vero dell’umanità nuova. Cristo appare a noi nella fede secondo le nostre disposizioni. Appare a noi nella fede e vuole da ognuno di noi una disposizione e una risposta. Vuole una risposta. E che risposta gli daremo oggi? Quale sarà la parola che gli indirizziamo? La sua Parola risuona alta: “La pace sia con voi”. E la nostra? Riconosciamo in Cristo risorto tutto quello che dobbiamo riconoscere? Cerchiamo di lievitare la nostra vita secondo i suoi comandamenti? O tanta parte della nostra vita non è sua? Non gli appartiene? Non la riconosce? Perché tanta parte della nostra vita è solo umana, nel senso deteriore della parola: è egoistica, è orgogliosa, è consumistica, affondata nelle cose materiali e passeggere. Ecco, la Parola di Cristo ci esorta. La Parola di Cristo ci preme e ci deve afferrare. La nostra risposta è consegnare a Lui la nostra vita e la nostra speranza, è rendere tutta la nostra vita autenticamente cristiana, fervida, è rendere la nostra esistenza conforme al suo esempio. Cristo ci ha dato l’esempio perché, come ha fatto Lui, così facciamo anche noi. La sua presenza nella Chiesa, la sua azione nella Chiesa è piena e grande e noi non possiamo essere dei cristiani mediocri, dei cristiani che tirano via e che non realizzano, che non danno il buon esempio, che non si fanno sentire nell’ambiente dove vivono e dove operano, che non danno testimonianza a Cristo risorto. La nostra risposta completa sta proprio in questa parola: dare testimonianza. Gli altri devono capire che Cristo è risorto dallo stile della nostra vita, dal nostro modo di agire e di parlare, devono capire da noi che c’è Cristo vicino a noi, il Vivente, il Risorto che ci dà quel coraggio che non abbiamo, che ci dà quel senso della vita che noi certo non possiamo per niente tenere. Resti quindi il nostro augurio, l’augurio di essere veri, autentici, di essere pieni testimoni della sua meravigliosa risurrezione.
CODICE | 79DEO01360N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 15/04/1979 |
OCCASIONE | Omelia, Giorno di Pasqua |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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