15/01/1976 - Omelia Giovedi I Ord San Mauro

Sant'Ilario d'Enza, 15/01/1976
Omelia, Giovedì I settimana Tempo Ordinario, Memoria san Mauro

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1 Sam 4, 1-11; Mc 1, 40-45

Ricordiamo San Mauro. Quanti secoli ci separano da lui! Lo ricordiamo per la sua linea di spiritualità così chiara e così forte, era un discepolo di san Benedetto. Lo ricordiamo in un momento terribile di anarchia, era crollato l’Impero romano, era un tempo di rivolgimenti sociali terribili: l’irruzione dei barbari, lo sfacelo di tutta quella che era stata una civiltà anteriore. Era un tempo nel quale un grande Papa, san Gregorio Magno, vedeva avvicinarsi la fine del mondo, tanto gli sembravano i segni annunciati nel famoso discorso di Gesù. L’esempio dell’Ordine monastico dei Benedettini fu proprio in questa loro spiritualità, una spiritualità forte. Il Monachesimo proclamava di fronte al mondo la validità di quello che è lo spirituale, la validità di ciò che viene dall’alto. E ancora proclamava che nel servizio agli altri,non nella sopraffazione agli altri, si ha la propria vera personalità, che l’ordine, la pace sociale sarebbe venuta così in un vero amore evangelico, in una costituzione di una società veramente impostata secondo gli insegnamenti delle comunità apostoliche.

I monaci si riunivano in questo spirito di comunità, sapevano aiutarsi l’un l’altro per aiutare i poveri. I monasteri benedettini diventeranno il centro della nuova civiltà e in san Mauro ebbe spicco notevole il suo spirito di umiltà, di servizio, di obbedienza. Ecco l’esempio che guardiamo, un uomo allora non assorbito in cose astratte e lontane, un uomo molto concreto, che secondo l’insegnamento di san Benedetto passava la giornata nel pregare e nel lavorare, che secondo l’insegnamento di san Benedetto riceveva i poveri, andava incontro a loro. Ricevevano gli oppressi, li aiutavano a redimersi, insegnavano loro a lavorare e a riscattarsi. Ecco un uomo che ci insegna il dovere.

Nella prima Lettura noi abbiamo visto gli ebrei, che non confidavano più nella protezione di Dio, intendendo la religione un esercizio dei comandamenti, ma la loro religiosità era diventata fanatismo. Confidavano nell’arca come in un portafortuna e furono sconfitti. È necessario, ed è evidente, che noi misuriamo sempre la nostra religiosità, per non farla consistere in certi gesti, in certe cose, senza andare alla sostanza. La sostanza della nostra fede è la carità, è il servizio, è la disponibilità a tutte le opere di Dio e a tutte le necessità del prossimo.

Dobbiamo imparare da san Mauro ad essere ben forti nella nostra spiritualità, centrati bene, dobbiamo imparare da lui il senso della Chiesa, il senso della carità fraterna, il senso dell’obbedienza nella ricerca della volontà di Dio, obbedienza intesa allora non come passività, ma intesa come l’ha intesa Gesù che ha ubbidito al Padre, non per esonerarsi dalle sue responsabilità, ma per compierle nella perfezione.

Vogliamo invocare il santo, perché la nostra vita di preghiera sia veramente preghiera sentita profondamente nella Liturgia. È necessario che noi allora invochiamo questo santo come nostro protettore, perché ognuno di noi cerchi di migliorare se stesso, facendo della propria fede la propria quotidiana esperienza, il proprio quotidiano lavoro di testimonianza.

CODICE 76AEO01330N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 15/01/1976
OCCASIONE Omelia, Giovedì I settimana Tempo Ordinario, Memoria san Mauro
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI San Mauro, il valore della spiritualità
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