28/01/1988 - Omelia Giovedi III Ord

2 Sam 7,18-19. 24-29; Mc 4, 21-25.

La luce deve risplendere e deve risplendere in tutta la casa. Le parole del Signore ci urgono, perché Lui ci ha dato la sua luce e noi, forse, troppe volte la mettiamo sotto il moggio, la mettiamo in un angolo. La sua luce è luce di sapienza, è luce di amore.

Dobbiamo capire bene quant’è la nostra responsabilità, noi che abbiamo avuto la sua parola, noi che abbiamo avuto la sua illuminazione, noi che abbiamo avuto tanta ricchezza di grazia.

Un cristiano è chiamato a testimoniare, è chiamato cioè a far vedere come l’unica strada valida, l’unica scelta è la scelta di Cristo; non c’è altra scelta che possa competere. È l’unica scelta!

Dobbiamo capire il dono di Dio e corrispondere con amore. Noi non diffondiamo la luce, perché non abbiamo abbastanza amore. È l’amore che dobbiamo cercare; è l’amore che dobbiamo volere con pienezza perché “a chi ha, sarà dato”. È questa la ricchezza che dobbiamo conquistare: molto amore, tanto amore da penetrare nella luce di Dio ed essere veramente i suoi servi, i servi che vigilano con le lampade accese, che sanno compiere fin in fondo il loro dovere.

Verso la fine della vita, a san Tommaso d’Aquino, di cui celebriamo la festa, sembrava che tutte quelle mirabili cose che aveva scritto, che aveva meditato, tutte quelle cose fossero come paglia in confronto della visione di amore che aveva.

Quanto dobbiamo capire la Parola del Signore: “A chi ha, sarà dato”!

Dobbiamo aprire la strada ad un vero amore di Dio, a una vera corrispondenza di amore, ad una docilità totale allo Spirito. Lasciarci permeare dall’amore per avere sempre più amore, per testimoniare l’amore. E così sentiremo in pieno la gioia della nostra vocazione, la gioia di essere veramente suoi: suoi per Lui, sempre, in tutto.