07/02/1985 - Omelia Giovedi IV Ord

Eb 12, 18-19. 21-24; Mc 6, 7-13

“Li mandò”. Ogni cristiano è un inviato. Ad ogni cristiano c’è forte questo precetto: andare, cioè portare la Parola di Dio, portare l’annuncio, portare lui, il Signore Gesù. Evangelizzare è prima di tutto un atto di amore doveroso e grande verso il Signore. Noi non possiamo dire che veramente lo amiamo, se non cerchiamo anche che sia amato, che tutti gli uomini trovino in lui la loro ricchezza e la loro gioia, un atto d’amore al Padre che ci ha dato Gesù, un atto d’amore forte e generoso, un ubbidire al Signore Gesù. Se non c’è l’amore di Dio, nessuno evangelizza bene. Se non c’è l’amore di Dio, si dicono solo delle parole vuote, si porta se stessi non lui, si portano le proprie idee non il suo insegnamento.

Ed è ancora un atto d’amore verso i fratelli, perché il bene più grande che l’uomo può avere su questa terra, il bene più grande che l’uomo può avere per l’eternità è la grazia di Dio, è la fede, è il possedere la certezza di salvare la propria anima. Oh sì, quanto è grande il compiere l’evangelizzazione! Prima ancora del pane, prima ancora di ogni bene umano, c’è il bene divino, il bene di possedere la verità di Dio, di essere investiti dal suo amore, di seguire la sua strada, perché niente varrebbe il portare tutti gli agi umani, se gli uomini non vivessero nel timore e nell’amore di Dio. Niente varrebbe! Anche quando si portano i beni materiali, è per poter dar loro i beni spirituali, quelli che non vengono a meno, quelli che durano per sempre, quelli che fanno la vera felicità dell’uomo.

Cerchiamo allora di vedere con chiarezza il nostro dovere, vediamo come cerchiamo di essere consci di questa importantissima opera: dare Gesù, dare il suo amore, dare a tutti quelli che avviciniamo il senso del divino, il senso dell’eterno.

Ogni cristiano deve essere apostolo, ogni cristiano deve così maturare il suo dono e il suo apostolato in pienezza totale.