Eb 12, 18-19. 21-24; Mc 6, 7-13
Stasera facciamo il trigesimo di suffragio per un’anima che ha capito la sua posizione nella Chiesa, che ha donato quanto era nelle sue possibilità per il bene delle anime, per l’affermazione dei principi di verità e di carità. Vorrei che la nostra meditazione fosse proprio nell’ordine stesso del testo di Marco, che adesso abbiamo ascoltato. Ecco l’opera della Chiesa: “Gesù mandò”, è lui, nessuno può arrogarsi il diritto di andare di sua iniziativa. Il Vangelo non è andare, così, in un’interpretazione personale e anarchica; il Vangelo vero è quello così nella Chiesa, è sentire che la Chiesa continua la missione di Cristo e ne partecipa ai fratelli.
Fare il catechismo ai bambini, fare apostolato, fare delle opere è dunque in ordine alla nostra posizione nella Chiesa. Uno non fa il catechismo, se non perché è mandato e accetta la missione; accetta la missione, così, da Gesù in un’intima persuasione, in un'obbedienza allo Spirito e in un’obbedienza alla Chiesa, dove è lo Spirito, perché l’anima della Chiesa è lui ed è lo Spirito Santo.
Sentire allora come il fare dell’apostolato non è che innestarsi in quest’opera universale: “Li mandò… ordinò loro… e poi diceva: se vi succede questo … se vi succede quest’altro… dovete fare così…” (cfr. Mc 6, 7-13). Ecco, fare apostolato è un’obbedienza, fare apostolato è ascoltare il Signore, è ascoltarlo con l’anima aperta, è ubbidirgli in tutto. Non si fa così come un’altra cosa umana, come una propaganda di qualsiasi altro genere. Erano grandi gli apostoli, erano degli adulti, ma osservate le indicazioni che dà, sono indicazioni precise. Non è dunque la questione di immaturità, non è la questione di non essere dei cristiani grandi.
Essere ubbidienti alla Chiesa è essere semplicemente dei buoni cristiani, perché il Signore ci vuole così, ben sapendo come il fare dell’apostolato è un mettersi nel suo Spirito, è un mettersi sulle sue orme, questo evidentemente non è da ognuno, ma è da lui. Fare dell’apostolato non è un piacere che si fa al Signore, è un onore, è un privilegio che ci dà il Signore e un privilegio bisogna tradurlo così, com’è indicato.
Vorrei allora che sentissimo, questa sera in modo speciale, come la nostra posizione nella Chiesa è una posizione di generosità, è una posizione di umiltà, è una posizione di ubbidienza.
Dicevamo domenica, parlando della profezia: ognuno di noi deve sentire questa meravigliosa qualità, questo dono che abbiamo ricevuto nel Battesimo, nella nostra somiglianza con Cristo. Ecco la prosecuzione del nostro discorso: per essere veramente in quell’ordine, dobbiamo essere molto generosi, darci! Dobbiamo esser molto umili, vincere tutto il nostro orgoglio! Dobbiamo essere ubbidienti, riconoscendo che il Signore ha fatto la sua Chiesa come un corpo e, nella sua Chiesa, noi dobbiamo ubbidire al capo che è Cristo e a coloro che tengono il posto di Cristo. In quest’ordine allora maturiamo noi stessi e quando parliamo e quando vogliamo agire e quando c’interessiamo dell’apostolato, tentiamo di compiere qualche cosa di assolutamente grande, di assolutamente sacro, che non è dunque in balìa delle nostre disposizioni del momento, tanto meno dei nostri capricci, ma deve essere… (Interrotta)
CODICE | 76B4O01333F |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 05/02/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì IV settimana Tempo Ordinario, Messa trigesimo |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione (troncata) |
ARGOMENTI | Obbedienza nella Chiesa |
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