20/03/1980 - Omelia Giovedi IV Quar

Sant’Ilario d’Enza, 20/03/1980
Omelia, Giovedì IV settimana Tempo di Quaresima

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Es 32,7-14; Gv 5,31-47

L’elogio più grande è stato fatto da Gesù a Giovanni Battista. Gesù lo chiama una lampada, una lampada che arde e risplende. Il cuore di Giovanni Battista era pieno di amore, ardeva, non lo sappiamo che dalla Verità stessa, è Gesù che lo dice. Giovanni Battista ardeva, tutta la sua vita era per Iddio e tutta la sua vita era per la salvezza del prossimo: ardeva e risplendeva. Giovanni amava così tanto Dio da offrirgli tutta la sequenza di una vita penitente e mortificata, di una vita umile, ignorata dagli uomini, ma potente. Vorrei che guardassimo stasera a Giovanni Battista come ieri abbiamo guardato a san Giuseppe, sono i due santi che risplendono nella luce di Gesù. Giovanni Battista ci è un esempio per la nostra quaresima, un esempio vivo e stimolante, perché noi cominciamo troppe volte a fare penitenza e le nostre penitenze sono piccole, forse sono ridicole tanto sono piccole, ma non duriamo neanche in quelle piccole penitenze. Noi facciamo dei propositi di preghiera, ma non siamo fedeli, ci stanchiamo subito, ci distraiamo o prendiamo la preghiera in un senso egoistico. Noi cominciamo molte volte a fare delle opere di bene, ma poi finiscono sempre in confusione, dimentichiamo le nostre promesse e ci assomigliamo proprio, ce lo dice il salmo, ci assomigliamo proprio agli Ebrei nel deserto che scambiarono la gloria di Dio con la figura di un toro che mangia fieno. Scambiarono la cosa più grande, meravigliosa, la gloria di Dio, la manifestazione di Dio, l’amore di Dio e tutto questo lo dimenticarono per fabbricarsi un toro che mangia fieno e dire: questi qui sono gli dei che ti hanno preso fuori dall’Egitto. Dimenticarono Dio che li aveva salvati, che aveva operato in Egitto cose grandi. Ecco, facciamo così purtroppo anche noi. Ci avviciniamo all’ultima parte della quaresima: poveri noi se siamo fiacchi, se siamo ancora più fiacchi, se ci trasciniamo pietosamente e le nostre liturgie non hanno quello che dovrebbero avere, non hanno quella presenza che dovrebbe esserci, quell’ardore che ci dovrebbe essere. Guardiamo a Giovanni Battista, alla sua perseverante preghiera nel deserto; rimaneva da solo là nella steppa, solo in mezzo agli animali selvatici e le giornate si susseguivano ma non lo stancavano: solo, pregava sempre. Guardiamo Giovanni Battista: “Che cosa fa nel deserto?”, è sempre Gesù che parla, “chi avete trovato nel deserto? Un uomo vestito con delle vesti molli? Avete trovato uno che banchetta bene? Chi avete trovato?” Giovanni Battista aveva una vita estremamente penitente, osserva l’evangelista: “Il suo cibo era il miele selvatico raccolto negli anfratti della steppa e le locuste”, le cavallette che saltavano nella steppa. Una vita così. Quale esempio per noi che non riusciamo a cancellare i nostri peccati, perché non abbiamo nessuna perseveranza e siamo sempre come dei bambini sciocchi, che cominciano una cosa e non la finiscono mai. Giovanni Battista, dopo la sua preghiera e la sua penitenza, è andato a evangelizzare e ha preparato la venuta di Gesù. È andato a evangelizzare: “Vi porto una notizia buona: c’è il Messia” e testimonierà e vorrà sparire “Bisogna che io diminuisca”, vorrà sparire davanti a Gesù perché regni solo Lui e morirà martire della verità, di quella verità che annunciava con tutta la spinta del suo animo temprato nella preghiera e nella penitenza. Ecco l’esempio della evangelizzazione, ecco la fedeltà allo Spirito Santo ospite dell’anima. Raccogliamo dunque i nostri propositi e cerchiamo in questo poco tempo che ci rimane, di intensificare la nostra quaresima, di essere fedeli fino in fondo, almeno cominciare a essere fedeli per costruire, per collaborare con lo Spirito Santo.

CODICE 80CLQ01343N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 20/03/1980
OCCASIONE Omelia, Giovedì IV settimana Tempo di Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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