“Aprì loro la mente perché capissero le Scritture”.
Questo tempo di Pasqua è per capire, è per capire più profondamente nel mistero del Cristo, è per una relazione più forte e più grande con Lui e insieme con Lui al Padre.
Egli ci ha insegnato a chiamare con un nome soave Dio, ci ha detto: “Quando pregate dite così: Padre nostro”. E le prime generazioni cristiane avevano compreso fino in fondo questa grande soavità e questa grande gioia di scoprire come Dio sia Padre: Abbà, Padre, Padre mio.
E’ in questa tenerezza che il Signore ci vuole con se’. Noi dobbiamo comprendere come, essendo risorto Gesù e avendo pagato per noi, le nostre relazioni con Dio sono delle relazioni figliali, delle relazioni amichevoli, delle relazioni che vengono fissate bene con la parola amore.
Dio ci ama e ci ama in Cristo, ci ama come ama suo Figlio, ci ama e vuole per noi la ricchezza di ogni bene, perché avendoci dato Gesù, in Gesù ci ha donato tutto.
Il Padre ci ama e vuole che noi entriamo nella sua volontà. Comprendiamo come la nostra felicità sia nel fare quello che Lui vuole, comprendiamo come la preghiera non dev’essere un tentativo di costringere Dio a fare la nostra volontà, ma la preghiera è un’apertura per capire i disegni di Dio su di noi, per abbracciare questa volontà di Dio che, noi sappiamo, supera tutte le nostre attese e tutti i nostri desideri.
Noi immaginiamo sempre di essere tanto intelligenti e tanto abili da fare le domande più giuste e più appropriate a Dio, ci immaginiamo di saper bene dov’è la nostra felicità: è un grande errore. La nostra felicità sta nel percorrere il sentiero che Dio ha tracciato per noi, è percorrerlo con generosità e con confidenza. La chiamata che ci fa Dio è una chiama a una grande, meravigliosa felicità, proprio perché Lui ci ama e sa Lui quello che ci fa bene e conosce Lui quello che ci fa male.
Cristo, ripeteva Gesù ai discepoli di Emmaus, doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno; loro si erano scandalizzati perché guardavano la morte del Cristo come la somma di tutte le sciagure, come il fallimento totale di un’opera di salvezza. E Gesù richiama loro questa grande verità: Dio sa molto di più di noi, ci ama oltre a ogni nostra immaginazione, se ha permesso la morte del Figlio suo l’ha permessa per trarne un immenso bene per tutta quanta l’umanità.
Ecco, è in questo senso che noi nel tempo pasquale dobbiamo aprirci, aprirci a una preghiera intelligente, a una preghiera che accolga la parola di Dio, che accolga ciò che Dio vuol significare a noi.
La nostra preghiera diventerà allora una vera preghiera intelligente, dell’intelligenza della fede, dell’intelligenza dell’amore.
CODICE | 79DIO01360N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 19/04/1979 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì Ottava Pasqua |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La preghiera intelligente |
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