04/04/1974 - Omelia Giovedi V Quar

Sant’Ilario d’Enza, 04/04/1974
Omelia, Giovedì V Settimana Tempo Quaresima

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Gn 17,3-9; Gv 8,51-59

Non volevano la verità perciò insorgevano contro la Verità. Non stavano a guardare se era giusto. Il loro cuore era troppo duro. Commenterà sant’Agostino: “Rifiutavano la Verità, perché non avevano amore”. Erano cuori senza amore. La verità viene da Dio. E la verità ci è data da Dio per amore. Dobbiamo perciò accogliere con uguale sentimento. Se Dio ci dà per amore, noi dobbiamo saper raccogliere nell’amore. E in pratica cosa vuol dire? Vuol dire che noi dobbiamo ricevere il dono di Dio, buttando via, cercando di estirpare dal nostro animo tutti quegli interessi egoistici che ci impediscono una comunicazione piena di verità. Perché è il nostro egoismo che dunque rifiuta. Cos’è il peccato? È l’amore di se stessi spinto fino al disprezzo di Dio. Cos’è allora la conversione? È l’amore di Dio portato fino al disprezzo di noi stessi. Intendete: disprezzo di noi stessi, di questa parte cattiva, di questa parte egoistica, di questa parte brutta che ognuno di noi deve riconoscere in sé. La difficoltà della nostra conversione sta proprio qui: nell’individuare quegli elementi di egoismo che ci impediscono un sì completo a Dio e nell’avere il coraggio di accogliere tutto, non solo qualche cosa. Tutto quello che il Signore vuole comunicarci, che la verità brucia, che la verità ci vuole purificare, che la verità vuole proporzionare le cose. Ecco perché molte volte siamo parziali nei giudizi, siamo angolati male, perché giudichiamo, perché aspiriamo, perché vogliamo delle cose non diverse da quello che è la nostra gloria. Voi sapete che la parola è presa proprio da Gesù: “Voi cercate la vostra gloria”. Gesù cercava la gloria del Padre suo. Ecco allora che stasera di fronte alla magnifica affermazione di Gesù: lui è la verità, lui è Dio, noi dobbiamo sempre più accelerare i propositi della nostra vera trasformazione, guardando fino in fondo al nostro cuore, a quei difetti che ci rendono meno efficaci, meno responsabili, meno impegnati, a quei difetti che ci impediscono tanta abbondanza di grazia e tanta comunicazione con i nostri fratelli. Bisogna che noi ci impegniamo fino in fondo. Cos’è che ci può rendere più aperto il nostro dialogo in famiglia, la nostra comunicazione e il nostro servizio in famiglia? Che cosa ci può rendere più bello il nostro rapporto con gli altri, con gli amici, con quelli che vivono vicino a noi, con quelli che lavorano vicino a noi? Che cosa è fino adesso che ci ha impedito una comunione più forte, una partecipazione più piena a ciò che è negli altri, a ciò che negli altri rappresenta una gioia o rappresenta un dolore? Ecco, avere questo coraggio. Non dunque raccogliere le pietre, cioè metterci in posizione di offesa, una offesa-difesa, ma essere pronti e generosi così come nella prima lettura abbiamo visto che è stato chiesto ad Abramo: “Ti renderò molto, molto fecondo, ma da parte tua devi osservare la mia alleanza”. La fecondità dell’amore cristiano, della verità cristiana: “Io vi farò”, aveva detto Gesù agli apostoli, “pescatori di uomini”. Ma a un patto: osservare l’alleanza, cioè restare in quella sostanziale fedeltà di Dio, che è ricordata nel salmo responsoriale: “Il Signore è fedele per sempre” e che noi dobbiamo cercare di imitare essendo anche noi pronti e fedeli sempre, in ogni nostra giornata.

CODICE 74D3Q01344N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 04/04/1974
OCCASIONE Omelia, Giovedì V Settimana Tempo Quaresima
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
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