Gn 17,3-9; Gv 8,51-59
“Se uno osserva la mia parola non vedrà mai la morte”, perché la Sua parola è la parola di Dio, la Sua parola è la parola dell’Eterno e dell’Onnipotente, una parola che perciò non può venire meno.
Tutta la nostra fede è lì: il ritenere fermamente che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio, che Gesù di Nazareth è venuto per noi, che avendo Lui abbiamo Dio, che avendo Lui abbiamo sicuro accesso al Padre.
Ha detto Gesù: “Io lo conosco”. Sì, le ineffabili relazioni di Gesù con il Padre, certo, non possiamo conoscerle fino in fondo, sappiamo però una cosa: che a queste relazioni noi siamo associati, Gesù ci unisce a sé, ci unisce con una forza e un amore indistruttibili. È lo Spirito Santo che unisce le membra al capo. Noi, uniti a Gesù, abbiamo la sua preghiera, la sua supplica, abbiamo il suo sacrificio. Ecco perché siamo ricchi: perché abbiamo Gesù, perché la nostra povera preghiera, le nostre opere buone, così misere, hanno in Lui il sigillo, Lui le fa sue e in Lui possiamo molto.
Il significato della liturgia è sostanzialmente qui. Quando, come Chiesa, ci uniamo a Gesù, quando preghiamo, celebriamo con Lui, quando con Lui offriamo il sacrificio, noi veramente diamo gloria al Padre, diamo salvezza al mondo. Per questo il Concilio Vaticano II ha detto: “La liturgia è il culmine di tutta la vita della Chiesa e ne è ancora la sorgente”.
La nostra unione stretta a Gesù. Quanto ci dobbiamo preoccupare di partecipare alla liturgia coscienti, responsabili, cercando l’unione stretta con Gesù e il fare nostri i suoi sentimenti.
La liturgia è il culmine perché realizza veramente quella che è la finalità della Chiesa: “Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo”, quella che è la missione che la Chiesa ha per il mondo.
Dobbiamo cercare di essere allora impegnati perché la liturgia, tutta la liturgia, ma particolarmente la liturgia eucaristica, sia nostro sommo studio e nostro grande amore. Tutto: i nostri atteggiamenti, le nostre parole, i nostri canti. Tutto deve essere curato con grande precisione e con grande generosità e amore. Tutti, tutti, nessuno deve essere spettatore, nessuno deve essere assente, nessuno deve essere estraneo. Non dobbiamo essere delle persone semplicemente accostate, ma delle persone che sentono che lo Spirito ci unisce e rende la nostra unione efficace perché è unione con Gesù.
Cerchiamo allora una riflessione profonda e guardiamo com’è il nostro posto, il nostro fervore nella liturgia. Andiamo verso la settimana santa, che della vita liturgica, è il cuore.
Cerchiamo allora di prepararci bene, di avere un animo sensibile e attento e saranno grandissimi i frutti che ne ricaveremo per le nostre singole anime e per tutta la comunità.
CODICE | 82D0Q01344N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 01/04/1982 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì V settimana Tempo Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI |
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