Gc 2, 1-9; Mc 8, 27-33
È una parola di fortezza che ci viene data stasera. La fortezza nostra è prima di tutto la grazia di capire qual è la strada da percorrere. Abbiamo sentito che, di fronte allo scandalo di Pietro, Gesù agisce severamente. Pietro non voleva neanche che Gesù lo dicesse, che la sua strada era la strada della sofferenza e della croce. Non ne voleva sapere, pensava a un Messia glorioso e potente. Non poteva immaginare, che quel Gesù che lui amava e quel Gesù così grande nelle parole, così meraviglioso nelle opere, quanti miracoli Pietro aveva visto, potesse essere preda di un manipolo di gente cattiva, da essere trattato così, ucciso. Pietro si sbagliava e Gesù lo pone sullo stesso piano del tentatore, di Satana. C'è una strada da seguire, dice Gesù, è la strada secondo Dio. Era volere del Padre, che la redenzione si compisse nella santificazione del dolore. Gesù si sarebbe “santificato”, è la sua parola nell’ultima cena: “Per loro santifico me stesso” (cfr. Gv 17, 19), si sarebbe santificato, cioè ci avrebbe dato la redenzione attraverso la sua umiltà di sofferenza e il suo abbandono al Padre.
E la strada di Gesù è la strada che deve seguire ogni cristiano. Il cristiano non deve avere paura, non deve rassegnarsi alla mediocrità, non deve fare un compromesso della sua vita, un cristiano deve essere forte, deve disprezzare le cose da disprezzare, deve disprezzare la concezione di una vita comoda e senza noie, di una vita che non è più prova, ma è rinuncia. Un cristiano deve potere seguire Gesù a passo spedito e il passo spedito è riconoscere che Gesù è la vita e la gioia. E’ solo andando insieme con Gesù, che si arriva a possedere la vita eterna e la gioia eterna.
Il Calvario non è un termine, è un passaggio, ma è un passaggio obbligato: tutti devono accettare nella loro vita la grande penitenza di lottare, di lottare contro le proprie passioni, di lottare contro le proprie mediocrità, contro il proprio egoismo. Ecco, nella prima Lettura sentivamo san Giacomo spiegare il precetto dell’ “amerai il prossimo”. Non è forse proprio nell’amore concreto, nell’amore generoso, nell’amore fattivo al prossimo una parte grande della nostra penitenza? Inclinati come siamo a tutto ciò che solletica la nostra superbia, inclinati all’egoismo, ecco, si richiede la penitenza del superamento, cioè è il nostro amore che deve trionfare di tutto. Accettato nel nostro cuore l’amore di Dio, noi dobbiamo vivere secondo quest'amore e quindi darci una legge, darci una forza, darci una linea ben precisa. Vogliamo perciò proporci maggiore fortezza, ognuno di noi può avere dei punti particolarmente deboli. Diventare forti vuol dire accogliere l’esempio di Gesù e, non confidando su di noi, abbiamo detto: bisogna andare dietro a Gesù, è lui che ci apre la strada, è lui che ci dona fino in fondo il coraggio. Ecco, seguendo Gesù realizzarci in una pienezza grande, la pienezza della nostra vita cristiana, per cui intendiamo la vita spirituale come deve essere, non accodarsi a un trionfo, ma con Gesù percorrere la strada di bene, di amore, di dono, così come lo Spirito Santo suggerisce a noi nell’intimo del nostro cuore.
CODICE | 76BIO01335N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 19/02/1976 |
OCCASIONE | Omelia, Giovedì VI settimana Tempo Ordinario |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La strada della redenzione |
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