12/06/1975 - Omelia Giovedi X Ord

Sant’Ilario d’Enza 12/06/1975
Omelia

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C’è una regola, ed è la regola per la quale noi possiamo vedere lo splendore del glorioso vangelo di Cristo. È una regola per la quale nel Salmo responsoriale siamo invitati a pregare così: “Donaci occhi, o Signore, per vedere la tua gloria”.

Questa regola è la regola della carità ed è fondamentale proprio perché non è solo vedere Dio, ma è vedere dovunque Dio c’è. Nel nostro prossimo c’è Dio.

Ecco perché il Signore, nel brano del vangelo che abbiamo letto, sottolinea questa importanza vitale per la salvezza: ci si salva se ci si impegna ad amare ed onorare Dio. Ma non lo onoriamo e non lo amiamo se non lo riconosciamo nel nostro prossimo.

Il cristiano deve amare il suo prossimo, deve amare gli uomini suoi fratelli e la sua carità deve soprattutto avere queste qualità:

Dev’essere soprannaturale. È Dio stesso che ci ha avvertiti di questa sua presenza: chiunque non ama il suo prossimo rifiuta Cristo. La nostra carità parte allora dalla fede, la fede che ci svela la parola di Dio, la fede che ci porta ad osservare profondamente il mistero di Dio, la fede che illumina tutti i nostri giudizi e dà senso e forza ai nostri sentimenti.

La nostra carità dev’essere concreta. Non si deve amare a parole: sono capaci tutti di amare a parole. Bisogna amare nelle circostanze di ogni giorno, verso quelle determinate persone, sapendo perdonare e sapendo beneficare anche quando ricevessimo tutto l’opposto. Una carità concreta per cui è detto che la fede senza le opere è cosa morta.

La nostra carità dev’essere universale, universale nei sentimenti, universale nelle persone. Universale nei sentimenti, perché non possiamo escludere dal nostro sentimento, non possiamo essere parziali nel giudizio, non possiamo proiettare le cose in un senso egoistico. Universale nelle persone perché il Signore ci dice che dobbiamo amare anche se noi avessimo dei nemici. Tanto più se non abbiamo dei nemici, se sono solo momenti d’incomprensione o momenti d’impazienza.

Noi questa sera vogliamo chiedere al Signore questa grazia di saper ben amare per meritare nel giudizio quelle parole predette da Gesù: “Venite, benedetti dal Padre mio, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare…”.

La fame della carità è universale e perciò tale dev’essere il nostro comportamento.

CODICE 75FBO01339N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 12/06/1975
OCCASIONE Omelia
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La carità dev’essere soprannaturale, concreta, universale
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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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