10/10/1974 - Omelia Giovedi XXVII Ord Battesimo

Sant’Ilario d’Enza 10/10/1974, Giovedì XXVII Ord
Omelia, Battesimo

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Che cosa vuol dire, allora, il Signore quando parla di una morte che è condizione di vita, di una morte che è condizione di frutti?

Il Signore parlava prima di tutto di se’, parlava di Lui, che doveva morire per dare la vita, di Lui, che avrebbe dovuto passare per l’ignominia della croce per essere la salvezza di tutti nella risurrezione.

E poi ha detto che la stessa legge si verifica per noi. La nostra adesione a Gesù non è un’adesione esteriore, formale, simbolica. Dobbiamo essere un’unica cosa col Signore, perciò anche noi dobbiamo accettare la stessa legge si salvezza.

La Chiesa è la comunità di coloro che credono e che evangelizzano, ma è ancora la comunità di coloro che sono creduti e sono evangelizzati, cioè noi stessi dobbiamo riformare la nostra vita per essere credibili e per essere a testimonianza. L’evangelizzazione della nostra vita avviene così nel sostituire le nostre idee sbagliate con le idee di Gesù, avviene nell’avere i nostri sentimenti simili a quelli di Gesù, nell’essere per gli altri ciò che Gesù è stato.

Con quanto impegno e con quanta umiltà dobbiamo allora attendere continuamente alla nostra conversione! Come dobbiamo sentirci impegnati in uno sforzo continuo e in un superamento grande, perché il Cristo viva in noi e operi per mezzo nostro!

Avete sentito le parole del martire Ignazio che celebriamo oggi: “Sono frumento di Dio, devo essere macinato per divenire puro pane di Cristo”; scriveva questo mentre dall’oriente era portato a Roma per essere esposto nell’anfiteatro alle belve: sapeva di essere condotto a una morte terribile. La sua preoccupazione però, nello scrivere ai cristiani di Roma, stava in questo: temeva che per qualche mezzo riuscissero a salvarlo dalla morte. Voleva essere immolato, voleva essere macinato dai denti delle belve per essere puro pane di Cristo.

Ignazio martire aveva capito questa parola del Signore del chicco di grano caduto in terra e la sua chiamata è stata nell’eroismo. Ma pure noi lo dobbiamo capire: la conversione nostra si opera attraverso l’accettazione di una legge che è la legge del sacrificio e della croce. Se rifiutiamo questa legge ci distacchiamo da Gesù Cristo. Dirà l’apostolo: “Il Signore non ha risparmiato neppure suo Figlio”, per dirci come la nostra vocazione non può essere diversa da quella di Gesù.

In che cosa, allora, ci dobbiamo superare se non nei nostri peccati, nei nostri difetti, nei pesanti nostri difetti, nel cercare ogni giorno di purificare la nostra coscienza, nel cercare ogni giorno di essere più buoni e più generosi, più pronti e con maggiore spirito verso gli altri? In cosa dobbiamo morire se non allora morire all’egoismo, al nostro falso orgoglio, a tutto quanto si presenta come un’altra scelta da quella di Cristo?

Noi dobbiamo accettare le cose buone che il Signore ha messo in questo mondo, ma categoricamente dobbiamo morire a tutte le cose cattive. È necessario ed è bello.

È in quest’ordine che si opera la nostra e l’altrui salvezza.

CODICE 74L9O0133QA
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza 10/10/1974, Giovedì XXVII Ord
OCCASIONE Omelia, Battesimo
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La conversione passa dalla croce
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