Quando noi percorriamo la Storia della Salvezza, esclamiamo veramente con il salmo 108: “Signore, canterò senza fine le meraviglie del tuo amore”.
Dio ha amato: per questo ha agito con fortezza. Alcuni s’immaginano che l’amore non sia così, ma che l’amore costituisca in una permanente debolezza. L’amore debole non è il vero amore. Avete sentito le parole di Gesù su Gerusalemme: tu non hai voluto, ecco, la vostra casa è deserta. Gerusalemme, la città amata da Dio, sarà distrutta, diventerà un mucchio di rovine, sarà manifestazione evidente di che cosa vuol dire non corrispondere all’amore di Dio, sarà una manifestazione evidente di chi ha abusato del dono di Dio.
Gerusalemme è segno di tutta la storia che si verifica in un’anima, o in una comunità, quando si rifiuta la tenerezza del suo amore, quando si rifiuta il richiamo permanente della sua misericordia.
Ognuno di noi lo sa bene che è stato investito dall’amore di Cristo. S. Paolo, occupato da questo amore, esclama: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?”. Nessuna cosa, nessuna tribolazione, nessuna angoscia, nessuna persecuzione.
Ecco l’amore fedele, cioè l’amore che risponde “sì” all’amore di Dio e diventa forte dell’amore di Dio. Chi possiede l’amore di Dio ha la strada davanti sicura, non teme, non si disorienta, non s’inquieta: ha l’amore di Dio.
“Io reputo tutte le cose come spazzatura - esclama ancora S. Paolo – e quello che m’importa è servire il Signore”.
Ecco invece l’amore infedele, l’amore che non si è realizzato nella verità: è l’amore di chi promette e poi non fa, di chi, donato dalla grazia, resta sempre nei suoi peccati e moltiplica le sue infedeltà e la misericordia di Dio è solo un’occasione per moltiplicare le cose cattive.
Quale amore noi vogliamo?
Ci avviciniamo alla festa dei santi. La Chiesa ci presenterà sabato la moltitudine osannante, coloro che sono i vincitori, coloro che hanno amato fino in fondo e ora sono nella gioia che viene come premio a chi ama.
Prepariamoci nella loro visione e nella loro invocazione ad esaminarci sul nostro amore, perché la vocazione alla santità è vocazione ad amare Dio: il santo è colui che sa amare. La santità non consiste nei miracoli, la santità non consiste nelle cose prodigiose, la santità non consiste nelle cose straordinarie: la santità sta nell’amare con umiltà e con fedeltà nostro Signore, amarlo in tutti i momenti, in tutte le circostanze e cercare la sua volontà. Nessuno è impedito di diventare santo, nessuno; non è necessaria una grande intelligenza, non sono necessarie delle qualità umane, non è necessario possedere: una sola cosa è necessario fare, amare. E si può amare sempre Dio: si può amare Dio quando si è sani e quando si è malati, quando si è poveri e quando si è ricchi, si può amare Dio in una situazione o nell’altra.
Ecco allora la parola di S. Agostino: “Ama e poi fa quello che vuoi”. Ama. Ecco la grande parola: amare Dio.
Interroghiamoci allora sul vero amore di Dio, sull’osservanza dei suoi comandamenti, sull’adempimento sereno e forte della sua volontà.
CODICE | 75LVO0133TN |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza 30/10/1975 |
OCCASIONE | Omelia |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | L’amore forte a Dio |
© 2022 Movimento Familiaris Consortio | Via Franchetti, 2 42020 Borzano (RE) | info@familiarisconsortio.org |Privacy Policy | COOKIE POLICY | SITEMAP | CREDITS