Is 63, 16-17. 19; 64, 1-7; 1 Cor 1, 3-9; Mc 13, 33-37
L’Avvento è caratterizzato dall’attesa, è l’attesa del popolo che spera nella salvezza, spera nella venuta del suo Dio. Ma come speriamo in una venuta, se Cristo è sempre in mezzo a noi? La novità del Cristo è sempre attuale, lui è presente in mezzo a noi, lui si è fatto ricco di tutte le grazie per noi, il suo Mistero Pasquale ha radunato per noi tesori infiniti. Allora che cosa desideriamo? Desideriamo di essere noi più capaci di amarlo, più capaci di conoscerlo, perciò più capaci di possederlo.
Siamo noi bisognosi di una novità perché ci abituiamo a tutto, ci abituiamo anche alle cose più sante e sublimi e, essendo degli abituati, non percepiamo più le eterne verità della nostra fede con quella intensità, con quell’entusiasmo che dovremmo, perché proprio siamo così induriti nei nostri peccati e nelle nostre abitudini.
Vorrei allora che noi, questa mattina, meditassimo su questa necessità di stare attenti e di vegliare, come ci esorta il Signore: “Vigilate”. Ecco questa veglia, che è di tutta la nostra vita, prima che arrivi lui, il padrone, prima che arrivi lui la salvezza piena, la salvezza della partecipazione alla sua gioia e alla sua gloria.
E allora la nostra meditazione si svolge proprio così, nel conoscere lui di più e nel conoscere noi stessi, nel conoscere lui di più, come lui sia tutto per noi, come da lui venga ogni nostro bene. Siamo tremendamente poveri, siamo desolatamente ciechi. L’uomo è assolutamente incapace di costruire senza la sua presenza e la sua azione di Redentore. Conoscere quanto Gesù ci è necessario, conoscere quanto Gesù sia grande, quanto sia bello e fruttuoso vivere di lui, lasciarci guidare dalla sua Parola, lasciarci guidare nelle nostre scelte, lasciarci consolare nei nostri dolori, lasciare che le nostre gioie siano impreziosite da lui, è conoscere un po’ di più quanto la fede è luce, quanto l’uomo può trovare anche per la carità verso i suoi simili dal Cuore di Cristo. La pace è desiderata da tanti, ma la pace senza di lui è un’illusione. Gli uomini non si amano perché manca lui, gli uomini non si comprendono perché non hanno compreso lui, gli uomini si dibattono nella disperazione perché non hanno accolto il suo messaggio.
Dobbiamo perciò in questo Avvento insistere nella nostra meditazione di fede. Il tempo di Avvento è un tempo forte di raccoglimento e di preghiera e la nostra ricerca è proprio la ricerca del volto di Cristo.
Ricerchiamolo, per sentire quanto lui ci può dare e come può essere nostro sostegno in tutti i momenti.
E la seconda nostra riflessione sarà su di noi stessi, su di noi stessi per capire sempre meglio quello che siamo, è sapienza, per conoscere sempre di più quanto manchiamo, per conoscere quanto la nostra debolezza ha prodotto di rovina. È la descrizione che il profeta Isaia ci ha posto davanti: “Siamo avvizziti come foglie”, siamo foglie secche, “Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”, “Noi siamo argilla”.
Ecco il sentimento della nostra povertà, la convinzione della nostra povertà, la convinzione di quello che hanno portato di lacerazione i nostri peccati, divenuti tutti come cosa impura.
Abbiamo bisogno di persuaderci, che il peccato ci ha rovinato molto e perciò dobbiamo desiderare molto la santità, l’unione con Cristo, quella che noi chiamiamo con un’unica parola la conversione. Ed è nella conversione che poniamo dunque la piena nostra attenzione. “Vieni Signore”, cioè fa’ che noi ti comprendiamo fino in fondo e ti seguiamo con coraggio, con slancio, con umiltà, con fervore tutti i giorni, perché la nostra vita è un cammino verso di te, è un cammino fino al giorno che ci incontreremo per sempre.
CODICE | 78N2O01310N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 03/12/1978 |
OCCASIONE | Omelia, I Domenica Avvento - Anno B |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Vigilanza |
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