Ger 33, 14-16; 1 Ts 3, 12 – 4, 2; Lc 21, 25-28. 34-36
Il cristiano è uno che aspetta il futuro con serenità, mentre i popoli sono in ansia e sono nel terrore: “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28).
I cristiani non hanno paura. I cristiani sanno che la venuta del giudice è la venuta del Salvatore, dell’Amico divino, di colui che ci ha redenti con il suo sangue, più prezioso di qualsiasi altra cosa. Ci ha dato il sangue.
I cristiani vivono sereni nella speranza, perché sanno di non avere un’abitazione in questa terra, sanno che questa terra è vero luogo di esilio, sanno che la patria è il cielo. È al cielo che indirizzano tutti i loro desideri, perché lì hanno collocato il loro tesoro, e “dov’è il tesoro, è il cuore” (cfr Lc 12,34).
Sanno quindi vivere nella certezza di quello che il Signore farà: il compimento del suo regno di amore, il compimento del cammino, la Chiesa pellegrina sulla terra, la Chiesa che si ritrova nella gloria, nella gioia senza confini. Quindi i veri cristiani non sono coloro che tremano, sono coloro che tessono il loro vestito per la gloria e ogni giorno compiono il loro lavoro con fede e con generosità, si ricordano però delle parole di Gesù: “Vegliate e pregate in ogni momento”.
Essere sereni non vuol dire essere sprovveduti. Essere sereni vuol dire realizzare nell’amore, ma l’amore domanda la veglia, l’attenzione per fuggire le tentazioni. Sono tante le tentazioni, sono di diverso aspetto e la loro insidia è veramente permanente.
Per fuggire il male bisogna essere forti e, per essere forti, bisogna pregare in ogni momento. L’attesa è l’attesa di chi è in preghiera, di chi ama la preghiera, perché la preghiera è comunione con Dio, perché la preghiera è colloquio che riempie l’anima di luce, che dà all’anima una forza singolare.
Dobbiamo cominciare quest’anno liturgico insistendo molto sulla preghiera. Il battezzato ha scoperto che c’è una grande verità: quando lui prega è Gesù che prega in lui. E allora sa che la sua preghiera pur povera, pur misera, pur difettosa è presa da Gesù; il valore della sua preghiera è il valore del nostro Sacerdote eterno Gesù, che è sempre vivo per intercedere per noi, è sempre pronto a portare la nostra preghiera al Padre.
Per questo con gioia ricordiamo questa realtà: Gesù che vive in noi, Gesù che vive per noi, Gesù che dà senso alle nostre azioni, che dà potenza alla nostra preghiera.
Viviamo il nostro Battesimo, ricordandoci proprio così di Gesù nostro Redentore e nostro fratello, di Gesù che ci ha promesso di essere sempre in noi e ci ha detto: “Rimanete in me e io rimarrò in voi”. Realizziamo perciò con grande prontezza un clima di fede, un clima di viva preghiera. Il mondo ha bisogno della nostra preghiera. La carenza e la desolazione del mondo sta in questa mancanza di preghiera.
Cerchiamo di sentirci incaricati di pregare. La comunità-Chiesa deve saper pregare anche per quelli che non pregano, anche per quelli che non invocano, anche per quelli che bestemmiano. Pregare, pregare per tutti, pregare perché venga nel mondo la salvezza del Cuore di Cristo, perché il mondo trovi la sua giusta dimensione, perché il Signore possa insegnare a tutti gli uomini i suoi sentieri.
Preghiamo, preghiamo tanto, preghiamo con forza e sappiamo che di meglio non è possibile fare.
CODICE | 85N0O01310N |
LUOGO E DATA | Sant’ Ilario d’Enza, 01/12/1985 |
OCCASIONE | Omelia, I Domenica Tempo Avvento - Anno C |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La speranza, l’attesa |
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