14/01/1973 - Omelia II Domenica Ord

Sant'Ilario d'Enza, 14/01/1973
Omelia, II Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 8, 30

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1 Sam 3, 3-10. 19; 1 Cor 6, 13-15. 17-20; Gv 1, 35-42

È il motivo fondamentale della nostra riflessione di questa domenica: la nostra vocazione, la nostra chiamata in Cristo Gesù. Nella prima Lettura c’è la chiamata profetica di Samuele. Dio è presso il giovinetto e lo chiama, lo chiama più volte, finché Samuele impara a conversare con Dio, impara qual è la voce di Dio e può dire il suo sì. Pure noi abbiamo ricevuto una vocazione profetica nel santo Battesimo, abbiamo ricevuto una vocazione a rendere la nostra vita comunicazione e testimonianza. Nella seconda Lettura san Paolo sottolinea che la nostra vocazione di santità è totale, non è solo una vocazione dell’anima, perché l’uomo non è solo anima, tutto l’uomo è chiamato a dare gloria a Dio, a dargli gloria nell’anima e a dargli gloria nel corpo. Il dominio di noi stessi, il conservare il nostro corpo santo è anche questo nella volontà di Dio, perché anche il corpo è tempio dello Spirito Santo e noi non apparteniamo a noi stessi, sottolinea l’apostolo, perché siamo stati comprati a caro prezzo, cioè col sangue prezioso del Cristo. Tutto l’uomo è nell’ordine della santità, tutto: deve essere santo nei suoi pensieri, deve essere santo nei suoi affetti, il suo corpo stesso deve essere veramente nell’ordine della redenzione, cioè anche il corpo è salvato da Gesù Cristo. Gesù Cristo non ci salva solo nell’anima, per cui diciamo che chi salva l’anima salva tutto, ma è salvato anche dalla morte fisica, è salvato dall’abiezione del corpo che si riduce in polvere, perché il nostro corpo risorgerà simile a quello di Cristo. E la nostra vocazione ancora più fortemente è indicata nel testo del Vangelo di Giovanni. I due discepoli seguono Gesù, quando Gesù è definito l’Agnello di Dio, cioè colui che deve essere immolato per la redenzione del mondo, che deve essere immolato perché col suo sangue dia all’uomo una nuova speranza. Sicché la nostra vocazione è la vocazione alla partecipazione del Mistero Pasquale. Noi ci dobbiamo unire alla morte e alla resurrezione del Cristo, noi dobbiamo veramente capire che la nostra vocazione non è una vocazione generica di onestà: Gesù Cristo non sarebbe venuto perché fossimo semplicemente degli onesti, della buona gente, Gesù Cristo è venuto per molto di più. È venuto perché noi vivessimo da figli di Dio e vivessimo in quella santità, di cui lui stesso è diventato l’esempio più grande. “Essi andarono e si fermarono con lui” (cfr. Gv 1, 39): andare dove è Cristo, fermarsi dove è Cristo, apprendere da lui quello che deve essere la nostra testimonianza di ogni giorno. Il cristiano vive, dicevo, da figlio di Dio, infatti deve realizzare in sé quello che il Figlio unico, naturale di Dio ha realizzato sulla terra, avere perciò i gusti di Cristo, avere perciò le preferenze di Cristo, orientarci sempre nelle scelte fatte da Gesù Cristo. E noi abbiamo il codice di queste scelte nelle beatitudini e le beatitudini segnano una perfezione completa dell’uomo. Non è più l’uomo onesto che beatifica la povertà, che beatifica la mansuetudine, che beatifica la persecuzione, è il figlio di Dio che sa di essere unito, per la salvezza propria e per la salvezza del mondo, all’Agnello del Signore. Noi vogliamo perciò oggi che la nostra riflessione ci conduca ancora alla scuola di Gesù. Vogliamo che in questo tempo dopo Natale la nostra riflessione diventi motivo profondo di conversione, il convertirci ad essere, a parlare, a scegliere come Gesù Cristo.

CODICE 73ADO01331N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 14/01/1973
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Vocazione, Beatitudini
ARGOMENTI Vocazione, Beatitudini
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