16/01/1983 - Omelia II Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza, 16/01/1983
Omelia II Domenica tempo ordinario Anno C

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Is 62, 1-5; 1 Cor 12, 4-11; Gv 2, 1-11

“Fu invitato alle nozze anche Gesù” (Gv 2, 2).

E’ un fatto, è il primo miracolo e noi restiamo ammirati della bontà di Gesù e dell’intercessione di Maria Madre di Gesù. Ma restiamo ancora pensosi, perché questo fatto assurge a simbolo, assurge a profezia. Questo fatto contiene un mistero, un mistero denso di significato. In tutta la Rivelazione, Dio chiama se stesso con i nomi più cari: i nomi che esprimono amore, cura, delicatezza. Dio si chiama “Padre” e si chiama “Pastore”, Dio si chiama “Sposo”. Vuol indicare con quanta tenerezza, con quanto dono, con quanta esclusività si dona al suo popolo.

E Gesù ha preso tutta questa cura, tutto questo significato. E Lui stesso si è chiamato “lo Sposo”. Si è chiamato così, perché veramente è venuto per amore, si è donato nell’amore, vuole nella Sua Chiesa l’amore. “Egli - osserverà San Paolo - Egli ha amato la Chiesa e si è dato per essa, perché fosse senza macchia e senza ruga” (cfr. Ef 5, 27). Si è dato. Si dà alla Chiesa, si dà alle singole anime. Mirabile cosa! Ogni anima può parlare di Gesù come del suo sposo perché per ogni anima c’è il dono totale del cuore di Cristo, c’è tutto il cuore di Cristo. Noi così indifferenti, noi così fiacchi e così peccatori! Mirabile cosa! Possiamo dire a Gesù: “Tu sei lo sposo dell’anima mia, perché tu mi ami e ti doni a me. Ti doni a me come io fossi l’unica creatura nell’universo. Ti doni a me”.

Ed ecco, che le nozze di Cana testimoniano la sua sollecitudine, la sua premura, il suo saper fare dei miracoli per amore.

Ed è significato il Battesimo, la cosa nuova: ecco, io ti farò nuovo, perché col Battesimo tu perdi tutto il peso del tuo peccato e della tua povertà, e diventi figlio di Dio.

È simboleggiata l’Eucaristia, il vino nuovo, il vino che inebria, il vino che trasforma. L’Eucarestia nella quale per noi, per nostro amore, il Signore diventa come una cosa e abbiamo il nostro Dio in un frammento di pane, in un goccio di vino. Il miracolo dei miracoli, il miracolo della carità, il miracolo che supera tutti i miracoli, perché è fatto per l’uomo peccatore, per l’uomo che, nonostante la sua miseria, la sua povertà, i suoi tradimenti, le sue infedeltà, può stringere al cuore Gesù, può averlo così nella sua intimità più totale. Gesù viene nel cuore.

E così nelle nozze di Cana c’è la santificazione del matrimonio, per cui i due sposi d’ora innanzi saranno chiamati ad essere una realtà-simbolo, magnifica, trascendente, perché devono esprimere l’amore più grande, che è quello di Cristo e della sua Chiesa.

Oh, quanto dobbiamo sentirci spronati a superare le nostre mediocrità, ad essere generosi e forti quando il Signore fa tutto questo per noi! Raccogliamoci bene in questa Messa e pensiamo proprio così: il Signore si dà tutto a me. Perché io non mi darò tutto a Lui? Perché non la finirò con le mie preghiere senza senso, con le mie continue rotture delle promesse, con il ripetere stancamente gli stessi peccati? Quando finirò di essere così infedele? Io voglio darmi al Signore con tutte le mie forze. “Signore, ci hai amati: anche noi ti ameremo. Signore, tu non hai tenuto nulla per te, ci ha dato tutto: anche noi vogliamo darci tutti a te, in tutto!”.

Cominciamo ad essere più forti, più veri, più impegnati e a camminare con forza, perché le nozze presenti della nostra anima devono essere il preannuncio delle nozze eterne: “Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che fece le nozze per suo figlio” (Mt 22, 2).

Omelia Santa Messa ore 11

… come ha detto ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”.

Aver fede è avere l’obbedienza della fede; cioè, se noi vediamo Gesù come ce l’ha presentato la Liturgia di domenica scorsa, nel Battesimo: il Figlio di Dio, l’Investito di tutta la compiacenza del Padre, se crediamo in Lui, dobbiamo fare quello che ci dice Lui.

Il cristiano non è allora uno che fa quello che vuole. Il cristiano è quello che fa quello che gli dice Gesù, dappertutto, nell’ordine della verità e nell’ordine etico, nella morale. Un cristiano è uno che accoglie Gesù e lo mette così al centro di tutta la propria esistenza.

Accogliere Gesù vuol dire prendere ogni sua parola e riconoscere quello che già diceva Pietro: “Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).

Essere cristiani non è fare determinati gesti e avere determinate posizioni di culto. Essere cristiani, essenzialmente, è tradurre l’esempio e la parola di Gesù. Dobbiamo essere come Gesù e tutto il nostro sforzo è essere come Lui, non ponendo davanti le nostre posizioni, perché non è Cristo che si deve adattare alla nostra mentalità, siamo noi che dobbiamo abbandonare una mentalità troppo umana e troppo piena di ragionamenti umani e adottare Cristo, tradurre Cristo, vivere di Cristo.

Ecco il nostro amore a Lui, ecco la nostra generosità, ecco come si deve esprimere la nostra vita: essere come Gesù. “Fate quello che vi dirà”. Sì, che possiamo nella nostra vita fare come ha detto Gesù in ogni occasione, in tutte le espressioni del nostro amore, perché Gesù vuole proprio il nostro amore. Non ha annunciato una parola fredda e lontana: ha parlato perché ci ha amato. E all’amore di Cristo dobbiamo sinceramente e fedelmente affidarci per realizzare così una vita degna, una vita buona, una vita conforme alla Sua.

​ E allora il cristiano diventerà un altro Gesù Cristo…

CODICE 83AFO01331N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 16/01/1983
OCCASIONE Omelia II Domenica tempo ordinario Anno C
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Nozze di Cana, Gesù sposo

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