Is 62, 1-5; 1 Cor 12, 4-11; Gv 2, 1-12
MESSA ORE 6,30
“E l’acqua si trasformò in vino”: è la manifestazione prima del potere grande di Gesù su tutto l’universo. È lui il Signore, è lui che ha in mano ogni cosa, ogni cosa dipende da lui. È miracolo ed è simbolo, è simbolo di tutte le nostre povere cose, di tutta la nostra miseria umana, che lui, nella potenza della sua Parola, nella forza della sua divinità, eleva e trasforma. È il simbolo della nostra partecipazione al mistero del Cristo Signore che, fatto uno di noi, ha voluto prendersi tutte le cose nostre e portarle nella gloria del Padre. E noi poveri uomini ci veniamo a chiamare figli di Dio. E noi, così chiusi nella nostra miseria, possiamo fare delle opere degne di vita eterna. E noi, che sentiamo tutto il limite della nostra umanità, siamo elevati a collaboratori della sua redenzione e possiamo portare agli altri uomini il dono incommensurabile della sua Parola e della sua grazia.
Ecco, il mistero dell’acqua cambiata in vino, ecco la viva nostra partecipazione al mistero di Gesù, ecco tutta la Chiesa, con Maria Madre della Chiesa: “Vi era la madre di Gesù”.
Ed è evidente allora che oggi la nostra riflessione deve essere proprio in questo senso, del riscoprire sempre di più la nostra dignità, la grandezza nostra di figli di Dio, di partecipi della vita divina che il Signore è venuto a portarci. La missione nostra, la missione di tutta la Chiesa. “Allora i popoli vedranno la tua giustizia. Tu, Gerusalemme, sarai chiamata con un nome nuovo, sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio” (cfr. Is 62, 2-3). Ecco come Isaia profetizzava la Chiesa del Signore, la missione della Chiesa del Signore, la gloria di questa che “non sarà più detta abbandonata o devastata, ma sposata” (Is 62,4), perché la Chiesa è la Sposa di Cristo.
Noi dobbiamo sempre di più riflettere che il Signore moltiplica il suo dono e la sua Chiesa rappresenta il capolavoro della sua provvidenza.
Ecco perché, scoprendo la nostra vocazione di figli di Dio, scoprendo come il Signore agisce sempre in noi e fa nuove tutte le cose, noi ancora scopriamo quella gloria della Chiesa per la quale dobbiamo sapere soffrire e sapere operare.
Ecco perché noi dobbiamo amare la Chiesa, perché è il Corpo del Signore; noi dobbiamo amare la Chiesa e dobbiamo essere molto contenti di appartenervi, non per un vago senso di trionfalismo, ma per un servizio umile e fattivo, perché i figli di Dio hanno una partecipazione allo Spirito del Cristo, perché i figli di Dio, anche se umanamente sono paragonabili all’acqua, per lui, nella sua grazia posseggono i carismi per la redenzione. “Vi sono diversità di carismi”, ci dice nella seconda lettera San Paolo, “ma uno solo è lo Spirito” e chi ha una cosa e chi ha un’altra, ma è sempre il dono dello Spirito che agisce attraverso i cristiani.
Oh, ce lo dobbiamo ricordare, il tempo dei carismi non è finito! Vi erano carismi allora e in altro modo sono adesso.
La Chiesa di Dio possiede la grazia di vincere il male, possiede la grazia di dare testimonianza, possiede la grazia di essere segno elevato tra i popoli, la sua missione di redenzione che si attua perennemente.
Ecco allora, due cose restino come riflessione forte di questa Liturgia.
La prima: la nostra grandezza e dignità, perché siamo uniti al Cristo.
E la seconda: noi apparteniamo alla Chiesa e insieme con Maria abbiamo la missione di compiere quanto il Signore ci ha detto, il nostro amore, la nostra venerazione, la nostra difesa della Chiesa. Amiamola questa Sposa del Cristo. Nelle nozze di Cana era prefigurato il mistero: “Sarai la sposa”, aveva detto Isaia. E la Chiesa, così elevata ad essere consorte, la ricordate la lettera di San Paolo: “ci ha fatti consorti della natura divina”, elevata ad essere consorte, compie la sua missione e noi ne siamo partecipi e noi ne dobbiamo diventare sempre di più responsabili, per fare quanto sta in noi ed essere viva testimonianza di fede e di amore.
MESSA ORE 8,30
La Liturgia di oggi ci sottolinea ancora, proseguendo il tema delle ultime due settimane, la manifestazione di Gesù: ci mostra come Gesù è veramente Dio, ci indica come in lui dobbiamo avere totale fiducia e confidenza.
Gesù è Dio venuto per noi, Gesù è l’amore di Dio che si è manifestato in mezzo agli uomini. Dirà l’Apostolo: “È apparso l’amore” (Tt 2, 11), è proprio vero, l’amore che ha chiamato tutti: i Magi; l’amore che ha scelto tutti ad essere figli di Dio: manifestazione del Battesimo, l’amore che santifica tutta la vita dell’uomo. Gesù presente a nozze santifica la famiglia, santifica il matrimonio e santifica cioè quella che è la sostanza della vita dell’uomo, perché l’uomo, che è partito da Dio con un atto d’amore, è in collaborazione con lui e questa collaborazione si opera nell’acconsentire al suo piano, nel capirne le ragioni, nel fare la propria parte.
La famiglia è elevata cioè a simbolo di tutta la collaborazione che l’uomo deve dare a Dio. Nella famiglia infatti c’è l’immagine della Trinità, nella famiglia sorge la vita, nella famiglia si svolge l’amore vero e profondo che unisce e che dà il modo di vivere insieme nell’aiuto vicendevole, nella comprensione anche nei tempi più difficili e nel sacrificio.
Gesù santifica le nozze a Cana, Gesù ci dice che è presente in mezzo a tutti gli uomini, che è presente anche nelle nostre cose che sembrerebbero totalmente ed esclusivamente nostre. È presente, vuole elevare, vuole trasformare, vuole santificare. È venuto per essere uno di noi e perciò è venuto a rendere santo il nostro gesto, a rendere efficace la nostra opera, a purificarci dall’egoismo, che ci è venuto dal peccato originale e dai nostri peccati. È venuto perché noi possiamo veramente rendere viva, nel suo amore e nella sua grazia, tutta la nostra vita.
Ecco perché l’insegnamento profondo di oggi sta qui. Gesù è venuto non a rendere sacra qualche nostra azione, qualche nostro momento, è venuto perché tutta la nostra vita fosse veramente degna di essere figli di Dio, degna che realizziamo questa grandezza. Gesù è venuto perché la nostra vita sia da lui completamente rinnovata.
E perciò la nostra buona collaborazione si deve esercitare così, nel capire il suo piano che è un piano di straordinario amore: ci ha fatto figli di Dio, dobbiamo vivere da figli di Dio; in modo particolare, la famiglia cristiana deve essere una famiglia in cui i figli di Dio sentono ancora di più la loro vocazione, in cui esercitano ancora di più la loro virtù. La famiglia deve essere veramente il modo di dare la più grande gloria al Signore. Vivere bene in famiglia, vivere santamente il Matrimonio è nell’ordine stesso della provvidenza di Dio, che ci vuole santi. La famiglia deve essere il modo migliore per vivere la nostra vocazione di cristiani.
Ed è perciò che volentieri oggi vorremo rinnovare il nostro sentimento di fede, vorremo vedere nella nostra famiglia il modo della nostra vera cristianità. La famiglia santificata e trasformata da Gesù, accolto da noi, invitato da noi, da Gesù che accetta di venire, che vuole veramente essere partecipe di ogni nostra gioia e di ogni nostra tristezza, il Signore, che vuole dare l’aiuto, perché la famiglia ottenga lo scopo della propria missione, perché veramente la famiglia si realizzi come autentica piccola Chiesa.
CODICE | 74ALO01331N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 20/01/1974 |
OCCASIONE | Omelia, II Domenica Tempo Ordinario - Anno C - Messa ore 6, 30 e 8, 30 |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | La Chiesa, la famiglia |
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