18/01/1976 - Omelia II Domenica Ord ore 6.30 e ore 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 18/01/1976
Omelia, II Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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1 Sam 3, 3-10. 19; 1 Cor 6, 13-15. 17-20; Gv 1, 35-42

OMELIA ORE 6, 30

È la chiamata, la sua chiamata, quella chiamata che si rivolge all’umanità e a ogni singola anima. È il Signore che chiama l’uomo a sé, lo chiama in uno sconfinato amore, in una donazione totale. Dio chiama l’uomo per arricchirlo, non per toglierli dei beni; lo chiama, per farlo partecipare alla sua vita e alla sua felicità.

Dio chiama! E abbiamo in questa Liturgia due esempi ben precisi: la chiamata di Samuele e la chiamata dei primi discepoli di Gesù. In tutti e due gli esempi vediamo prontezza, vediamo generosità, vediamo una vera forma di disponibilità. E san Paolo, nella seconda Lettura, ci insegna che questa chiamata si è rivolta a noi nel Battesimo, quando non solo siamo stati chiamati a una generica sequela del Signore, ma siamo stati chiamati a possedere lo Spirito Santo.

La domenica scorsa abbiamo visto lo Spirito Santo scendere su Gesù, ecco, ci ricorda l’apostolo come anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, anche noi lo possediamo.

E la vocazione sostanziale allora del cristiano sta proprio qui: in una comunione stretta con Dio. Cosa vuol dire che lo Spirito Santo abita in noi, se non che Dio si dona a noi, si dona a noi come Padre, si dona come Amore, vuole che noi viviamo in intima comunione con lui? Il cristiano ha una legge, nel suo cuore, che non è una legge umana, la vera legge del cristiano è lo Spirito Santo, che suggerisce, che allontana, che edifica, soprattutto che consacra. Il cristiano possiede lo Spirito Santo e questo possesso è la sua incommensurabile ricchezza. Il cristiano sa, che in qualunque occasione non ha che da richiamarsi a questa comunione con Dio. Il cristiano sa che la vera dignità del battezzato sta proprio qui, nell’essere i portatori di Dio, i portatori per una santificazione personale, i portatori per una santificazione universale, perché ogni cristiano fa parte di quel mistero che noi chiamiamo “Chiesa”, di quella Chiesa che diciamo “sacramento universale”.

Diciamo allora che la Chiesa è santa, non solo perché possiede i mezzi della santità, non solo perché la Chiesa insegna una dottrina di santità, ma che la Chiesa è santa, perché in ogni suo membro c’è lo Spirito Santo ed è lo Spirito Santo che guida la Chiesa nella sua missione evangelizzatrice. E’ la Chiesa che dona attraverso i suoi membri, dona al mondo la vera salvezza.

Ecco, sentirci investiti di questa dignità, sentire che la nostra risposta a Dio non è una risposta che interessa solo qualche cosa, interessa tutti, interessa in un problema universale. Il cristiano deve diventare santo non tanto per sé, quanto per tutti. Il cristiano deve diventare santo, per dare al mondo la salvezza. La nostra vocazione è allora una vocazione veramente grandissima, è una vocazione che ognuno di noi deve tenere come il vero scopo del suo agire, del suo tribolare, del suo pregare. Il cristiano non è solo colui che è salvato, ma è ancora colui che è incaricato di salvare.

Ecco perché la nostra meditazione di questa domenica sarà proprio sulla consistenza del nostro sì. Dio ci ha chiamati, Dio ci ha santificati, Dio continua nella sua opera di santificazione.

Com’è la nostra corrispondenza? Com’è la nostra volontà di collaborazione? Com’è questo sforzo che poniamo, che dobbiamo porre, questo sforzo perché non una delle parole del Signore cada invano?

Ecco allora che termineremo la nostra riflessione, ripetendo le parole di Gesù: “Ecco vengo, Signore. per fare la tua volontà” (Eb 10, 7).

Ecco allora la nostra speranza: “Ho sperato nel Signore” (Sal 40, 2).

Ecco allora la sostanza dei nostri sacrifici. “Ecco, io vengo”.

Ecco allora che capiremo come nella vita si deve fare una sola cosa: fare bene, fare sempre la santa volontà di Dio.

OMELIA ORE 8, 30

Ecco, Dio ci cerca. Ecco, Dio ci chiama. Ci cerca e ci chiama perché è Amore infinito, è misericordia, è dono continuo. Dio cerca l’uomo per arricchirlo, Dio chiama l’uomo perché diventi uno della sua famiglia e viva in santità.

La pagina del libro di Samuele ci intenerisce: è l’Infinito, è Iddio che chiama un fanciullo, lo chiama e il fanciullo non sa e il fanciullo non capisce, però pronuncerà il suo sì. E di quel fanciullo Iddio farà il suo profeta, di quel fanciullo Dio farà un trasmettitore della sua parola.

Poi, avete sentito, lo sguardo di Gesù su Pietro, in quello sguardo c’era tutto l’avvenire di Pietro. “Ti chiamerai Cefa” (Gv 1, 42); gli dirà tre anni dopo: “Sì, tu sei Cefa, sei un sasso, su questo sasso io farò la mia Chiesa” (cfr. Mt 16, 17).

Ecco, è stato un privilegio per Samuele e Pietro indubbiamente, però anche per noi, per ognuno di noi, c’è questa chiamata e c’è questo sguardo. “Se tu vuoi”, dice il Signore, “Se tu vuoi”.

Quando siamo stati battezzati è avvenuta la nostra grande chiamata. Che cos’è il battezzato? E’ figlio di Dio, è tempio dello Spirito. Che cos’è il battezzato? E’ il profeta, è il missionario. Per ognuno di noi Dio ha compiuto l’opera sua meravigliosa, per ognuno di noi ha domandato un sì, è il sì di tutta la vita, è il sì che stiamo pronunciando, è il sì che sarà la corrispondenza ad una missione, che è di santità e di evangelizzazione, per ognuno di noi veramente, e non è un’astrazione e non è un modo di dire. Sì, “Dio ci ha chiamati ad essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1, 4), ad essere simili al Figlio suo Gesù. Sì, Dio ci ha chiamati e rifiuta il cristiano mediocre, il cristiano tiepido, il cristiano che osserva solo per timore, il cristiano che fa della sua religiosità solo un formulario di devozione. Il Signore ci vuole santi, perché apparteniamo alla Chiesa che è santa, perché ognuno di noi dev’essere sacramento di santità per il mondo, ognuno di noi, perché ognuno di noi deve attuare il piano di Dio, un piano particolare, studiato dalla sua infinita sapienza per ognuno. Ognuno deve avere il suo posto nella Chiesa. Se sai tenere il tuo posto, realizzi tu te stesso e collabori alla realizzazione di tutto il tempio di Dio, ma se tu non tieni il tuo posto nessuno ti può sostituire, tu manchi, tu fallisci, tu dai danno!

È una riflessione che ci deve rendere pensosi, perché la nostra santificazione dev’essere completa. Avete sentito san Paolo, quando dice che “i nostri corpi sono membra di Cristo e come dobbiamo portare nella fragilità del nostro corpo la santità dello Spirito Santo” (1 Cor 6, 15). Il nostro corpo è tempio dello Spirito, non appartiene a noi, perché siamo stati comprati a caro prezzo, siamo stati comprati con il sangue di infinito valore di Cristo.

La glorificazione a Dio deve venire da tutto l’uomo: “Glorificate Dio nel vostro corpo”, ecco ciò a cui siamo chiamati, ecco dove dobbiamo procedere, ecco la sublimità della nostra chiamata.

Ci resta una revisione di vita in ordine al nostro sì. Non sono molti, la storia quotidianamente lo registra, che dicono un sì completo, troppi sono i sì parziali, troppi. Molte anime si fermano a metà, molte anime indugiano, molte anime non osano dare a Dio tutto.

Disse loro: “Venite e vedrete. Andarono e videro dove abitava” (Gv 1, 39). Dirà più tardi Gesù: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15, 9), dirà ancora: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me” (Gv 6, 54).

Ecco, se vogliamo dare un sì, un sì pieno, sappiamo come, rimanendo in lui, vivendo il suo mistero Eucaristico, realizzandoci con lui che ha voluto essere il nostro amico, colui che ogni giorno ci chiama, che ogni giorno sta volentieri con noi.

CODICE 76AHO01331N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 18/01/1976
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Ordinario - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI La chiamata di Dio
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