27/02/1972 - Omelia II Domenica Quar

Sant’Ilario d’Enza, 27/02/1972
Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno A

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Gn 12, 1-4; 2 Tm 1, 8-10; Mt 17, 1-9

… segnati dalla luce del nostro Battesimo, è ben annunciato nella vocazione di Abramo: udì la voce del Signore, “Allora Abramo partì, come gli aveva detto il Signore”.

La vocazione del cristiano si applica, così, in queste precise parole: egli partì, partì dalla sua casa, partì dalla sua terra, partì dalle sue abitudini e andò verso la terra del Signore.

L’uomo, per vivere il suo Battesimo, ha bisogno di superare la sua istintività egoistica, ha bisogno di realizzarsi in una vocazione superiore, la vocazione e la dignità di figli di Dio, così come c’insegna san Paolo nella Lettera che abbiamo appena letto: “Egli ci ha salvati in Cristo e ci ha chiamati con una vocazione santa” (2 Tm 1, 9). Il Signore ha fatto per noi cose meravigliose, perché non ci ha chiamati semplicemente e solamente a vivere dignitosamente la nostra vita di uomini, anche questo, ma ci ha chiamati ad essere un’unica cosa con Gesù. La vocazione del cristiano è perciò una vocazione di santità, ma di una santità misurata non con il metro del ragionamento umano, non secondo i parametri e i criteri che ci hanno dato i filosofi degli uomini, ma secondo i parametri, secondo gli orientamenti stessi di Gesù. La nostra vocazione di figli di Dio opera proprio in noi una trasfigurazione. Quando Gesù appare sul Tabor trasfigurato, ha vicino a lui Mosè, rappresentava la legge, cioè rappresentava tutto l’itinerario della rivelazione di Dio nell’Antico Testamento, ed Elia, il rappresentante di ogni regola del profetismo, cioè della comunicazione carismatica, cioè dell’intervento straordinario che Dio aveva fatto di tempo in tempo per la salvezza e la santità del suo popolo.

Gesù fa vedere un momento della sua gloria ed è non semplicemente a titolo di consolazione e di conforto, ma è in una evidente istruzione. Se noi siamo con Gesù, noi ci trasfiguriamo da persone terrestri, da persone legate alle cose di questo mondo, da persone che sanno tanto della loro povera animalità, una trasfigurazione che secondo i termini della Scrittura ci avvicina agli angeli, ci avvicina cioè allo splendore soprannaturale, così come è stato Gesù. La nostra vocazione, la vocazione dunque di trasfigurazione e per trasfigurazione intendiamo di autentica santità.

Insisto nel raccomandarvi questa riflessione. Noi, per il nostro Battesimo, abbiamo la chiamata ad essere degli autentici santi, cioè a vivere come Gesù, ad accettare il cammino di Gesù. Gesù ha detto di sì alla volontà del Padre ed ha accettato tutta l’umiliazione: “Egli si umiliò”, come dice l’apostolo, “fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome”. Il cristiano non può essere mediocre, il cristiano non può essere uno che si accontenta di alcune prescrizioni morali, non può essere colui che fa alcune cose, che ha alcuni atteggiamenti e alcune pratiche. Il cristiano, per definizione, è chiamato alla santità, non dunque tanto la santità individuale, quanto a realizzarsi nel popolo santo di Dio. Abbiamo una vocazione individuale e una vocazione sociale alla santità. E la santità è Cristo Risorto, è nell’identificazione con Cristo mediante la fede, la speranza e l’amore che noi meritiamo di vivere una vita nella quale c’è la compiacenza del Padre e dopo la quale ci sarà la gloria del Padre. Animiamoci dunque in questa Quaresima a tendere con più forza, con più realismo, con più entusiasmo verso la nostra santità, a realizzare come dei santi, a costruire quella che san Paolo sottolinea tante volte nelle sue lettere, una comunità di santi.

CODICE 72BSQ01341N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 27/02/1972
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno A
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Battesimo, trasfigurazione, santità
ARGOMENTI Battesimo, trasfigurazione, santità
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