Gn 12,1-4; 2Tm 1,8-10; Mt 17,1-9.
Una voce che diceva: “Questi è mio il Figlio, il prediletto, ascoltatelo”. Tutta la nostra vita deve essere un ascoltare Gesù, perché Lui è la Parola eterna del Padre, la Parola che si è fatta carne, la Parola che è venuta per noi.
Troppo spesso gli uomini ascoltano solo se stessi; ascoltano e rimangono nella loro povertà, nella loro confusione, nella loro dispersione. Ascoltare la parola, trasfigurarsi nella Parola, dare alla nostra vita un indirizzo che non è più l’indirizzo delle cose del mondo che passano, è l’indirizzo che viene dalla stessa infinita misericordia di Dio. Questa domenica della Trasfigurazione ci deve dare allora due sentimenti prevalenti in noi, sentimenti che devono caratterizzare tutta la nostra quaresima.
Il primo è la contemplazione di Gesù: abbiamo bisogno di guardarlo molto, di guardarlo con tutta la sete del nostro animo, di stare vicino a Lui perché è il Nostro Redentore. Quando parliamo di redenzione, troppo spesso siamo degli assuefatti a dei termini, non percepiamo più la forza dell’espressione. Gesù è il nostro Redentore, senza di Lui niente vi può essere, niente che porti a salvezza, niente che sia la vera bellezza e la vera bontà. È il nostro Redentore, cioè è venuto per redimere i nostri valori che noi abbiamo sciupati: quello che ci è stato dato da Dio creatore lo abbiamo rovinato. Ecco è venuto Lui; bisogna contemplarlo, bisogna innamorarsi di Lui, bisogna sentire quanto Lui è vitale alla nostra esistenza. Contemplarlo, ammirarlo, amarlo. Il senso vero della quaresima sta allora in questa grande sequela di Gesù: vedere Lui, sentire che è in Lui che la nostra vita di ogni giorno assume la sua dignità e il suo perché, in Lui, contemplandolo, in Lui ascoltandolo; ed ecco la seconda cosa, rinnovandolo nella nostra vita. La nostra vita deve essere una traduzione di quella di Cristo. Si è trasfigurato e il Suo volto ha brillato come il sole per chiamarci, perché è attraverso la sua esperienza che realizzeremo la nostra gloria. La Sua esperienza che passa pure per l’umiltà e per la croce, ma è esperienza magnifica, è il vero tracciato di un’esistenza che ha accolto la parola e la mette in pratica. Anche a noi il Signore ripete: ”Alzatevi e non temete”. Alzatevi dalle vostre stanchezze, dalle vostre contraddizioni, dalle vostre miserie e pigrizie; alzatevi, non temete di seguirmi, non temete quello che sembra una mortificazione chiusa perché non la è. È una mortificazione ed è necessaria come una porta che si apre certamente sulla gloria. La nostra vita molte volte si insabbia così pesantemente in quelle cose che ci impediscono quindi un cammino svelto, ci lasciamo insabbiare perché abbiamo poca fede. San Paolo ci ha detto, lo abbiamo ascoltato, che abbiamo una vocazione santa, ed anche a noi si ripetono le parole dette ad Abramo: “Vattene, vattene”. Il Signore promette ad Abramo sette cose, sette verbi, ma la parola fondamentale è questa: “Vattene”. Lascia quello che umanamente ti solletica e ti piace: “Vattene”. Abbiamo delle cose da abbandonare, abbiamo delle cose da superare, ecco, il Suo invito è magnifico.
Raccogliamoci in noi stessi e ognuno di noi applichi a se stesso le parole che ci sono state date insieme: “Ascoltalo” ci dice il Padre, “Ascoltalo. È il Figlio mio prediletto. Finora non l’hai ascoltato abbastanza, ti sei lasciato prendere da troppe cose e i peccati sono comparsi numerosi. Ora basta, ascolta, sarà la tua gloria”. Abbiamo ricevuto l’invito del Signore a salire in alto. L’invito dato a Pietro, Giacomo e Giovanni è dato anche a noi: sali in alto per essere trasfigurato, sali. Nella lettura di questo brano di San Paolo agli Efesini ci è indicato il modo della salita: è doppio. La custodia delle nostre parole; nessuna parola cattiva esca, ma parole buone. Vuoi salire allora? Custodisci la tua lingua, sappi mortificarla. San Giacomo diceva in una sua lettera: “Dalla lingua viene ogni bene e viene ogni male”. Viene ogni bene perché viene la lode di Dio, l’espressione di amore a Dio; viene ogni male perché con la lingua si manca di carità, si censurano gli altri, si è particolarmente molesti. Devi salire, il Signore te l’ha detto, il secondo comandamento è simile al primo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Se tu fai così, rapidamente sali, perché vedi nel prossimo l’immagine di Gesù; nel prossimo c’è la fisionomia di Gesù. Se tu sei cattivo con gli altri, sei cattivo con Gesù. E poi dice l’apostolo: “Non vogliate rattristare lo Spirito di Dio”. L’apostolo ci richiama a questa grande realtà: in noi vive lo Spirito di Dio, in noi opera lo Spirito di Dio. La maniera del salire nella vita cristiana è tener conto di quell’ospite, è tener conto di quella presenza, è tener conto di ciò che lo Spirito ci domanda perché, se compiamo delle opere che rattristano lo Spirito, noi rendiamo vano ciò che è stato segnato per il giorno della redenzione. Noi non possiamo salire che ubbidendo allo Spirito, che facendo cose che piacciono allo Spirito.
Salire sul monte Tabor vuol dire acconsentire alla linea, all’itinerario che ci ha segnato il Signore. Noi dobbiamo essere molto rispettosi della via che ci ha insegnato il Signore, molto rispettosi, adorando i disegni di Dio.
In settimana faremo la festa di San Giuseppe; sarà una festa così profonda e bella. San Giuseppe ha avuto un itinerario di silenzio, ha avuto un itinerario di servizio, ha avuto un itinerario di amore. Il Signore ha avuto in lui un servo fedele: ha rallegrato lo Spirito. Guardiamo così a questo esempio, questo esempio di servizio, di umiltà; e quando nella Messa della sera di giovedì, uniti insieme invocheremo la grazia di essere veramente anche noi pronti e generosi nel servizio, sentiremo che tutti coloro che ci hanno preceduto, particolarmente San Giuseppe, hanno raggiunto così la vera grandezza e la vera loro santità, hanno così realizzato magnificamente se stessi.
CODICE | 81CEQ013 |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 15/03/1981 |
OCCASIONE | Omelia, II Domenica Tempo di Quaresima |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Salire sul Tabor |
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