Gn 15, 5-12. 17-18; Lc 9, 28-36
“Si trasfigurò” (Mc 9, 2). È un fatto ed è l’indicazione di un mistero, il mistero per cui Gesù sembra legato alla morte: sale a Gerusalemme, cioè sale verso la croce, ed è invece un mistero di vita, un mistero di gloria. La croce è passaggio. Lo stato definitivo sarà la Risurrezione. E il Padre ci conferma che noi, discepoli di Gesù, dovremo seguire la stessa strada, abbracciare la stessa condizione. Noi dobbiamo ascoltare Gesù, cioè ci dobbiamo conformare a Gesù e anche noi dobbiamo accettare la stessa volontà, la volontà di un passaggio obbligato, necessario, un passaggio trasfigurante. Dobbiamo accettare la legge della morte, la legge della mortificazione cristiana, la legge della vittoria sulla nostra istintività, sulla nostra fragile umanità, per far sì che il Signore trionfi nelle nostre membra e ci renda partecipi della sua gloria. Certo, partecipi, una cosa sola con Lui e, più noi accetteremo questa legge di trasfigurazione, più parteciperemo della santità di Cristo e della sua mirabile gloria e gioia.
Il quale “Cristo – dice San Paolo – trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”, perché è questa la chiamata, è di là che aspettiamo come Salvatore Gesù, è di là. “Per questo – continua l’apostolo – dobbiamo rimanere saldi nel Signore come avete imparato, carissimi” (Fil 3, 21).
E l’esempio della prima lettura è l’esempio della vita tribolata di Abramo, per cui, leggendo la sua storia, ci chiediamo: cos’è questa promessa che non s’adempie, questo giuramento che tarda? La vita presente è una vita oscura; la vita presente è una salita al Tabor che culmina così, nel partecipare della Sua passione e della Sua morte, prima di poter esclamare con il Salmo: “Il Signore è mia luce e mia salvezza” (Sal 27, 1).
L’insegnamento forte che dobbiamo prendere sta proprio in un assumere sul serio l’ascetica cristiana, cioè la lotta, la tribolazione, l’impegno a superarci, perché i cristiani veri sono quelli che hanno mortificato se stessi, sono quelli che capiscono che non è solo un momento di fede che si richiede, ma che tutti i momenti devono essere momenti di fede, momenti cioè di superamento, momenti di trasfigurazione, che ogni momento richiede dell’amore, che la strada del cristiano è quest’amore che soffre, è quest’amore che non si sgomenta, è quest’amore che offre a Dio la pienezza della propria generosità.
Ci dobbiamo animare, perché questa Quaresima segni proprio il passaggio, se ce n’è bisogno, il passaggio da un cristianesimo fiacco, da una vita spirituale indolente, dissipata, anonima, senza senso, senza vigore, senza slancio, a una vita fervida, intensa, a un combattimento più deciso. Per cui, dobbiamo smetterla di adagiarci nei nostri difetti, di far pace con le nostre trasgressioni, smetterla di trattarci troppo bene, di volere davvero la nostra vera trasformazione. Troppi propositi, troppi propositi andati in fumo, troppe incertezze, troppe sinuosità. C’è una via diritta, una via chiara ed è la Sua via: “Mentre Gesù pregava il suo volto cambiò d’aspetto”. Ecco il segreto. Comincia a pregare, comincia a dir sul serio nella preghiera: il tuo volto cambierà d’aspetto.
E questa è la grazia che chiediamo.
CODICE | 83BSQ01341N |
LUOGO E DATA | Sant’Ilario d’Enza, 27/02/1983 |
OCCASIONE | Omelia II Domenica di Quaresima Anno C |
DESTINATARIO | Comunità Parrocchiale |
ORIGINE | Registrazione |
ARGOMENTI | Trasfigurazione |
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