10/03/1974 - Omelia II Domenica Quar ore 6.30 e 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 10/03/1974
Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno C - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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Gn 15, 5-12. 17-18; Fil 3, 17-4, 1; Lc 9, 28-36

MESSA ORE 6, 30

Noi siamo chiamati a trasfigurarci con Gesù e la nostra trasfigurazione deve essere qui sulla terra nell’ordine delle virtù della nostra anima, della generosità della nostra anima, per potere così continuare quella trasfigurazione che si compirà, come abbiamo letto nella lettera di san Paolo, quando il Signore Gesù compirà l’opera nel giorno della resurrezione, in virtù del potere che ha di sottomettere tutte le cose.

Noi non siamo destinati a finire sulla croce e a finire nel sepolcro, ma il nostro destino è la gloria, è la gloria dell’anima nostra, è la gloria del corpo nostro, perché se vogliamo essere simili a Gesù lo saremo in tutto.

Di qui la nostra opera di lavoro quaresimale. Che cos’è la Quaresima? È un tempo per questa spirituale trasfigurazione; è un tempo di particolare insistenza nella preghiera, nella penitenza, nell’opera di carità, perché noi possiamo compiere questo che è il nostro lavoro della vita: la nostra conformazione a Cristo Gesù.

E allora è assolutamente importante che noi lavoriamo a questa trasfigurazione.

Per compierla soprattutto sono necessarie tre cose.

È necessaria l’umiltà, cioè il riconoscere con un senso profondo di lealtà quello che siamo. Non è sempre facile riconoscere i nostri difetti, proprio perché sono i nostri; i difetti degli altri noi li vediamo con molta facilità, anzi li sottolineiamo, anzi li esageriamo, i nostri no! Abbiamo sempre una scusa pronta per metterci in una luce migliore, per dire proprio che quello che facciamo non è poi una grande cosa, per dire subito che abbiamo molte attenuanti. E se facciamo così, come possiamo cambiarci? L’umiltà ci dice: riconosci il tuo difetto, riconoscilo così nella sua concretezza com’è, nella sua incidenza com’è.

Riconosci il tuo difetto e mettiti davanti a Dio in una disposizione di vero dolore. Ed è la seconda condizione, perché non basta che riconosciamo, bisogna che detestiamo, cioè che sentiamo veramente che la nostra penitenza si deve attuare. Chi rompe deve pagare. Chi ha rotto l’ordine di Dio, chi ha deturpato in se stesso la grazia del Signore deve sentirne dispiacere. Non si cancella che attraverso la sofferenza, attraverso una vittoria cioè sulla nostra sensibilità e sul nostro egoismo. E’ necessario che noi abbiamo una partecipazione a quella sofferenza che dei peccati ha avuto nostro Signore sulla croce, perché c’erano anche i nostri là e dobbiamo, se Gesù ne ha fatto penitenza, anche noi fare penitenza giacché sono i nostri. Perciò un senso di vivo dispiacere.

E, terza condizione: una viva fiducia di riuscirci. Dobbiamo sapere che il Signore è pronto con la sua grazia, è pronto con il suo amore, è pronto con la sua misericordia, che non c’è nessun difetto e nessun peccato che non si possa correggere, perché lui è onnipotente e ci ama. Quel senso di fiducia per cui la nostra vita può essere migliore, più utile, più generosa, più espansa; può essere veramente una vita più ricca, più ricca di meriti per noi, più ricca di gioie per gli altri.

Noi possiamo fare molto di più ed è questo del quale dobbiamo prendere evidentemente consapevolezza. Noi possiamo fare di più e, intanto che abbiamo tempo, facciamo il bene, tutto il bene possibile. Domani non sappiamo se continua il tempo, domani non sappiamo se continua la grazia.

MESSA ORE 8, 30

Il tema di riflessione che ci è presentato in questa domenica si può sintetizzare così: la croce nasconde la gloria.

Il Signore Gesù, alla distanza di un mese circa dalla sua Passione, ha voluto manifestarsi nella gloria ai suoi apostoli, perché questi non pigliassero scandalo, come diceva lui, cioè non si smarrissero e non perdessero la fede di fronte alla tragedia della croce.

La croce nasconde la gloria, sempre. E’ questo ciò che noi dobbiamo apprendere particolarmente in questo tempo di Quaresima, perché parliamo di penitenza, parliamo di austerità, parliamo di impegno, parliamo di mortificazione, ma è questo ciò che ci presenta il Signore? Non ci dobbiamo fermare qui: sono mezzi alla gloria. Come dice la Scrittura, se Gesù non avesse accettato la sua umiliazione, non sarebbe arrivato alla sua croce (cfr. Eb 2, 9-10).

E la prima Lettura ci parla di Abramo, di un patto, di un incontro con il Signore nell’amicizia e nella promessa, un patto però che si verifica non senza l’angoscia e la prova di Abramo: “Un oscuro terrore lo assalì”, si era fatto buio fitto. Ecco, sono gli elementi dell’angoscia chiaramente simboleggiati. Abramo perviene alla serenità della fede, alla sicurezza della fede, all’abbandono filiale nel Signore attraverso l’angoscia. Solo così si proclamerà la parola del Salmo: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò timore? Se contro di me si accampa un esercito, un esercito! Il mio cuore non teme”.

E san Paolo nella seconda Lettura sottolinea questo impegno della croce, che deve essere proprio di ogni cristiano. E piange san Paolo su coloro che rifiutano questa croce del Cristo: “Con le lagrime agli occhi ve lo ripeto”. E piange Paolo perché sa che chi non accetta la croce, non accetta la resurrezione di Gesù, cioè non entra nell’esperienza viva della gloria. La perdizione però sarà la loro fine, perché o si accetta la croce del Cristo, la logica della croce del Cristo, dico di più, la dinamica che porta nella vita la croce di Cristo, o altrimenti il resto è ben noto, camuffato più o meno, “perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi tutti intenti alle cose della terra” (cfr. Fil 3, 19).

Ed è qui dove la nostra riflessione si deve approfondire, per vedere come noi accettiamo questa linea della Provvidenza di Dio, che si è manifestata in Gesù e si manifesta in tutti i membri di Gesù, in tutto il Corpo Mistico. È necessario che noi accettiamo l’elemento “dolore”, “sofferenza”, “privazione” in uno spirito di distacco, sottolineato nella Quaresima con la parola digiuno e mortificazione, che noi accettiamo tutto questo nella vita in spirito di fede, sapendo che il cristiano deve dare proprio questa testimonianza di accettare in pienezza e con molta fede la Parola di Dio. È la Parola di Dio che dobbiamo prendere e la Parola di Dio ci porta così: “Era necessario che Cristo soffrisse prima di entrare nella gloria” (Lc 24, 26), applichiamola a noi: è necessario che noi soffriamo prima di entrare nella gloria. Applichiamola ad ognuno di noi stessi: tu è necessario che accetti la sofferenza, è necessario che tu accetti la lotta contro il male, l’angoscia che tante volte viene nella tua vita, che tu accetti quello e quell’altro che la Provvidenza di Dio ti ha dato per entrare nella gloria.

Ed è per questo che nel tempo della Quaresima dobbiamo insistere nella meditazione sulla Passione di Gesù. La tradizionale devozione della Via Crucis deve essere intesa in questa senso, rimeditare sulla passione di Gesù, per vedere che anche noi dobbiamo accettare le croci che il Signore mette sul nostro cammino: la croce della lotta contro le tentazioni, la croce per essere caritatevoli, perché vincere il proprio egoismo è necessario, altrimenti non siamo buoni, non siamo generosi verso gli altri, non siamo uniti a chi ha più bisogno di essere uniti. Allora faremmo del nostro cristianesimo semplicemente una specie di livrea esteriore, di un vestito. Si accetta il cristianesimo, quando si accetta di soffrire per essere migliori, di soffrire per aiutare gli altri, per essere più uniti a coloro che sono più miseri, più poveri. È necessario che noi perciò ci impegniamo in questo sforzo continuo, che genericamente e sinteticamente chiamiamo “croce”.

È necessario che la vita cristiana sia in un superamento continuo, in una gioia che nasce proprio da una spogliazione, una gioia che nasce da qualche cosa di assolutamente più profondo di quelle che sono le gioie, che comunemente accetta e glorifica il mondo.

Sia dunque in questa nostra Liturgia un nostro vivo proposito di partecipare serenamente con Cristo a quella che è la volontà di Dio crocefiggente, per essere con lui nella resurrezione della Pasqua.

CODICE 74C9Q01341N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 10/03/1974
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno C - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Trasfigurazione, conformazione a Cristo
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