14/03/1976 - Omelia II Domenica Quar ore 6.30 e ore 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 14/03/1976
Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30

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Gn 22, 1-2. 9. 10-13. 15-18; Rm 8, 31-34; Mc 9, 2-10

OMELIA ORE 6, 30

Il racconto della trasfigurazione di Gesù è posto, così, nel cuore della Quaresima come segno e come modello di ciò che il Signore intende operare in noi.

E’ un segno, ci dice cioè che la nostra vita ha un senso se punta, se vuole una trasfigurazione, una trasfigurazione non tanto nell’ordine esteriore, le nostre opere, ma particolarmente nell’ordine interiore. Il nostro atteggiamento di fronte a Dio, che dev’essere un atteggiamento di conversione, esige una trasformazione di tutta la nostra mentalità, perché convertirsi è darsi, darsi a Dio in una maniera più profonda, più grande, più efficace. Troppe volte nella nostra vita accumuliamo le cose dannose, ma soprattutto le cose inutili. Quante cose, che facciamo, non valgono o non valgono abbastanza! Quante volte le nostre giornate sono una serie così sempre uguale, non abbastanza vivificata dalla fede, non abbastanza spinta dall’amore!

La nostra trasfigurazione dev’essere una trasfigurazione di accettazione della volontà di Dio, del muoverci come vuole il Signore, dell’operare come desidera lui. La nostra trasfigurazione sulla terra è una trasfigurazione di cuore, di anima. Arriverà il giorno, ed è in questo senso che allora l’opera del Signore si manifesterà, verrà il giorno in cui saremo veramente cambiati nel nostro stato di vita, é la trasfigurazione della gloria. Adesso noi dobbiamo, a somiglianza di Gesù, trasfigurarci nel cuore, trasfigurarci nel cuore ponendo la nostra anima, così, disponibile a quello che è il soffio dello Spirito Santo.

La nostra trasfigurazione è tanto più simile a quella di Gesù, quanto più noi accettiamo la strada del Signore. Avete sentito: Gesù si trasfigurava per dare ai suoi apostoli un po’ di coraggio. Era in vista la croce, si profilava nella distanza il Calvario, sapeva Gesù che i suoi apostoli si sarebbero scandalizzati, cioè sarebbero stati smarriti. Come? Gesù, il Figlio di Dio! Come? Gesù, il potente! Come? Gesù in mano ai nemici, inchiodato sulla croce? Come? In un fallimento totale? Gesù si trasfigura e dice: “Ecco, il segno che do a voi, il segno che il dolore, che la sconfitta è momentanea, è passeggera. La vera realtà è un’altra”.

Cioè noi dobbiamo accettare questa strada della croce come la strada della nostra vera conversione. Noi ci cambiamo se accettiamo la volontà di Dio con quello che domanda. Queste limitazioni, queste cose contrarie, queste cose pesanti, ecco, se noi le accettiamo siamo sicuri, avverrà tutto, porteremo le cose pesanti, però tutto si risolverà in bene per noi. La croce è strada, non è termine; la croce è passaggio, non è la realtà che resta, ciò che resta sarà la gloria.

Impegniamoci allora in questa nostra Quaresima, impegniamoci con umiltà, con fiducia, insistendo nella preghiera, volendo migliorare noi stessi. Insistiamo. Ecco la parola di coraggio. Cambiarci non è una parola, è una realtà profonda che deve avvenire; costa molto, costa molto diventare più buoni, costa molto dominarsi di più, costa molto ma vale la pena nel significato più profondo della parola. Vale la pena, perché avverrà per noi una vera realtà: la pace del nostro cuore, la gioia dell’anima nostra, la sicurezza di camminare nel giusto.

Ecco quello che ci aspetterà in questa terra, quella che è la vera tranquillità della coscienza.

Poi, ecco, poi il resto, quello che farà il Signore.

Impegniamoci allora in questa che è chiamata “la lotta quaresimale”, cioè impegniamoci a purificarci e a diventare migliori e, indubbiamente, come Abramo ha accettato la prova e ha vinto, così sarà ancora per noi.

OMELIA ORE 8, 30

La Trasfigurazione. I discepoli conobbero meglio Gesù, lo avevano visto nell’umiltà della sua vita, nella povertà della sua condizione, lo avrebbero visto durante la Passione, sfigurato dai colpi, adempiendo la profezia di Isaia: “Ecco, sembrava un verme, non un uomo” (Sal 22, 7).

Ora vedevano Gesù in una luce diversa, era un anticipo, era un raggio della gloria. Ora sentivano la voce del Padre, la testimonianza suprema: “Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo” (Mc 9, 7). Pietro, Giacomo e Giovanni conobbero così qualche cosa di più di Gesù e seppero che la sua povertà, la sua umiltà, la sua croce erano strade ad una gloria incomparabile.

Ecco, bisogna sapere vedere Gesù, bisogna sapere vedere Gesù nella sua manifestazione. In fondo, dipende dai nostri occhi, da come lo sappiamo vedere, perché la sua dottrina parla di rinnegamento, di croce, parla di rinuncia, parla di sofferenza, ma questo è il termine? Certamente no! E’ il passaggio, è il passaggio che tutti i suoi discepoli devono fare, come lo ha fatto lui: “Non si dà un discepolo di più del maestro” (Mt 10, 24). Tutti lo devono seguire così ed ora bisogna saperlo vedere, bisogna sapere vedere la sostanza del messaggio cristiano, che è un messaggio di risurrezione, di gioia, di gloria. In questa terra è un messaggio di liberazione, perché la vera liberazione dell’uomo, la liberazione dalle sue passioni, dai suoi condizionamenti, dai condizionamenti che pongono gli altri uomini, sta proprio nell’accogliere Gesù e nel vivere con Gesù.

Ecco allora che comprendiamo come la Liturgia oggi ci parla di prova, a tutti i cristiani succede come ad Abramo: “In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo” (Gn 22, 1). “In quei giorni”. Ognuno di noi ha i suoi giorni, ha i giorni di dolore e di sofferenza, ha i giorni di tentazione, di prova, ha i suoi giorni. Abramo credette a Dio e la sua fede lo fece salvo. E l’apostolo san Paolo, nella seconda Lettura, ci dice come dobbiamo sapere vedere Gesù, la sua presenza, la sua forza anche in mezzo alle difficoltà: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31). Ci ha dato il suo Figlio, che cosa ci può negare? Gesù è risuscitato, sta alla destra di Dio nella piena potenza, nella piena forza intercede per noi.

Ecco allora: dove vedere Gesù? Come vedere Gesù, perché nel nostro cuore regni forte, indistruttibile la speranza, la speranza che ci fa camminare, la speranza che non delude, perché lo Spirito Santo è stato diffuso nei nostri cuori?

Noi dobbiamo sapere vedere Gesù nella prova di ogni giorno, dobbiamo sapere vedere Gesù nel colloquio della preghiera, dobbiamo sapere vedere Gesù nelle nostre Liturgie. Com’erano entusiasti gli apostoli, perché avevano visto Gesù! Come dovremmo essere entusiasti noi! E come dovremmo prendere via tutta quella noia, quella stanchezza, quella superficialità, quella apatia che ci può affliggere anche durante le grandi celebrazioni, che stiamo rivivendo in questa Quaresima! Come dev’essere viva e forte la nostra partecipazione liturgica! Un popolo che loda, un popolo che benedice, un popolo che intercede, un popolo che esulta, perché sa di avere in mezzo a lui Gesù! Vedere Gesù, nella celebrazione liturgica, che è presente nella sua Parola e nella sua Eucaristia.

Ecco perché dobbiamo, ed è insistente l’invito, pulire i nostri occhi, aprire i nostri occhi a vedere Gesù, a vedere Gesù nei nostri fratelli, a sapere capirli proprio perché in loro si manifesta l’amore del Signore.

Questo è allora il nostro itinerario, questa la salita al monte. E’ un monte alto e come allora è in un luogo appartato, cioè richiede da noi un certo coraggio, una certa spinta di salita, un certo isolarci dal rumore e dalle cose del mondo, perché si manifesti pienamente il Signore.

Ecco, ognuno di noi si riproponga questa salita senza stanchezza. Quaresima salita, Quaresima manifestazione, Quaresima conoscenza più profonda e più viva di nostro Signore.

CODICE 76CDO01341N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 14/03/1976
OCCASIONE Omelia, II Domenica Tempo Quaresima - Anno B - Messa ore 6, 30 e 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Quaresima Trasfigurazione nostra
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