Is 61, 1-2. 10-11; ;1 Ts 5, 16-24; Gv 1, 6-8. 19,28
Dio, sottolinea la Liturgia di oggi, è la nostra gioia. Nella prima Lettura il profeta Isaia parla della sua missione, come il Signore lo ha consacrato per portare il lieto annuncio ai poveri (cfr. Is 61,1) e in questo c’era una profezia. Gesù farà sua questa presentazione di Isaia, nella sinagoga di Nazaret dirà: “Queste parole si sono adempite in me” (cfr. Lc 4, 21). Infatti Gesù portò la vera gioia, portò l’annuncio ai poveri, fasciò le piaghe dei cuori spezzati, proclamò la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri e iniziò la stagione della misericordia di Dio.
San Paolo nella seconda Lettura (cfr. 1 Ts 5, 16-24) presenta la gioia della comunità cristiana, la comunità cristiana che adempie la volontà di Dio in Cristo Gesù, la comunità cristiana che Dio santifica fino alla perfezione, la comunità cristiana che è dello Spirito, che nell’adempimento della sua missione è come una sposa che si adorna di gioielli.
Nel brano del Vangelo noi dobbiamo fare nostra la posizione di Giovanni. Non era la luce Giovanni, ma doveva rendere testimonianza alla luce (cfr. Gv 1, 6-8.19-28). Noi sentiamo tutta la nostra povertà, noi siamo peccatori, eppure la nostra vocazione è in quest’ordine: dobbiamo dare testimonianza alla luce. Il Signore avanza nel mondo con la nostra collaborazione, è per mezzo nostro che il Signore vuole annunciare ai poveri la buona novella, vuole dare al mondo la luce della sua Parola, la forza della sua grazia.
Ecco allora, la nostra riflessione mi pare si debba svolgere così: una conoscenza più profonda del Cristo-gioia, del Cristo-salvezza, come lui solo è per noi e per il mondo la vera salvezza. La vita non si risolve fuori di lui, la vita non ha senso, se si rifiuta lui. Il segreto autentico della nostra gioia, cioè della nostra pace, cioè ancora della pace del mondo sta esattamente qui, nell’accogliere Gesù. La nostra comunità deve dunque essere sempre di più nella volontà di Dio. Non deve “spegnere lo Spirito”, cioè non deve formalizzarsi, ma deve essere bene attenta a ciò che dice lo Spirito Santo. “Non disprezzate le profezie”, dice Paolo, “esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” (1 Ts 5, 20-22). Il Natale deve portare alla comunità una nuova spinta di bene, una più intensa riflessione sulla Parola di Dio, una generosità nel saper rifiutare tutto ciò che è male o che è meno bene, perché la nostra vocazione è la santificazione fino alla perfezione. Dice dunque l’apostolo: “Il Dio della pace vi santifichi” (ib. 23). La gioia non è fine a se stessa e la comunicazione di gioia, che ci donerà il Signore particolarmente nel Natale, ci deve spingere a sempre maggiore generosità, per diventare, sempre secondo la parola dell’apostolo, “Irreprensibili per la venuta del Signore Gesù” (ib.). E in uno spirito grande di confidenza, perché colui che ci chiama è fedele e, pur mettendo tutto il nostro sforzo, riconosciamo la nostra impotenza. È lui che è fedele e farà tutto questo.
E terzo: dobbiamo riflettere sulla nostra capacità di testimonianza. Egli vuole testimonianza da noi e ci dà la possibilità di essere testimoni. Non che la nostra testimonianza debba uscire dalla nostra perfezione, non è dal nostro equilibrio umano, è nella dimostrazione della sua presenza, della sua bontà, è nella dimostrazione che noi siamo in lui ed egli agisce per mezzo nostro. Ed è proprio qui dove sarà in modo speciale il nostro sforzo comunitario, perché gli uomini possono vedere che in mezzo a noi c’è Uno che ancora non conoscono, ma che devono imparare a conoscere. Giovanni sottolineava il suo niente: “Che cosa dici di te stesso?” “Io sono voce di uno che grida” (Gv 1, 23). La nostra testimonianza dunque comincia dalla nostra umiltà, dal nostro senso di proporzione e ha il suo vertice nel nostro dono di amore ai fratelli. Ed è proprio lì dove devono vedere che il Signore trionfa, che il Signore è il salvatore, nonostante tutta la nostra miseria e tutti i nostri peccati. Questa settimana, che ci separa dal Natale, sia dunque una vera tensione: “L’anima mia ha sete di te, o mio Dio” (cfr. Sal 62, 2), sia una serena attesa. Già ora il ringraziamento: “L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1, 46). Sia questa settimana, una settimana di intensa preghiera, perché secondo l’esortazione che abbiamo ascoltato dell’apostolo: “Voi dovete pregare incessantemente e in ogni cosa rendere grazie” (1 Ts 5, 17-18).
CODICE | 72NGO01312N |
LUOGO E DATA | Sant'Ilario d'Enza, 17/12/1972 |
OCCASIONE | Omelia, III Domenica Tempo Avvento - Anno B |
DESTINATARIO | Comunità parrocchiale |
ORIGINE | Cristo-Gioia |
ARGOMENTI | Cristo-Gioia |
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