14/12/1975 - Omelia III Domenica Avv 6.30 e ore 8.15

Sant'Ilario d'Enza, 14/12/1975
Omelia, III Domenica Tempo Avvento - Anno B - Messa ore 6.30 e 8.30

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Is 61, 1-2. 10-11; 1 Ts 5, 16-24; Gv 1, 6-8. 19-28

MESSA ORE 6, 30

Questa domenica, detta “la domenica di gioia”, è una domenica che segna un passaggio, il passaggio dalla prima parte dell’Avvento alla seconda, un passaggio che dice una più grande sicurezza nell’opera meravigliosa che fa il Signore per la nostra salvezza.

In questa seconda parte di Avvento siamo chiamati a stringerci di più vicino alla Madonna, nella Liturgia è singolarmente presente, stringerci a lei, dico, per essere più degni, per essere più preparati, per essere più sensibilizzati alla venuta del Signore.

Abbiamo bisogno di capire fino in fondo che il problema della nostra salvezza è un problema di accoglienza; cioè, non siamo noi che ci muoviamo verso il Signore, ma pigliamo maggiormente atto che è lui che viene verso di noi, in una magnificenza di amore, in una particolare, grande donazione di misericordia. È lui che viene verso di noi.

Ecco perché abbiamo letto le parole di san Paolo: “Fratelli, state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa ringraziate” (1 Ts 5, 17). L’atteggiamento del cristiano è un atteggiamento di sicurezza, di confidenza. Molti sono i mali che ci travagliano ed è inutile enumerarli, li conosciamo bene! I nostri stessi peccati ci stringono, ci appesantiscono, però ecco la lieta novella: il Signore viene sempre verso di noi. Questo tempo ce lo ricorda, ce lo ricorda in una maniera tutta speciale, perché, quando celebreremo il Natale, non celebreremo un ricordo, celebreremo un fatto, celebreremo una realtà, la realtà che il Signore viene a noi per salvarci, ma per salvarci non di una salvezza generica, lontana, di una salvezza offerta così all’umanità, no, una salvezza che, se è offerta all’umanità, è offerta ad ognuno di noi.

Il nostro problema è davanti a lui: la povertà del nostro cuore, l’instabilità dei nostri propositi, le nostre miserie quotidiane, le nostre incomprensioni sono davanti a lui; lui viene per renderci migliori, lui viene perché noi comprendiamo fino in fondo, che il problema è risolto da lui ed è risolto nella sapienza e nell’amore suo.

Ecco perché diceva Giovanni Battista, venuto a dare testimonianza: “Chi sono io? Sono una voce, sono una voce. L’uomo non vale, io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete” (cfr. Gv 1, 23. 26). Ecco, la salvezza è in Cristo, solo in lui!

E la nostra vera strada sta qui: nel conoscere colui che è già in mezzo a noi e che è pronto, la Liturgia ce lo ricorda ogni momento, è pronto a darci la pienezza della sua grazia, se togliamo questa nostra incomprensibile durezza, se togliamo questa nostra distrazione sciocca e alienante.

Ecco perché allora la nostra meditazione di questa terza domenica d’Avvento sarà proprio posta così: come posso togliere gli ostacoli perché il Signore venga in pienezza da me. Togliere quegli ostacoli è nell’ordine di ciò che diceva san Paolo: pregare incessantemente, ringraziare. Pregare incessantemente è porsi nella supplica; ringraziare è porsi in un senso più completo di responsabilità. Ringraziare vuol dire conoscere un dono, conoscere la grandezza di questo dono e vedere in Dio il mirabile benefattore.

“Non spegnete lo Spirito” (1 Ts 5, 19): ecco, tutto il nostro lavoro è qui, “Non spegnete lo Spirito”. Spegnere lo Spirito vuol dire già averlo dentro di noi, ma non tenerne conto, agire solo umanamente, i motivi di fede, quei motivi forti che ci sono suggeriti, renderli praticamente inefficaci.

Vogliamo perciò restare in questa volontà di “santificarci”, come dice sempre l’apostolo, “fino alla perfezione” (1 Ts 5, 23). Ecco, sta qui il nostro grande segreto di riuscita, sta qui il senso della nostra devozione particolarmente di questi giorni.

MESSA ORE 8, 30

Domenica di metà Avvento, il colore dei paramenti è il rosa, è un momento di passaggio e di sospensione. Noi passiamo nell’ultima parte dell’Avvento e la nostra fede dev’essere ancora più vivace, più penetrante, la nostra riflessione ancora più raccolta e profonda. Si tratta di entrare prossimamente nel mistero del Natale; parlo di mistero, perché il Natale da molti sarà colto solo in superficie, quasi sfiorandolo, pochi saranno coloro che penetrano dentro e che capiscono come il Signore è l’autentica gioia.

Questa domenica vuol sottolineare questo aspetto: l’incontro del Signore è un incontro di salvezza, perciò di gioia. Ecco perché guardiamo con molta attenzione e meditiamo i testi che ci offre la Liturgia.

Viene il Signore Gesù: ma perché viene? Ce lo dice il profeta: “Mi ha consacrato, mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri” (Is 61, 1). La venuta del Signore è una venuta di liberazione, è una venuta di riscatto. La redenzione sua è copiosa, la sua redenzione vuole riscattare l’uomo fin in fondo alle ultime radici, perché l’uomo non sa, perché l’uomo non vuole sapere, perché l’uomo vuole chiudersi in suoi pretesi valori, nei valori delle proprie intuizioni, della propria tecnica; vuole costruire una civiltà basata sull’esaltazione di fattori materiali: il progresso non inteso come valorizzazione dei doni di Dio dati all’uomo, ma progresso solo in un senso materiale di benessere, solo in un senso di esaltazione delle proprie passioni.

Il cristiano deve prendere profondamente in sé la Parola di Dio e la Parola di Dio è dettata direttamente dallo Spirito, è lo Spirito Santo la guida del cristiano. Sicché, corrispondere al piano di Dio è “Non spegnete lo Spirito”, dice san Paolo, “non disprezzate le profezie. Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione” (cfr. 1 Ts 5, 19).

C’è in noi allora un impegno a far tacere ciò che è negativamente umano, per valorizzare ciò che il Signore ha messo in noi di buono, e ascoltare la sua Parola, cioè ascoltare con tutta l’anima quello che lui ci dice. Ascoltarlo vuol dire ubbidirgli, ascoltarlo vuol dire seguirlo, ascoltarlo vuol dire dargli il posto d’onore nella nostra anima e nella nostra società. È lui il Salvatore, solo lui! Nessun altro fuori di lui! Lui è stato mandato perché noi credessimo, cioè perché la nostra vita fosse impegnata nella linea voluta da lui.

E la nostra posizione? La nostra posizione di cristiani, di salvati, incaricati di salvare quale sarà? Ecco, quella di Giovanni Battista, “per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui”. Noi abbiamo bisogno di rivoluzionare la nostra vita. Noi abbiamo bisogno di porci con molta forza in alcune cose che abbiamo troppo trascurate o messe in una posizione secondaria, noi abbiamo bisogno di preghiera. Ci dice san Paolo: “Siate lieti, ma pregate incessantemente” (1 Ts 5, 17), ecco l’insistenza che ci è presentata con forza: bisogna che preghiamo molto.

E poi? Ecco, che ci muoviamo! Pigri, indolenti, immersi in un mucchio di altre cose, noi lavoriamo poco per il regno di Dio, noi ci impegniamo poco, troppo poco! Noi abbiamo bisogno di sentire la realtà della vita cristiana, che è comunicazione con Dio, per essere comunicazione con gli altri. È impossibile entrare in una comunicazione di aiuto e di salvezza con gli altri, se non c’è questa comunione con Dio.

Ecco la nostra formazione, ecco l’impegno nostro di conoscere bene, ecco l’impegno della nostra cultura biblica, ecco il nostro impegno di vedere le cose nella luce del Signore. Perché oggi facciamo la giornata del quotidiano cattolico? Ecco, è proprio in questo senso: siamo impegnati a vedere le cose nella luce di Dio. Il quotidiano cattolico può essere un aiuto, un aiuto valido, il quotidiano cattolico può essere un ausiliare prezioso, che entra nelle nostre famiglie. Voi lo vedete dov’è finita tanta parte di stampa! Voi lo vedete che tante volte non si può prendere in mano nemmeno il giornale quotidiano, senza che si debba subire uno stile, una provocazione, una provocazione di idee sbagliate, una provocazione di immoralità. L’impegno è questo: che nelle nostre famiglie non entri ciò che distrugge, non entri ciò che demolisce, non entri, assolutamente! Per i nostri bambini, per la nostra gioventù, per noi stessi, perché il martellamento di ciò che non è la luce finisce per deformare di tanto la nostra coscienza.

Vorrei che oggi pregassimo, perché il nostro andare incontro al Signore fosse un andare incontro ben concreto, ben preciso, perché sentissimo, oh, lo dobbiamo sentire fino in fondo! ecco, il peso, la noia di essere mediocri. Il cristiano non è fatto per essere mediocre: il cristiano è fatto per essere santo, perché deve rendere testimonianza alla luce, perché deve riconoscere il Signore, perché deve ubbidire allo Spirito Santo. “Lo Spirito del Signore è su di me” (Is 61, 1): ecco, è così in ognuno di noi. Non spegnere lo Spirito vuol dire allora stare bene in attenzione, collaborare generosamente, impegnarci fortemente, perché sia così dalla Parola del Signore la nostra luce, sia dalla Parola del Signore la nostra forza, sia per la Parola del Signore la nostra testimonianza.

CODICE 75NDO01312N
LUOGO E DATA Sant'Ilario d'Enza, 14/12/1975
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Avvento - Anno B - Messa ore 6.30 e 8.30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Spirito Santo guida del cristiano – Il quotidiano cattolico
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