11/12/1977 - Omelia III Domenica Avv

Sant’Ilario, 11/12/1977
Omelia, III Domenica Tempo Avvento - Anno A

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Is 35, 1-6. 8. 10; Gc 5, 7-10; Mt 11, 2-11

In questa domenica, vestita di rosa, che cosa ci propone la Liturgia? È un tema di fondo che è sottolineato, un tema nel quale spesso ci smarriamo e ci confondiamo, perché ci stanchiamo con facilità della penitenza, ci stanchiamo con facilità di quello che, in generale, chiamiamo l’ascetica, cioè lo sforzo, la tensione a superarci e a migliorarci. Ci stanchiamo e, dopo aver cominciato, lasciamo lì e, dopo aver iniziato la strada del Signore, ritorniamo a noi stessi, e la nostra diventa una brutta altalena tra ciò che è di Dio e ciò che è del peccato. Il Signore fortemente ci ammonisce oggi che in lui sta la vera gioia, che dobbiamo guardare oltre la scorza, che questa vita presenta durezze e dolori, che in questa vita dobbiamo sentire la necessità della penitenza e che nella penitenza ben accettata, dirò di più, ben cercata, sta la vera sostanziale gioia. Abbiamo sentito l’apostolo che diceva: “Siate pazienti” (Gc 5, 7), ecco, direi che in questa frase sta tutto il significato dell’insegnamento che ci viene dato. “Siate pazienti”, ma la pazienza non nel senso di rassegnazione, ma nel senso di accettare e di volere fare la volontà di Dio nonostante tutte le difficoltà, perché questa nostra stanchezza ripetuta ci disorienta, ci infiacchisce ancora di più e, quando guardiamo al Natale, non guardiamo verso una luce, ma verso un comodo, un nostro comodo. Ritornare alla gioia del Natale, all’esplosione di gioia, ma senza avere maturato questa gioia è una contraddizione. Allora la nostra gioia natalizia sarebbe evidentemente superficiale, esteriore, sarebbe di convenienza, sarebbe di adattamento, non sarebbe qualche cosa che esce da una purificazione, che esce da un rinnovamento, che esce da un combattimento sopportato bene. “Sei tu colui che deve venire?” (Mt 11, 2). La frase di Giovanni noi la applichiamo allora a noi stessi, perché dobbiamo proprio vedere in Gesù l’unica, vera, sostanziale gioia, l’unica e vera risoluzione di tutti i nostri mali, in Gesù. Ecco allora che questa domenica non è fatta perché noi ci illudiamo di essere già pronti, ma perché noi ci stimoliamo ancora di più. Restano due settimane al Natale: come potremo entrare in profonda comunione con Cristo? Ecco, il profeta Isaia nella prima Lettura (Is 35, 1 e s.) ci descrive a tratti altamente significativi la gioia del regno di Dio, ma noi non la potremo gustare, non la potremo vivere, non saremo delle creature nuove, non saremo veramente i poveri dal cuore libero, dalla mente sgombra, saremo ancora pressappoco così, se non lavoriamo, se non ci impegniamo. Bisogna che facciamo penitenza, non stanchiamoci di fare penitenza, non stanchiamoci di fare quella penitenza, che ci manda il Signore, che sono le cose contrarie, che sono il nostro dovere, che sono l’esercizio quotidiano richiesto dalla nostra vita. Non stanchiamoci anche di imporci delle penitenze, di cercare delle penitenze, perché cercando le penitenze cerchiamo l’incontro col Signore più profondo, più vero. Facciamo penitenza! La penitenza ci purifica, ci eleva, ci dà forza, la penitenza ci costruisce in uomini nuovi. Ecco, la nostra ferma risoluzione deve essere questa: in queste due settimane ognuno di noi si faccia la sua strada di penitenza e tanto più sarà vigorosa, tanto più ci troveremo veramente immersi nella luce del presepe.

CODICE 77NAO01312N
LUOGO E DATA Sant’Ilario, 11/12/1977
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Avvento - Anno A
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Penitenza
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