15/12/1974 - Omelia III Domenica Avv Novena Natale 1 ANNO A

Sant’Ilario d’Enza, 15/12/1974
Omelia, III Domenica d’Avvento – Anno A

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Is 351-6. 8. 10; Sal 145; Gc 5, 7-10; Mt 11, 2-11.

In questa terza domenica d’Avvento si accentua il motivo della gioia. Nel periodo penitenziale che caratterizza l’Avvento, viene sottolineata una nota particolare di speranza: la speranza che la venuta del Signore compia i prodigi per le anime rette, per le anime che gli vanno incontro, per le anime che riconoscono Gesù nei segni e nei miracoli, secondo la parola di Giovanni: “Sei tu colui che deve venire?”. Sì, è Lui. Ecco perché nella prima lettura viene presentata l’esultanza del popolo ebreo che ritorna dalla prigionia. La natura stessa si rallegra per questo evento. Dice il profeta: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa”.

L’evento salvifico non interessa solo l’uomo: interessa tutto l’universo, perché con l’uomo è salvato il mondo, perché il mondo è stato fatto per l’uomo. Ecco perché ciò che sembrava un motivo contingente di gioia, diventava un motivo perenne, perché nel ritorno degli Ebrei dalla prigionia era significata la grande conversione del popolo alla parola di Gesù, alla parola di salvezza.

C’è un deserto che deve fiorire allora, c’è una steppa che deve trasformarsi, e noi sappiamo come queste parole sono vere per il peccatore che si converte, come la sua anima, da arida e sterile, la sua anima, da bruciata e senza vita, diventa la vera misericordia di Dio, diventa un giardino fiorito.

Ecco il primo motivo della nostra speranza: se operiamo veramente una nostra conversione, Dio infinitamente buono non solo cancella ma fa, non solo non tiene più conto dei nostri peccati, ma realizza una nuova creazione. Ecco perché dobbiamo guardare al nostro incontro natalizio come ad un’autentica creazione d’amore. È Dio che vuol prendere nuovo possesso della nostra anima e vuole instaurarvi un’altra vegetazione; vuole instaurare la pianta che è chiamata “di Dio”, cioè quella per la quale è detto “e renderà il frutto”, per la quale è detto “Io l’ho piantata e produrrà dei frutti di vita eterna”.

Il secondo motivo di esultanza e di speranza è sottolineato nella lettera di san Giacomo apostolo, quando ci dice che la nostra conversione si opera nella pazienza. E come l’agricoltore ha pazienza nel coltivare, perché sa che il frutto è prezioso, così la nostra conversione non è frutto semplicemente di entusiasmo, è un frutto di un lavoro lungo, di un lavoro tenace. Ognuno di noi deve conoscere se stesso. Conoscendosi, sa quanto motivo ha di sgomentarsi di fronte alla moltitudine ricorrente dei difetti, quanto motivo ha di poter dire: “Anche adesso la mia conversione non avverrà”. No, è la parola del Signore che dice: “Rinfrancate i vostri cuori”. È san Giacomo che dice: “Ecco, voi non sapete che la venuta del Signore è vicina per quelli che sanno aspettare”. Tornano perciò le parole del Signore: “Con la vostra pazienza voi possederete la vostra anima”. Facciamoci quindi coraggio: nell’esercizio paziente riusciremo a vincere i nostri difetti, il nostro ricorrente modo di tornare alle cose di prima. Noi dobbiamo avere molta speranza, perché il Signore, attraverso la nostra buona volontà, ci verrà vicino, e quando è vicino il Signore, è sicura la riuscita.

Il terzo motivo di speranza è sottolineato nelle parole di elogio che Gesù fa a Giovanni. Giovanni non è una canna sbattuta dal vento, non è un uomo che si conceda delle cose comode: è un penitente. La penitenza ha fatto la grandezza di Giovanni. Ha saputo espiare per le colpe del popolo e per questo ha preparato la via al Signore, ha preparato quella via per la quale si può incontrare Gesù, per la quale si può gustare di Lui. La speranza è dunque sull’efficacia di una vera penitenza che ognuno di noi deve accentuare in questa immediata preparazione al Natale.

Vogliamo meditare oggi sulla beatitudine: “Beati i miti perché possederanno la terra”. Quale terra? Il Regno di Dio, la terra messianica. Ecco un esercizio fecondo di penitenza: l’esercizio della nostra mitezza di ogni giorno, di quella forma di comprensione degli altri e di pazienza che ci rende più simili al Signore. “Beati i miti”. La gioia si trova nel saper capire, nel saper donare, non in qualsiasi forma di egoismo.

Accentuiamo perciò la nostra fiducia, offriamo al Signore la nostra disponibilità perché in questa novena del Natale possiamo veramente operare quei propositi, quelle generosità che sono necessarie per l’anima nostra, che ci sono necessarie individualmente, che ci sono necessarie comunitariamente. La beatitudine ci deve coinvolgere in pieno. La beatitudine è l’insegnamento e la glorificazione del Signore, è la glorificazione di un atteggiamento che è nell’ordine della sequela di Gesù, è nell’ordine di volere fare quello che ha fatto Lui, di volere rinnovare nel mondo, sempre e in ogni occasione, il suo atteggiamento.

CODICE 74NEO01312N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 15/12/1974
OCCASIONE Omelia, III Domenica d’Avvento – Anno A
DESTINATARIO Comunità Parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Beati i miti
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