13/04/1975 - Omelia III Domenica Pasqua ore 8.15

Sant’Ilario d’Enza, 13/04/1975
Omelia, III Domenica Tempo Pasqua - Anno A - Messa ore 8, 30

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At 2, 14. 22-33; 1Pt 1, 17-21; Lc 24, 13-35

Parliamo di storia della salvezza. C’è un disegno di Dio che si svolge dal peccato di Adamo e non si chiuderà che con la resurrezione finale.

Nella Liturgia di oggi è sottolineato questo disegno. C’è la morte di Gesù, c’è la sua resurrezione, ma non sono fatti che avvengono a caso, per una serie di vicende tra loro indipendenti.

Abbiamo ascoltato nella prima Lettura San Pietro che sottolinea le profezie, il prestabilito disegno e la prescienza di Dio. E Gesù, ai discepoli di Emmaus, dà il rimprovero di avere una visione molto parziale e dice loro che sono stolti e tardi di cuore, secondo l’espressione ebraica, scarsamente intuitivi, poco intelligenti. Vedono solo una parte della parola dei profeti, non vedono tutto.

Ecco allora, noi dobbiamo avere quest’intelligenza e dobbiamo sentire di far parte della storia della salvezza. Non siamo semplicemente dei beneficiari, siamo degli artefici, abbiamo il nostro posto perché abbiamo il nostro tempo, perché la redenzione si è operata completamente in noi, come dice San Pietro nella seconda Lettura: “Riscattati con il sangue prezioso di Cristo. Egli è predestinato già prima della fondazione del mondo, si è manifestato nel tempo”. Ecco, redenti per redimere, evangelizzati per evangelizzare. Abbiamo il nostro ben preciso posto e perciò a ognuno di noi incombe una responsabilità, sintetizzando, direi una duplice responsabilità.

La prima: che si verifichi in noi con pienezza l’opera del Signore, una pienezza, secondo l’espressione di Gesù, sovrabbondante. È quello che diciamo: la santità del cristiano. Noi non possiamo fermare l’opera di Dio, non dobbiamo con la nostra scarsa corrispondenza fermarci alla mediocrità, ad essere dei cristiani in un qualche modo. Il Signore non ha sparso il suo sangue per noi, il Signore non è risorto per noi perché diventassimo semplicemente così dei sufficienti, che fanno qualche cosa, che si distinguono a mala pena dai pagani. Il Signore ha operato in noi la pienezza della sua misericordia perché ci ha dato il Battesimo e con il Battesimo ci ha prodigato delle ricchezze incalcolabili della sua Parola e della sua grazia, perché potessimo veramente comunicare alla pienezza di Cristo e potessimo essere uniti a lui ed essere santi della sua santità. C’è una storia della salvezza per tutto il popolo di Dio e c’è una storia della salvezza per ogni nostra anima, secondo quello che dice Gesù: “E andò il contadino, per raccogliere frutto e disse: è già il secondo anno che vengo e non vi sono dei frutti. Se quest’albero non ne farà, bisognerà tagliarlo e buttarlo nel fuoco”. La storia della nostra vita è una storia di incalcolabili doni di Dio: ne siamo responsabili.

E poi la seconda riflessione. Mi pare che la possiamo porre così, che siamo nel popolo di Dio e abbiamo il nostro posto. La Chiesa è il corpo di Cristo e ognuno ha la sua parte e ognuno ha la sua missione. Dice l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinti: “Ogni membro di un corpo deve adempiere la sua funzione e voi siete le membra di Cristo”. Ognuno nella sua famiglia, ognuno nel suo posto di lavoro, ognuno nelle sue relazioni sociali, ognuno prendendosi cura dei fratelli, ognuno nella propria Parrocchia, che è l’ultima diramazione della Chiesa, ecco, ognuno deve impegnarsi. Ognuno ha le grazie di Dio per questo, ognuno non senta solo il dovere, senta la gioia di fare, la gioia di dare, la gioia di essere presente, perché così anche per la comunità si verifichi il cammino, come si è verificato là ad Emmaus: il Signore che s’accompagna, il Signore che sta con noi, il Signore che ci ama e ci assicura che anche quando meno lo pensiamo, lui è vicino a noi.

CODICE 75DCO01362N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 13/04/1975
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Pasqua - Anno A - Messa ore 8, 30
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI Il nostro posto nella storia della salvezza
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