21/03/1976 - Omelia III Domenica Quar

Sant’Ilario d’Enza, 21/03/1976
Omelia, III Domenica Tempo Quaresima – Anno B

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Es 20,1-17; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25

In questo cuore della Quaresima, la liturgia interrompe la presentazione del Vangelo di san Marco per presentarci dal Vangelo di san Giovanni una pagina forte, molto forte, una pagina che ci fa vedere Gesù esigente: fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti, gettò a terra La Quaresima ci vuol presentare una figura autentica di Gesù, non una figura scolorita come se la immaginano alcuni, non una figura sdolcinata, non qualche cosa che non è bontà, ma debolezza. La figura di Gesù è la figura di uno che ama nella maniera più grande, in questo stesso episodio Lui ricorda il suo mistero pasquale, un mistero di una carità che non si dà maggiore, il suo mistero pasquale: avrebbe offerto il Suo tempio, il tempio sacratissimo della sua umanità l'avrebbe offerto per la salvezza di tutti. Un Dio che ama non può che essere un Dio esigente, non può che essere un Dio che vuole da noi molto, perchè vuol dare molto, perchè vuole la pienezza della nostra felicità, perchè vuole la grandezza della nostra vita. Dio non ci vuole mediocri, non ha versato il Suo sangue Cristo Signore perchè noi crescessimo così come dei linfatici, perchè avessimo delle magre consolazioni da convalescenti. Il Signore ha versato il Suo sangue perchè noi acquistassimo grande dignità, perchè la nostra vita di figli di Dio fosse piena. A un cristiano non è lecito accontentarsi di poco, a un cristiano non è lecito minimizzare il comando del Signore, un cristiano deve sentire la lezione eloquente che parte dalla croce di Cristo. Questa nostra Quaresima ci deve far entrare nel mistero di Cristo che è mistero di dono, che è mistero di grandezza nel dono. Questo tempo quaresimale deve darci la spinta perchè superiamo i limiti dei nostri difetti quotidiani, perchè sappiamo guardare più in alto con maggiore fortezza. Sì, meditiamo sulla nostra mediocrità, sulla nostra tiepidezza di ogni giorno, sulle nostre preghiere così distratte, così vuote, sulla nostra carità verso il prossimo così equivoca e così parziale. Meditiamo su quanto, in fondo, è orgoglio ed egoismo, meditiamo, e la voce, la voce che sentiremo fino in fondo sarà proprio la voce che ricorda Paolo nella seconda lettura: “Cristo è la potenza di Dio e la sapienza di Dio. La debolezza di Dio è più forte degli uomini”. Ecco, ci sentiremo allora questa chiamata ad un cristianesimo veramente forte, veramente generoso, veramente senza alcun patteggiamento, senza alcuna diminuzione. Amare Cristo fino in fondo, seguire la linea di Cristo, buttar via tutte queste contaminazioni che sono nel tempio dell'anima nostra. “La casa del Padre mio è una casa di preghiera”, ecco, per ogni nostra anima, la casa del Padre è casa di preghiera, è casa dunque di amore, è casa che si costruisce con le opere buone, che si costruisce nel sacrificio di ogni giorno, che si costruisce nella realtà comunitaria della nostra vita di Chiesa. Si realizza così e così dobbiamo insistere. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo figlio unigenito”. È mai possibile che Dio non ci aiuti con tutta la sua potenza a realizzarci come corpo di Cristo, perchè le nostre membra debbano assume la dignità e la santità che convengono al capo nostro che è Gesù, perchè noi facciamo della nostra vita di Chiesa un vero inno di gloria e di amore al Signore.

CODICE 76CMQ01342N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 21/03/1976
OCCASIONE Omelia, III Domenica Tempo Quaresima – Anno B
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Registrazione
ARGOMENTI L’amore forte di Gesù
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