28/01/1973 - Omelia IV Domenica Ord

Sant’Ilario d’Enza, 28/01/1973
Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario - Anno B

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Dt 18, 15-20; 1 cor 7, 32-35; Mc 1, 21-28

In tutte le Messe lo diciamo: “Parola di Dio”. Quando leggiamo la Sacra Scrittura è il Signore che ci parla ma, riflettiamo bene: prendiamo proprio queste parole come le vere parole del Signore?

La superficialità, la leggerezza con molta facilità prendono la nostra anima: ascoltiamo la Parola di Dio ma la lasciamo perdere, ascoltiamo la Parola di Dio ma non portiamo frutto.

Il richiamo oggi della Liturgia è potente. Guardiamo di revisionare la nostra vita, perché sia più disponibile e più generosa, perché con più fede accetti la Parola del Signore.

Nella prima Lettura Mosè ricordava a tutto il popolo il mistero di questa parola che era stata la salvezza d’Israele, questa parola che si comunicava non a tutto il popolo direttamente, ma attraverso degli uomini suscitati da Dio: “Dopo di me”, dice Mosè e ne era ben consapevole,“ verrà un altro come me” (Dt 18, 15). Tutti i profeti erano simbolo del grandissimo Profeta, di colui che dirà di se stesso: “Non avete molti maestri, uno solo è il vostro Maestro: il Cristo”.

E perché allora noi che abbiamo fede, noi che veramente lo sappiamo, noi che dovremmo dare la vita per ogni Parola di Dio, come mai ne traiamo tanto poco frutto?

Mi pare che il primo motivo sia il pensare che la Parola di Dio sia venuta una volta e ora noi la guardiamo come un ricordo, prezioso sì, ma un ricordo. Dimentichiamo che Cristo è presente in mezzo a noi, è risorto, è con noi. Non lo diciamo particolarmente nella Pasqua: “Cristo è con noi”? Dovunque il popolo di Dio si raduna in assemblea Cristo è presente, sì, anche adesso, in questa mattina, qui, in questa chiesa è presente il Cristo risorto.

E la Parola che noi leggiamo è la Parola sua, è la Parola per noi, è la Parola per noi che viviamo in queste determinate circostanze, è la Parola che va bene anche per le nostre svariate necessità, per le nostre relazioni, per la nostra testimonianza. E’ sua questa Parola.

Ecco perché la dobbiamo accogliere con tanto spirito di fede, con spirito di ubbidienza e di adorazione: è la Parola vera di Gesù per noi.

San Paolo, nella seconda Lettura, sottolinea come dobbiamo stare molto attenti, perché alle volte le cose di questo mondo ci allontanano da un ascolto profondo e meditato della Parola di Dio. E san Paolo ci raccomanda quello che, in altri termini, noi diremmo lo spirito di distacco, di povertà. Noi, in una condizione o in un’altra, san Paolo parla di vergini o di sposati, noi con più o meno facilità, ma tutti dobbiamo essere distaccati dallo spirito del mondo, cioè dalla preoccupazione eccessiva delle cose di questa terra, dall’attaccamento esagerato, da quello spirito terreno, che ci fa volgere gli occhi troppo verso alcune cose e che ci fa dimenticare le altre.

Lo spirito di distacco è quello che ci rende più attenti, meglio disposti, più pronti alla Parola di Dio.

Nel testo del Vangelo di Marco noi vediamo Gesù che insegna con autorità: proprio lui, ancora con autorità, parla a noi e ci dice di non ascoltare le altre voci. Gesù sgridò lo spirito immondo e gli disse: “Taci, esci da quell’uomo”. E’ in fondo ancora il comando che, nella forza del nostro Battesimo, viene dato anche a noi: “Taci”: tacciano tutte le cose, tacciano le cose contrarie, una sola voce risuoni, la sua.

“Taci! Esci”: quante volte lo dobbiamo ripetere nella nostra vita di fronte alle nostre tentazioni, di fronte ai nostri ritorni, ai nostri egoismi, alle nostre facili cadute. “Taci! Esci!”.

Mettiamoci perciò vicino al Signore e diciamogli quelle parole dell’imitazione di Cristo: “Signore, parla tu solo. Signore, io sono disposto ad ascoltare tutte le tue parole con umiltà, con docilità, tutti i giorni, perché luce ai miei passi è la tua Parola”.

CODICE 73ATO01333N
LUOGO E DATA Sant’Ilario d’Enza, 28/01/1973
OCCASIONE Omelia, IV Domenica Tempo Ordinario - Anno B
DESTINATARIO Comunità parrocchiale
ORIGINE Lo spirito di distacco per accogliere la Parola
ARGOMENTI Lo spirito di distacco per accogliere la Parola
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